Cosa si cela dietro il Pnrr?

Il Pnrr ci concede il “privilegio” di poterci indebitare pesantemente. Le contropartite di questo privilegio sono altrettanto pesanti condizionalità, di modo che i soldi siano utilizzati per approfondire il carattere liberista della nostra politica economica in tema di appalti, scuola, sanità e lavoro.


Cosa si cela dietro il Pnrr?

Tra le contropartite richieste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) si trovano alcune riforme strutturali che uniformeranno il nostro paese ai dettami dell’Unione Europea (Ue) e della Banca Centrale Europea (Bce). Di ciò l’informazione mainstream non parla. Eppure queste sono le autentiche contropartite per i soldi del Pnrr che si dividono in due parti: una prima parte, più modesta, composta di contributi a fondo perduto che tuttavia gravando sul bilancio Ue (e dovendo gli Stati membri contribuire al suo ripianamento, graveranno indirettamente sui conti pubblici nazionali); una seconda, più sostanziosa, costituita da prestiti da restituire con gli interessi, sia pure a un tasso leggermente inferiore a quello di mercato.

Cosa chiede in sostanza l’Ue? La riforma del codice appalti, la riforma del reclutamento insegnanti, l’economia circolare, la banda ultralarga, un nuovo piano rifiuti e la sanità territoriale.

Sullo sfondo infuria il dibattito sul raggiungimento dei 45 obiettivi previsti per fine giugno 2022 che saranno vagliati dalla Commissione europea la quale dovrà dare il nulla osta alla seconda rata di finanziamento di 24 miliardi di euro. In merito Draghi assicura che avremo fatto bene tutti i compiti a casa.

Per farsi un’idea degli obiettivi da perseguire basta rinviare il lettore al sito de “il Sole 24 Ore”.

Siamo davanti a una straordinaria controriforma. La liberalizzazione degli appalti e del subappalto sta già producendo i primi risultati con la sostanziale riduzione delle tutele e della sicurezza dei lavoratori, in una situazione in cui già si muore troppo sul lavoro. Gli investimenti pubblici in ambito tecnologico saranno dettati dalle imprese e dalle associazioni datoriali.

È di pochi giorni fa la notizia della forte preoccupazione governativa per l’incremento dei prezzi derivanti dagli appalti pubblici che potrebbe comportare un aumento dei costi per le committenze pubbliche, tanto che se ne sono occupate anche le commissioni parlamentari. La decisione non è stata di regolare più correttamente gli appalti, bensì di introdurre nel decreto “sostegni” una stretta sulla cessione dei crediti per i bonus edilizi, in modo che si possa contenere la spesa della finanza pubblica ed evitare una riduzione degli introiti fiscali.

Il variegato mondo degli appalti costituisce un punto focale del processo di controriforma. La liberalizzazione del subappalto imposta dalla Ue è un’autentica minaccia per la forza-lavoro che rischia di subire ripercussioni negative in termini salariali, normativi e contributivi.

Altro aspetto su cui riflettere è la sanità territoriale: è ormai noto che i tagli degli ultimi 40 anni al sistema sanitario pubblico sono l’autentica causa della paralisi in cui versano gli ospedali. In 40 anni abbiamo perso un quarto dei posti letto. Intere strutture sono state chiuse perché ritenute inutili doppioni o rami secchi (al pari di quanto accadde alle ferrovie 30 anni or sono). Il numero chiuso nelle facoltà sanitarie è rimasto immodificato nonostante la penuria di medici e personale specializzato. Da quel che si legge nel Pnrr corriamo il rischio di aziendalizzare ulteriormente la salute pubblica. Si tratta di capire come sarà costruita la medicina territoriale, visto che non esiste alcuna intenzione di bloccare i sempre maggiori finanziamenti alle strutture private che in alcune regioni la fanno da padrone in virtù delle scellerate scelte operate dai governatori, mentre nel Pnrr si afferma di valorizzare il contributo del privato alla gestione della salute. Sono invece senza risposta le richieste dirimenti che riguardano la rimozione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà sanitarie e l’inquadramento di tutto il personale sanitario nel contratto della sanità pubblica, visto che i continui processi di esternalizzazione hanno finito con il costruire, in alcune aree del paese, il monopolio del privato e del terzo settore basato proprio sui bassi salari. 

L’obiettivo da raggiungere dovrebbe essere quello di potenziare la medicina di base e preventiva, la medicina del lavoro e i medici di base. Ma farlo nell’ottica di costruire un sistema di tipo aziendalistico della medicina di base andrebbe nella direzione opposta a quella necessaria, cioè depotenzierebbe nel suo complesso la sanità pubblica per ridurne gli accessi, compresi quelli agli ospedali.

Dalle case di comunità all’assistenza domiciliare, le soluzioni, appena sussurrate per non spaventare, parrebbero essere quelle di affidarsi al terzo settore e a forme di aziendalizzazione con la partecipazione attiva del privato sociale che in questi anni ha rappresentato lo strumento idoneo per ridurre non tanto la spesa pubblica quanto i salari della forza-lavoro, grazie ai continui processi di esternalizzazione dei servizi.

Venendo al tema dei rifiuti, quando si parla del relativo piano dovremmo preliminarmente chiederci se l’obiettivo del Pnrr sia effettivamente quello di prevedere un’economia del riciclo al posto degli inceneritori o se invece continua l’assecondamento del business dei rifiuti. Laddove si parla di ammodernamento degli impianti di smaltimento oggi esistenti non è chiara la direzione da intraprendere ossia se il riciclo e il trattamento dei rifiuti urbani si avvarranno di tecniche a basso impatto ambientale. Crediamo altresì plausibile che la rivoluzione nel sistema dei rifiuti miri anche a ridurre la forza-lavoro impiegata nel settore. Sarà necessario quindi analizzare tutti i progetti presentati fino a ottobre al fine di verificarne gli atti di indirizzo e le finalità prima di esultare acriticamente verso presunte svolte green dell’economia. Quello che è certo fin da ora è che fiumi di denaro andranno alle imprese del settore, come a quelle tecnologiche, mentre il debito, che inevitabilmente esploderà in una misura che non ha precedenti, sarà a carico dei soliti noti, visto l’attuale sistema fiscale, che è stato ultimamente anche peggiorato in senso regressivo.

Chiudiamo con la riforma del reclutamento degli insegnanti. Si afferma che il personale sarà selezionato non solo sulla base delle competenze disciplinari, ma anche tenendo di conto delle capacità didattiche e relazionali. Sai dà il caso però che allo stato attuale le capacità didattiche e relazionali si acquisiscono con anni e anni di precariato oppure si dimostrano coi famosi “crediti” cioè partecipando a corsi organizzati sia da privati – ma riconosciuti dallo Stato – sia da strutture pubbliche alla ricerca disperata di finanziamenti, grazie all’“autonomia scolastica”. Così gli aspiranti agli incarichi, spesso disoccupati, se vogliono sperare di salire utilmente nelle graduatorie, debbono sborsare di tasca loro soldi che vanno a incrementare il business dei corsi o a integrare i miseri finanziamenti statali delle scuole e delle università pubbliche.

Quello della scuola è un argomento delicato se pensiamo al fallimento sostanziale della “buona scuola” di Renzi e ai mancati investimenti nell’edilizia scolastica che ormai spingono gli amministratori locali a soluzione temporanee come quella di ovviare alla carenza di aule ricorrendo ai container. Studenti e studentesse non sono merci da collocare nei container. I soldi del Pnrr dovrebbero essere indirizzati ad ammodernare scuole e ospedali ma a queste voci arriveranno ben pochi fondi. Al contrario si pensa di costruire degli istituti tecnici secondo i desiderata delle imprese, che desiderano forza-lavoro addestrata e ubbidiente, e non di potenziare la cultura di base, la quale sarebbe importante per rendere i futuri lavoratori capaci di adeguarsi ai repentini cambiamenti che avvengono nel mondo del lavoro, oltre che essenziali per formare cittadini dotati di coscienza e di sapere critico. Intanto prosegue lo scandalo dell’alternanza scuola-lavoro, quando è ormai acclarato che gli stage potrebbero essere svolti in scuole moderne ed efficienti dotate di apparecchiature e laboratori attrezzati.

Siamo davanti a contropartite imposte dalla Ue che modificheranno profondamente sanità, istruzione e lavoro. Su questo urge aprire un confronto reale nel paese senza perdere altro tempo.

 

11/02/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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