Come sviluppare l’opposizione al governo Draghi nella scuola

L’intervento, tenuto da Francesco Cori, del gruppo dei lavoratori della scuola per la conferenza dei lavoratori comunisti del 19 giugno individua la fase che il mondo della scuola sta vivendo e l’azione che possono svolgere i comunisti per sviluppare la resistenza dei lavoratori all’attacco del governo Draghi.


Come sviluppare l’opposizione al governo Draghi nella scuola

Durante l’anno in corso la scuola ha subito un attacco profondo da parte della classe dirigente che si è reso manifesto a tutti gli attori della scuola, in particolare perché avvenuto in fase di pandemia. Mentre dai docenti e dalle famiglie si è richiesta a gran voce la riduzione del numero degli alunni per classe come principale provvedimento per garantire il diritto all’istruzione in sicurezza, i governi che si sono succeduti hanno perseguito pervicacemente la prospettiva della riduzione della spesa. Le politiche sono state adottate in ottica di trasformazione della scuola da fattore di emancipazione sociale in progetto di aziendalizzazione e formazione di manodopera a bassa qualifica funzionale ai bisogni di una borghesia sempre più parassitaria e orientata ai profitti a breve termine mediante la riduzione del costo della forza-lavoro. 

I lavoratori della scuola hanno vissuto gli effetti delle politiche scolastiche con un sentimento di profonda disaffezione e incredulità, percependo sistematicamente la profonda distanza tra i loro bisogni – in particolare la sicurezza e la qualità del lavoro – e le disposizioni governative, sempre incentrate su paradigmi ideologici orientati intorno alla scuola delle competenze. In alcuni momenti dell’anno, in particolare a settembre e a gennaio, l’inconsistenza dei provvedimenti adottati ha innescato momenti di conflitto, prevalentemente nella scuola secondaria, nella quale l’apertura senza garanzie di sicurezza ha prodotto anche modificazioni complessive dell’orario scolastico. Il problema della sicurezza è stato vissuto e percepito anche negli altri ordini di scuola, ma è stato più difficile esprimere pubblicamente il dissenso dei lavoratori a causa delle necessità dei genitori, che sono stati costretti a lavorare in presenza in altri settori. Il sindacato della scuola, rimanendo subalterno ai ricatti confederali e alle decisioni governative, non è stato in grado di accogliere e generalizzare il malcontento che si è espresso in più settori acuendo così le differenze tra ordini di scuola. 

Nell’ultima fase dell’anno il governo Draghi, forte di un consenso della stampa, dei poteri forti e della maggioranza delle forze politiche, ha proseguito nell’azione esplicita di attacco alle condizioni dei lavoratori della scuola imprimendo una serie di piccole riforme che vanno sempre nella direzione della scuola delle competenze, alimentando il divario sempre più forte tra l’esperienza lavorativa dei docenti e le istituzioni pubbliche. Vanno letti in quest’ottica il curriculum dello studente, il piano estate, la riforma del PEI sul sostegno e l’abuso sempre più massiccio di personale a tempo determinato per il prossimo anno scolastico. Se il curriculum dello studente si inserisce in un progetto complessivo di dequalificazione della qualità dell’istruzione sempre più orientata a un solo aspetto della formazione dell’individuo – la formazione al lavoro salariato – il piano estate si iscrive in una logica di finanziamento parcellizzato e sottodimensionato delle scuole nel quale il governo delega a ogni istituto la ricerca dei finanziamenti ancorati a progetti particolari e territoriali. Il corpo docente in buona parte ha colto istintivamente la pericolosità di questo progetto esprimendo in forme differenziate e diversamente articolate nel territorio un’opposizione embrionale a tale progetto. Questo stato d’animo diffuso è stato alimentato anche dalla stanchezza complessiva dei lavoratori della scuola oberati a fine anno da una serie di ottusi adempimenti burocratici che nel corso degli anni si sono accresciuti a dismisura. Tali adempimenti rientrano pienamente nella logica complessiva della scuola delle competenze, una concezione per la quale il genitore rappresenta una sorta di cliente della scuola e il docente è costretto a giustificare continuamente il proprio operato caricando sulle sue spalle i mancati adempimenti della politica governativa. Tanto più il governo è carente nelle politiche sull’istruzione tanto più i lavoratori sono costretti a compensare tali carenze e a giustificare il proprio operato di fronte ai genitori. L’unica azione compiuta dal governo è quella di imporre coercitivamente il modello ideologico di scuola: è questa la ragione per cui anche in una fase di estrema precarietà dovuta alla pandemia i progetti di alternanza scuola-lavoro e di valutazione delle scuole attraverso l’INVALSI sono stati perseguiti con accanimento pervicace. 

Nonostante l’aggravio complessivo di lavoro, qualitativo e quantitativo, del personale scolastico e l’assenza di un’azione sindacale incisiva, nel corpo docente comincia a manifestarsi in forma embrionale una difesa della professionalità docente e una ricerca di un modello alternativo di scuola. I lavoratori della scuola si sono cominciati a organizzare in gruppi spontanei, prevalentemente sui social media, anche per effetto della pandemia, condividendo documenti, elaborazioni e progetti di difesa della professione docente. Il processo manifesta ancora i limiti della spontaneità, della frammentazione e della difficoltà a tradurre il malcontento in proteste di piazza, tuttavia questa discussione autorganizzata tra docenti rappresenta anche un importante momento di condivisione e confronto rispetto alle prese di posizione da attuare nei collegi docenti. 

Compito dei comunisti è quello di interpretare il malcontento ancorandolo alle ragioni politiche sottese alle scelte governative. Non è vero che la classe dirigente, come pensano molti colleghi, non capisce nulla di scuola, è vero invece che questa classe ha un progetto complessivo di demolizione della scuola pubblica statale. Rafforzare l’autorganizzazione dei docenti è essenziale anche cercando di unificare i vari gruppi, che operano sul territorio, sulla base di piattaforme comuni avanzate ma praticabili e contemporaneamente operare un’azione di pressione sul sindacato che, a causa della sua passività, subisce un attacco sempre più incisivo da parte del governo del banchiere Draghi.

La crisi del sindacato confederale non è stata compensata dal sindacalismo di base: entrambe le strutture hanno agito secondo logiche distanti dai bisogni dei lavoratori. La Cgil, sotto il ricatto dello sblocco dei licenziamenti, ha contenuto il moto di protesta della scuola che invece poteva assumere caratteri più generali – data la sua centralità durante la fase della pandemia – i sindacati di base hanno ragionato in un’ottica di competizione tra di loro non comprendendo i momenti cruciali nei quali la categoria ha richiesto lo sciopero. L‘incisività dell’attacco padronale sulla scuola è destinato ad accrescersi, prova ne è la rottura immediata degli obiettivi proposti nel Patto per la scuola da parte del governo. In primis la mancanza di alcun progetto sull’assunzione del personale necessario che ha prodotto importanti manifestazioni dei precari in questi giorni. Il sindacato è a un bivio: o cerca di ricostruire un minimo di consenso tra i lavoratori in un’ottica conflittuale oppure perseguendo la concezione neocorporativa, incarnata da Landini, perderà sempre più il consenso e la partecipazione attiva da parte dei lavoratori. Noi comunisti sappiamo che la nostra partecipazione attiva nei movimenti autorganizzati è essenziale allo scopo di generalizzare il disagio, di costruire quella massa critica che sola può far pendere l’ago della bilancia del sindacato sulla mobilitazione, come sappiamo che per la categoria dei docenti solo degli scioperi incisivi, ben costruiti e generalizzati possono trovare quel consenso collettivo del corpo docente che può interrompere, contenere e invertire l’attacco che il governo sta conducendo.

26/06/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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