Abbiamo ricevuto la richiesta di pubblicare questo articolo di Oriol Junqueras, presidente del partito Esquerra Republicana de Catalunya, attualmente in carcere con l’accusa di ribellione e sedizione a seguito della dichiarazione unilaterale di indipendenza. Come giornale comunista, pur non condividendo l'impostazione riformista che condanna le importantissime battaglie redistributive all'insuccesso quando non sono accompagnate dalla messa in discussione del potere dei capitalisti nella sfera produttiva, abbiamo deciso comunque di pubblicare questo scritto come forma di solidarietà verso un prigioniero politico (la redazione).
Per giorni ho scritto riflessioni sull'evoluzione economica e sul progresso sociale, inseparabilmente legate ai valori di una società. E sono stato in grado di seguire il dibattito sul PGE (la legge di bilancio spagnola, ndt) con le informazioni che provengono da fuori le mura del carcere di Estremera. E ha molto a che fare con i valori. Realizzare quanto preventivato, oppure no, influisce moltissimo sulle condizioni di vita dei nostri cittadini. Rallenta le loro possibilità di progresso. Le cifre dell'esecuzione del bilancio dello Stato in Catalogna - ciò che si dice sarà investito e ciò che alla fine è veramente investito - sono un chiaro esempio del perché gli indipendentisti vogliamo - non solo ma anche - uno stato proprio per governarci in un altro modo. Il deficit di investimenti e l'esecuzione del bilancio sono riconosciuti da datori di lavoro, sindacati e camere di commercio. Politicamente, solo alcune formazioni politiche catalane hanno rivendicato ciò che era giusto per la Catalogna. Il dibattito statutario è stato incentrato, in parte, su questo tema. Senza istituzioni che mantengono la parola, la fiducia non viene generata. E senza fiducia, il progresso è paralizzato.
Collegato a questo, e ringraziando la posizione solidale che i nazionalisti baschi hanno mantenuto nei negoziati sul PGE, sono certo che nei prossimi 25 anni le economie europee dovranno gestire enormi debiti pubblici. L'alto debito pubblico è, infatti, uno dei principali lasciti della crisi finanziaria. Pertanto, un ampio gruppo di economie europee presenta nel 2017 un livello di debito che in rapporto al PIL si attesta attorno al 100%, come in Spagna e Francia, o lo supera ampiamente, come in Grecia, Italia e Portogallo.
Inoltre, dovremo digerire gli effetti di un'espansione monetaria senza precedenti, che dopo molti anni inizia a normalizzarsi, in un contesto di crescita economica che, pur migliorando, rimane debole e condizionato da una distribuzione del reddito sempre più squilibrata, dall’insufficienza dei salari e dall’offerta di lavoro in diminuzione. Queste caratteristiche sono anche condivise, almeno in parte, da Giappone, Russia, Cina e Stati Uniti, tra le altre economie. E una debolezza nella crescita che condiziona anche le aspettative di esportazione e l’attrazione degli investimenti stranieri da parte dei paesi in via di sviluppo.
Fortunatamente, in questo contesto di difficoltà e incertezze, l'economia catalana presenta un comportamento singolarmente positivo. Con otto anni consecutivi che superano anno dopo anno il record storico delle esportazioni, con il volume di investimenti esteri in entrata più significativo nella storia, con una crescita economica che quasi raddoppia la crescita media della zona euro e molto più alta del deficit pubblico. Tutto ciò ha permesso una riduzione del debito in termini di prodotto interno lordo molto significativa, dalla quale la stragrande maggioranza delle economie europee è ancora lontana.
In Catalogna, questa crescita potrebbe migliorare in modo significativo se non fosse soffocata dal costo dell’energia elettrica più alto del continente europeo e dalle eterne carenze nelle infrastrutture chiave come i collegamenti ferroviari al porto di Barcellona, il corridoio europeo al porto di Tarragona, il collegamento ferroviario con Valencia e il "corridoio mediterraneo" nel suo insieme (per citare solo alcuni degli esempi più noti).
Tutte le economie dovrebbero dedicare sforzi significativi nel campo dell'istruzione, con un impegno condiviso di tutte le istituzioni e della società. L'importanza di individuare e trattare le possibili difficoltà della prima infanzia è un fatto rilevato in numerosi studi, così come il fatto che questa rappresenta la fase educativa con maggior capacità di obliterare le differenze sociali. Vale anche la pena notare l'importanza della formazione continua professionale e universitaria.
Inoltre, in un contesto di rapidi cambiamenti tecnologici (che creano simultaneamente opportunità che consentono miglioramenti della produttività, ma anche causare allargando divario tra vincitori e vinti) è necessario porre l'accento sulla formazione generale, che predisponga ad adattarsi ai cambiamenti, più che in una formazione eccessivamente specializzata. La cosiddetta quarta rivoluzione industriale, associata all'interconnessione di persone, dispositivi e processi, automazione e intelligenza artificiale implicherà sfide lavorative, educative e sociali molto importanti.
L'economia cinese dovrebbe avanzare nel complesso cambiamento del modello economico, da un modello basato su esportazioni e investimenti, a un nuovo formato basato sul consumo interno e, quindi, su una più equa distribuzione del reddito nazionale. Le economie in via di sviluppo hanno bisogno di finanziare i processi di urbanizzazione accelerata, con politiche sociali sempre più ampie e urgenti, se non vogliono che i problemi ambientali e sanitari, e la formazione insufficiente, ne provochino il crollo della crescita. E in questo senso, basta solo immaginare le sfide derivanti dall’incorporazione di ulteriori 250 milioni di persone nel mercato del lavoro in India (nel corso dei prossimi 25 anni) o tra i 70 e 60 milioni in Nigeria e in Pakistan (nei prossimi 18 anni).
Da parte loro, le economie europee devono migliorare la distribuzione del reddito, proteggendo i redditi delle classi medie e delle classi lavoratrici che hanno avuto una crescita molto debole (e in ogni caso chiaramente al di sotto della crescita delle loro economie) nei 25 anni precedenti la crisi del 2008 e che sono stati gravemente erosi a partire da quella data.
Un miglioramento nella distribuzione del reddito è essenziale per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico presente e futuro. Un miglioramento che richiede la graduale ripresa dei salari reali, in linea con i guadagni di produttività osservati, la scomparsa del divario salariale tra uomini e donne e riforme fiscali che proteggano sia il lavoro sia le imprese che creano posti di lavoro. E poi, è necessario che queste misure siano adottate in modo concertato in tutta Europa, per evitare pratiche sleali che sono sempre controproducenti per la maggioranza.
Tutto questo richiede anche che l'Europa sappia resistere all'ascesa dell’autoritarismo e del populismo, che mettono in pericolo la sua tradizione, fatta di libertà politiche fondamentali, di diritti politici e civili, che ha caratterizzato le parti migliori della sua storia così complessa. L'Europa dovrebbe anche proteggere ed espandere lo stato sociale e le politiche sociali, che non sono state solo una garanzia di giustizia, ma anche di crescita economica. Un modello di crescita economica che deve mettere in primo piano le persone e il capitale umano, promuovendo la scienza, la ricerca e l'innovazione.
L'Europa dovrà anche superare le tentazioni xenofobe e protezionistiche, cercando nel contempo di generalizzare le garanzie sociali, ambientali e sanitarie nell'insieme dei partner commerciali.
Da tutte queste multiple prospettive, le società più aperte, inclusive, integrative e transnazionali, dal punto di culturale, religioso e tecnologico, avranno le migliori opportunità. Questo è, senza dubbio, il caso della Catalogna, ed è per questo che abbiamo il dovere morale e la necessità di preservare e approfondire questi valori. E alla base di questa piramide di valori che io credo ci debbano guidare, dev’esserci che i governanti mantengano, o facciano di tutto per mantenere, la parola data.
Articolo apparso su La Vanguardia
Traduzione dallo spagnolo a cura di Alessandro Bartoloni