Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione in Madoka Magica

Chi ha detto che anime giapponesi e tematiche sociali non possano incontrarsi? Accade in Madoka Magica in cui, attraverso la battaglia di un gruppo di maghette contro le streghe, gli autori riflettono sul senso profondo della lotta e della conquista di un futuro migliore per l’umanità.


Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione in Madoka Magica Credits: Homura in una scena tratta dall’anime Puella Magi Madoka Magica

Anche in un mondo dove le streghe non possono nascere, non è detto che le maledizioni dell’uomo siano scomparse. La corruzione del mondo assume altre forme, e anche qui prende di mira le persone.
(dal monologo finale di Homura)


Mettete insieme uno sceneggiatore “impegnato” come Gen Urobuchi (Psycho-Pass) e un regista visionario come Akiyuki Shinbo (Bakemonogatari). Dite loro di buttar giù un anime di maghette combattenti alla Sailor Moon. Fateglielo rivoluzionare, stravolgere, decostruire, “sgangherare” come avrebbe detto Um­berto Eco. Avrete quindi Puella Magi Madoka Magica.

Cosa rende degno di nota questo anime del 2011? Non è per caso la solita storia di ragazzine a cui creature vagamente extraterrestri (alla Posi e Nega di Creamy, per intenderci) concedono poteri magici? Guardan­do la sigla di apertura e i primi due episodi, parrebbe proprio di sì. Certo, è un po’ particolare, con quei fondali espressionisti e quella colorazione aggressiva. Per non parlare del vago senso di inquietudine che si percepisce fin dalla prima scena. Per il resto, invece – quantomeno, all’inizio – tutto torna e sa di già visto.

Eppure, basta avere la pazienza di attendere il terzo episodio (su 12 di cui è costituita la serie) per assistere all’ingresso in scena del Caos. Ma andiamo con ordine. In un Giappone futuristico, dove la parità dei sessi sembra finalmente raggiunta (ma c’è comunque ancora molto da fare, a proposito) Madoka e Sayaka sono due studentesse delle medie. Il loro destino di ragazzine felici e spensierate è stravolto con l’appari­zione di Kyubei, una creatura fatata che propone di stipulare un contratto. Lui realizzerà un desiderio, non importa quanto grande. Loro, in cambio, diventeranno maghe e fronteggeranno le streghe.

Ma chi sono, le streghe? Prima sorpresa. Più che creature antagoniste vere e proprie, sono metafore della disperazione che alberga nei cuori umani. Sia come sia, qualcuno dovrà pur far qualcosa, per salvare l’umanità dal nichilismo. Le ragazzine, però, sono titubanti. Essere una maga richiede impegno. Niente più possibilità di divertirsi, di trovare un ragazzo, di avere una vita normale. Stare sempre in mezzo ai combattimenti. E conoscere la sofferenza del corpo, ma più ancora dello spirito.

Sayaka rompe gli indugi per prima. Kyosuke, il ragazzo che ama, violinista di talento, non potrà mai più suonare: un incidente lo ha gravemente menomato. Sayaka immolerà la sua felicità per risanarlo. Non è solo un atto d’amore altissimo, ma un dono all’intera umanità: tutti devono godere delle note celestiali che Kyosuke è in grado di produrre con il suo strumento.

Ben presto, il sacrificio della fanciulla si rivelerà vano. Per una maga neofita, non è così facile combattere le streghe senza riportare traumi psicofisici devastanti. E Kyosuke si dimostrerà il classico artista capriccioso ed egocentrico: sceglierà di stare con la compagna di classe di bell’aspetto e di buona famiglia, trasformata per l’occasione in fidanzatina-modello.

Comincia quindi la discesa di Sayaka nel baratro del nichilismo. La sua strada si incrocia con quella di Kyoko, un’altra maga. La collega-rivale sfoggia con Sayaka il cinismo disincantato di chi prima con­divideva i suoi stessi valori, ma ora è consapevole di essersi rovinata per sempre. La storia di Kyoko è paradigmatica: suo padre era un uomo di Dio, che credeva veramente nella bontà del messaggio trasmesso ai fedeli. Emarginato dalle gerarchie ecclesiastiche per le sue idee radicali, era caduto in disgrazia insieme a tutta la famiglia.

Kyoko ha chiesto quindi a Kyubei che l’interpretazione autentica delle Scritture offerta dal padre fosse riconosciuta dai fedeli. Il miracolo è avvenuto: il padre è stato acclamato come il profeta del nuovo Verbo sul quale si fonderà la redenzione delle masse. Ma quando il pastore ha scoperto che il suo carisma è solo il frutto di un sortilegio, è sprofondato nello sconforto. Alcolismo e pazzia hanno fatto il resto: ha rinnegato la figlia e ucciso la madre e la sorella di Kyoko, per poi impiccarsi.

Eppure Kyoko, nonostante l’iniziale irrisione-avversione nei confronti di Sayaka, alla fine solidarizza con lei. Entrambe scoprono di essere state ingannate da Kyubei: la loro dignità umana è di fatto scomparsa, il corpo sostituito da un pallido simulacro e l’anima racchiusa nel talismano che portano con sé, simbolo dell’avvenuta reificazione. Ma c’è di più: il loro destino, presto o tardi, è quello di diventare quelle stesse streghe contro cui combattono. È lo stesso Kyubei a rivelare gli scopi autentici che intende conseguire attraverso il contratto: la lotta tra maghe ignare (che non hanno ancora preso coscienza?) e streghe – anch’esse vittime innocenti – dispensatrici di sconforto e di dolore è infatti funzionale a mantenere in equilibro l’universo (leggi: a preservare il sistema).

Sayaka si rende conto di tutto ciò quando è ormai troppo tardi: il suo precario equilibrio ormai è irre­versibilmente compromesso, la disperazione si è impadronita di lei. L’incontro casuale in treno con due yuppies che si scambiano allegramente battute colme di un sessismo rivoltante le darà il colpo di grazia: no, questa non può essere l’umanità per la quale si è sacrificata. Per cosa sta combattendo, dunque?

La tragedia si consuma: Sayaka perde la speranza e si trasforma in strega. Kyoko la sconfigge nel tentativo di fermarla e sceglie infine di morire insieme a lei. In tutto questo – come si può facilmente immaginare – Madoka è sconvolta, ma non si decide ad esprimere il desiderio cruciale fino all’ultimo. Sayaka ha visto giusto: a pensarci bene, con l’osservazione impietosa dei fatti nudi e crudi, la ragione non può che condurre al pessimismo. Dunque la sua vita è stata sprecata in un modo del tutto inutile?

Madoka si ribella a questa visione ed esprime finalmente il suo desiderio: trascendere lo spazio e il tempo per riscrivere la storia dell’umanità. Vi saranno ancora il dolore e la morte, ma non vi sarà più posto per la disperazione: nessuna maga si muterà mai più in strega. Madoka attraverserà quindi ogni epoca storica, consolando le maghe che hanno dato la vita per la causa: esse riceveranno in punto di morte la testi­monianza che la loro esistenza è stata spesa bene e che in futuro vi saranno per l’umanità giorni migliori.

Tuttavia, il prezzo da pagare per Madoka è la perdita di qualsiasi forma di individualità: nessuno, neppure i genitori, si ricorderà più della persona che fu un tempo. Solo la sua amica e alleata Homura ne conserverà la memoria rinnovando il proposito di continuare a combattere, sia pure impegnandosi in una lotta senza fine. Perché, quand’anche il suo sforzo risultasse privo di ogni altro senso, questo è il mondo che Madoka ha cercato di proteggere. E questa è l’umanità per la quale si è sacrificata.

Puella Magi Madoka Magica ha senza dubbio stravolto il genere majokko, ma più in generale ha rimesso in discussione tanti postulati sui quali – a torto o a ragione – si ritiene sia basato il fantasy. Le storie in cui l’elemento fantastico riveste un ruolo-chiave non godono di buona reputazione tra gli intellettuali di sinistra. Le si accusa ora di evasione qualunquista (ricordate le accuse di “escapismo” rivolte a Ende?) ora di veicolare contenuti marcatamente reazionari (Tolkien, Lewis…).

Non ci interessa verificare se e quanto tali critiche siano fondate, il punto è un altro. Urobuchi qui non disserta ancora di Rousseau, Weber e Bentham come farà con Psycho-Pass. Ma l’occhio è già rivolto ai fenomeni sociali.

Le maghette non sono eroine romantiche e individualiste: chi aderisce a questo modello, come Sayaka, è perduta. Si salva solo chi ha fede nei processi collettivi. Madoka non scompare: si trasfigura e diventa un’Idea. Homura farà dell’impegno la sua ragione di vita, chiudendo questa serie cupa e allucinata con un messaggio di speranza.

Il mondo là fuori, oltre la serenità del contesto piccolo-borghese in cui si svolge la vita delle maghette, è un inferno, sia pure. Per i mali del mondo e dell’uomo non ci sarà mai fine, preconizza un Kyubei cinico e beffardo, come sempre. Ma l’ottimismo della volontà di Homura, se forse non basterà per risolvere ogni cosa, di certo conserverà intatta una fiammella che un giorno potrebbe diventare un incendio.

01/04/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Homura in una scena tratta dall’anime Puella Magi Madoka Magica

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L'Autore

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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