Note marxiste ad uso militante

La potente offensiva ideologica che ha privato di una base teorica l’agire collettivo e organizzato dei lavoratori.


Note marxiste ad uso militante

La potente offensiva ideologica che ha accompagnato il progressivo deterioramento delle condizioni materiali della classe lavoratrice negli ultimi decenni ha sortito l’effetto di privare di una propria base teorica l’agire collettivo e organizzato dei lavoratori.

di Sergio Cimino

L’interiorizzazione dell’ideologia del capitale non si registra solamente nella implicita e pacifica condivisione degli assunti dell’economia politica borghese da parte della maggioranza dei lavoratori ma trova un suo riscontro nell’impostazione politica di quelle organizzazioni sindacali ormai completamente funzionali alle esigenze del sistema delle imprese palesandosi, infine, per quanto concerne i sindacati più conflittuali, come un elemento di forte debolezza strategica.

La pratica sindacale ci offre esempi quotidiani di tale debolezza. Il rispetto delle compatibilità economiche aziendali sembra infatti condizionare, come un fiume carsico, anche le piattaforme più radicali.

E’ in tal senso che il sindacato collaborativo e quello conflittuale vengono a caratterizzarsi per posizioni certamente diverse, ma pur sempre all’interno di un conflitto esclusivamente distributivo, per giunta consolidatosi da tempo su posizioni resistenziali.

Snodo ineludibile per un’azione sindacale rispondente alle dinamiche della lotta di classe è, allora, la costruzione di una pratica strettamente connessa ad una meticolosa critica dei dispositivi culturali di controllo, inculcati dagli apparati mediatici del capitale.

Un primo passo verso questa direzione, deve condurre ad una diversa connotazione qualitativa dei fini perseguiti dalle organizzazioni dei lavoratori.

In tal senso, la rivendicazione salariale svincolata da una mera partecipazione più ampia del lavoro alla ripartizione del prodotto, libera se stessa dalla soglia predeterminata delle compatibilità che garantiscono la sopravvivenza economica dell’azienda in un contesto capitalistico, configurandosi come riappropriazione di quanto il capitale ha estorto nel processo di valorizzazione capitalistica.

In particolare, anche prescindendo da una lettura storica dei fattori che concorrono alla formazione del capitale, sulla falsariga di quella condotta da Marx sull’accumulazione originaria e la genesi del modo di produzione capitalistico, è decisivo porre in evidenza come la natura di lavoro non pagato del capitale si verifica anche accettando l’ipotesi più favorevole agli assiomi dell’economia politica borghese, ossia quella di un ciclo produttivo a-storico e che comporti l’esistenza di un capitale iniziale avulso dal lavoro.

I passaggi logici da percorrere, sono due:

    1. Lo scambio ineguale tra capitale e lavoro. Tra capitalista e lavoratore viene scambiato qualcosa di qualitativamente diverso: una data quantità di lavoro materializzato (ossia quello racchiuso nei mezzi di sussistenza) con una quantità di lavoro vivo. Solo formalmente si tratta di uno scambio di equivalenti. Se così fosse, infatti, i reiterati atti di scambio tra i due porterebbero al consumo del capitale e alla sua scomparsa dopo vari cicli produttivi [1]. 
    2. La formazione del capitale attraverso la reiterazione di questi scambi ineguali.

Se con il primo punto, l’impianto teorico della classe lavoratrice si dota della consapevolezza che il capitale stesso è frutto del lavoro non pagato e che dunque con esso non ci si confronta riconoscendogli un’autonoma capacità di creare valore, è soprattutto con il secondo che è possibile opporre una immediata risposta, adeguata all’attuale contesto mistificatorio costruito dal capitale e dai suoi agenti culturali.

Come evidenzia Marx:

 […] Se il plusvalore generato periodicamente, per esempio annualmente, con un capitale di 12.000 € ammonta a 2400 €, e se questo plusvalore viene consumato di anno in anno, è chiaro che dopo una ripetizione quinquennale dello stesso processo la somma del plusvalore consumato è eguale a 2400 per cinque, cioè è eguale al valore capitale di 12.000 € originariamente anticipato. Se il plusvalore annuo venisse consumato solo parzialmente, per esempio solo per metà, lo stesso risultato si avrebbe dopo una ripetizione decennale del processo di produzione, poichè 1.200 x 10 = 12.000. In genere: il valore capitale anticipato, diviso per il plusvalore consumato ogni anno, dà il numero degli anni, ossia il numero dei periodi di riproduzione, trascorsi i quali il capitale  anticipato sul principio è stato consumato dal capitalista e di conseguenza è sparito. Né questa circostanza viene modificata dal fatto che il capitalista creda di consumare il prodotto del lavoro altrui non pagato, il plusvalore, e di conservare il  capitale originario. Passato un dato numero di anni, il valore capitale di cui egli è proprietario è eguale al plusvalore complessivo che si è appropriato durante lo stesso numero d’anni senza corrispondere un equivalente, e la somma di valore che ha consumato è uguale al valore capitale originario [...] [2].

Al fine di evitare la confusione che può essere ingenerata dall’apparenza fenomenica invocata come obiezione dai corifei del capitale, Marx prosegue precisando quanto segue:

Certamente egli (il proprietario del capitale, n.d.a.) mantiene nelle proprie mani un capitale la cui grandezza è inalterata, e di cui una porzione,  edifici, macchine, ecc già esisteva allorché dette inizio alla sua impresa. Qui però si tratta del valore del capitale e non delle sue parti costitutive materiali. Quando una persona spende tutto  quel che possiede contraendo debiti per una cifra che equivale al valore posseduto,allora tutte le sue possessioni non rappresentano altro che  la somma totale dei suoi debiti. E ugualmente allorché  il capitalista ha consumato l’equivalente del suo capitale anticipato, il valore di questo capitale non rappresenta ormai che la somma totale del plusvalore che egli si è gratuitamente appropriato. Neanche un atomo continua ad esistere del suo antico capitale [3].

Argomentazioni che convergono infine, nel chiaro compendio concettuale che qui si riporta:

Facendo quindi piena astrazione da ogni accumulazione, la semplice continuità del processo di produzione, ossia la semplice riproduzione,  dopo un periodo più o meno lungo trasforma per forza di cose ogni capitale in capitale accumulato, ossia in plusvalore capitalizzato. Pure essendo al suo entrare nel processo produttivo proprietà, frutto personale del lavoro di chi lo impiega, questo capitale diviene prima o poi valore appropriato senza equivalente, ossia materializzazione, in forma di denaro o in altra forma, di lavoro altrui non pagato.[…] [4].

Nell’attuale contesto caratterizzato da una diffusa e inconsapevole accettazione “naturale” del modo di produzione capitalistico, nonché dall’utilizzo acritico dei principi dell’economia politica borghese per la spiegazione di qualsiasi accadimento e nell’elaborazione delle diagnosi effettuate per le ricorrenti crisi (da cui deriva, poi, l’obbligatoria accettazione anche delle conseguenti terapie, espresse nelle politiche economiche o nei piani industriali, che per tale motivo assumono un’aura di indiscutibilità), le parti citate del libro primo del Capitale offrono un’arma analitica formidabile, nel mostrare come, pur senza far ricorso ad un’analisi storica, sia possibile associare all’intrinseco funzionamento della macchina capitalistica, la totale derivazione del capitale esistente alla componente del lavoro non pagato, la quale, in forza della reiterazione del processo produttivo e pur ammettendo l’esistenza di un capitale iniziale di origine aliena, conduce alla progressiva sostituzione di quel capitale iniziale, con le quote accumulate nel tempo di plusvalore estorto dal lavoro vivo.

La conquista di migliori condizioni lavorative e salariali, perseguita come riappropriazione del valore estorto dal capitale, non rappresenta una formale diversa “etichettatura” di scopi nella sostanza analoghi, ma rappresenta il segno politico di rottura della posticcia collaborazione tra classi che ci vogliono imporre, fornendo una solida base teorica da opporre al ricattatorio schema ideologico del capitale, che prima o poi, anche a fronte di mobilitazioni più agguerrite, fa risuonare la consueta sentenza che sancisce la mancanza di alternative.

Resta inteso, naturalmente, che l’auspicata diffusione di lacerazioni critiche nel compatto tessuto dell’egemonia ideologica del capitale, rimette poi la tenuta e il rafforzamento di una conseguente posizione politica, alle vicende della lotta sindacale e politica materiale.

 

Note

[1] Karl Marx, Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica (“Grundrisse”), Einaudi Editore, 1976, pag. 273-275. Nell’impossibilità di condensare in poco spazio tutti i riferimenti presenti negli scritti di Marx sul punto in questione, cfr. almeno Karl Marx, Il Capitale, Libro primo, terza sezione, capitolo quinto, “Processo lavorativo e processo di valorizzazione”, e Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, Editori Riuniti, 2006, pag. 47-53 e pag. 65.

[2] Karl Marx, Il Capitale, Libro Primo, settima sezione, capitolo ventunesimo, Newton, 1996, pag. 414-415. Per il solo esempio numerico si è preferito far ricorso alla traduzione presente sul sito: http://www.criticamente.com/marxismo/capitale/capitale_1/Marx_Karl_-_Il_Capitale_-_Libro_I_-_21.htm   in cui i valori monetari sono espressi in euro anziché in sterline.

[3] Ibid.

[4] Ibid.

 

05/02/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Sergio Cimino

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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