Invitiamo tutti i compagni, gli antimperialisti, gli antifascisti, gli autentici democratici a partecipare attivamente alla manifestazione nazionale per la pace del 5 novembre.
Il testo della piattaforma con cui questa manifestazione viene convocata è certo passibile di diverse e fondate critiche, la principale delle quali può ravvisarsi nella sua subalternità alla narrazione antistorica mainstream, diffusa in modo martellante da tutti i principali media e da tutto l’arco parlamentare – salvo poche encomiabili eccezioni -, secondo cui tutto comincia il 24 febbraio con l’intervento militare russo in Ucraina, mentre si ignorano tutti i precedenti: l’espansione sempre più minacciosa della NATO ad Est dopo il 1991; il colpo di stato fascista made in USA del febbraio 2014, che depone il presidente legittimamente eletto Janukovic, trasforma la popolazione di madrelingua russa in cittadini di serie B, privandoli del diritto di parlare nella propria lingua, mette al bando il partito comunista ucraino e tutti i partiti di opposizione, invia i battaglioni nazifascisti e l’esercito contro le insorte regioni del Donbass: una guerra a media intensità che provoca oltre 14.000 morti. La piattaforma con cui si convoca la manifestazione del 5 novembre è ben più arretrata rispetto alle voci autorevoli del mondo cattolico – a cominciare da Papa Francesco, che addebitava alla NATO il peccato di aver “abbaiato” “alle porte della Russia”, o del direttore di “Avvenire”, che sottolineava come la guerra ucraina non fosse iniziata nel 2022, ma 8 anni prima, nel 2014.
Ma questi grandi limiti della piattaforma di convocazione della manifestazione, che non vanno assolutamente ignorati e di cui occorre essere ben consapevoli, non devono indurre i comunisti, gli antimperialisti, gli antifascisti, i sinceri democratici e i sinceri pacifisti, a disertare questo importante appuntamento.
Ogni cosa va collocata nel suo contesto, nel suo tempo. Il martellamento mediatico, la russofobia dilagante, l’allineamento di tutte le forze politiche – salvo poche eccezioni – sulla linea dell’oltranzismo atlantico tracciata da Draghi (al punto che per poter prendere pubblicamente la parola occorre l’autodafè europeista-atlantista) hanno paralizzato e messo nell’angolo un possibile movimento contro la guerra, contro la cobelligeranza dell’Italia (e della UE), contro le sanzioni – che, più che l’obiettivo tattico di indebolire l’economia russa, hanno l’obiettivo strategico di troncare per i prossimi decenni qualsiasi rapporto tra paesi UE e Russia, per ergere una cortina di ferro tra il “civile giardino” occidentale e la “barbara giungla” dell’Est (la metafora è in un recente discorso di Josep Borrell).
La manifestazione nazionale del 5 novembre – che chiede tregua e trattative – introduce un cuneo nella compattezza del discorso dominante del partito unico della guerra a oltranza (da Letta a Meloni). Non è un caso che contro di essa si siano apertamente schierate le forze più oltranziste, che, da un lato, hanno cercato di bloccarla (e continueranno a farlo) o sminuirla, e, dall’altro di snaturarla, per presentarla come una manifestazione della guerra a oltranza.
Questa manifestazione viene dopo mesi di offensiva atlanticista martellante, che è riuscita a tacitare chi si opponeva all’allineamento totale, promosso da Draghi e Mattarella, sulle posizioni di Washington. Un’offensiva riuscita anche per la debolezza e la frammentarietà dell’opposizione alla guerra di Biden.
Partecipiamo alla manifestazione del 5 novembre sostenendo unitariamente le sue parole d’ordine principali, tregua e richiesta di trattative (che i falchi di Washington e i loro satelliti di Kiev rigettano).
Come una rondine non fa primavera, non è una sola manifestazione che può cambiare il corso delle cose. Può esserne l’inizio, se tutti coloro che si oppongono all’oltranzismo atlanticista, alla cobelligeranza dell’Italia a fianco della guerra di Biden, sapranno trovare le ragioni per unirsi in un ampio fronte plurale e costruire, a livello centrale nazionale e in tutte le città, in tutti i quartieri, i comitati unitari contro la guerra, radicati nei territori, composti da persone in carne e ossa, che sviluppano un’attività costante di informazione, ragionamento, iniziative, praticando concretamente una linea di massa, scevra da settarismi, dogmatismi, personalismi, badando, con umiltà e spirito di sacrificio, alla sostanza delle cose, alla contraddizione principale e all’obiettivo principale, traendo lezioni dalla nostra storia, quando, in un momento gravissimo, si dette vita al CLN, costruendo un grande fronte unito con l’obiettivo prioritario di combattere nazisti e fascisti.
Siamo entrati in una fase nuova e terribile della storia mondiale. La guerra sarà lunga, la sua posta in gioco più grande non è il controllo territoriale di una regione di un paese, ma la definizione dell’ordine mondiale nei prossimi decenni, se esso sarà sotto il dominio amerikano, o se si aprirà alla coesistenza e cooperazione, libera dallo scambio ineguale, di diversi paesi e popoli (ciò che si indica come “mondo multipolare”). Perciò è essenziale la costruzione di comitati contro la guerra, ben coordinati a livello nazionale, con una visione di lungo periodo.