I fronti di guerra (1915-17)

Dal Patto di Londra al cadornismo, dalla Rivoluzione russa all’entrata in guerra degli Stati Uniti.


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Segue da Interventismo e neutralismo/ Link al video della lezione corrispondente Unigramsci

Il Patto di Londra

Dinanzi alla spaventosa guerra di logoramento che ormai si combatte in Europa, diviene sempre più importante la scelta di campo dell’Italia. Il governo conduce trattative segrete sia con l’Impero asburgico che con la Francia, nella quali vende all’asta al migliore offerente il proprio neutralismo o l’interventismo a fianco delle potenze della Triplice Intesa. L’Impero austro-ungarico, dovendo rinunziare in cambio della neutralità degli ex-alleati italiani a territori del proprio impero e a uno sbocco essenziale sul mediterraneo, come il porto di Trieste, si mostra decisamente meno prodiga di promesse rispetto agli Imperi dell’Intesa. Così il ministro degli esteri italiani, esponente della destra liberale Sonnino, firma in segreto con Francia e Inghilterra il Patto di Londra nell’aprile del 1915, con il quale il governo italiano si impegna a entrare in guerra nel giro di un mese al fianco delle potenze dell’Intesa, ottenendo in cambio garanzie per l’assegnazione all’Italia dell’italofone Trentino e Venezia Giulia, del Süd Tirol (Alto Adige) fino al Brennero – regione austriaca germanofona – di Trieste, dell’Istria e della Dalmazia settentrionale – in cui erano presente consistenti minoranze italofone – a eccezione della città di Fiume. Vengono inoltre promesse all’Italia possedimenti in Albania e, per quanto minori, nello Stesso impero ottomano, oltre alla partecipazione alla spartizione delle colonie tedesche in Africa e Asia minore senza ulteriori specificazioni, visto che a esse miravano anche Francia e Inghilterra.

Il patto fu inaspettatamente reso pubblico dai Bolscevichi, non appena conquistarono nel 1917 il potere in Russia, causando forte imbarazzo alle potenze firmatarie, che si erano segretamente spartite parti del mondo, senza minimamente tenere in considerazione le aspirazioni e gli interessi dei popoli, ridotti a mera merce di scambio fra le grandi potenze imperialiste. Tale scandalo gettò un tale discredito sugli accordi segreti per la spartizione del mondo fra blocchi imperialisti, sistematicamente utilizzati da tutte le potenze implicate nel conflitto, facendo emergere i reali moventi che avevano portato a questo spaventoso bagno di sangue che – per evitare un’ulteriore affermazione a livello internazionale dei bolscevichi che gli avevano smascherati e denunciati –il presidente degli Stati Uniti Wilson fu costretto a prendere decisamente posizione contro di essi, impedendone la compiuta attuazione in particolare, nei confronti della potenze minori e meno indebitate con gli statunitensi, come il Regno d’Italia, tanto da favorire il sorgere del mito politico sciovinista della “vittoria mutilata”.

I grandi mezzi di comunicazione e lo squadrismo favoriscono l’interventismo in Italia

Il governo italiano intende imporre, con ogni mezzo necessario, l’accordo segreto sottoscritto a Londra a un parlamento e a un’opinione pubblica quantomeno restie. A tale scopo favorisce l’organizzazione di imponenti manifestazione interventiste cui, però, si contrappongono altrettanto partecipate dimostrazioni dei neutralisti. Gli interventisti utilizzano la forza d’urto degli sciovinisti e degli ex sindacalisti rivoluzionari che, con la copertura degli apparati repressivi dello Stato, utilizzano metodi squadristi contro i neutralisti – specialmente se socialisti o più in generale proletari – secondo uno schema rodato di cui faranno in seguito massiccio uso le camicie nere fasciste. Ancora più importante è il sostegno dei grandi mezzi di comunicazione, saldamente nelle mani della classe dominante e dirigente interventista, che danno rilievo esclusivamente alle manifestazioni interventiste, facendo credere all’opinione pubblica che il governo e ancor più il monarca sarebbero stati indotti a forzare la mano in funzione dell’interventismo dinanzi a una pressione popolare incontenibile, favorevole al conflitto.

Nonostante la resistenza della maggioranza parlamentare l’intervento della Corona impone la guerra

Ciò nonostante il parlamento vota a maggioranza contro il Patto di Londra e l’entrata in guerra dell’Italia. Sfiduciato, il capo del governo Salandra è costretto a dare le proprie dimissioni che – contravvenendo alla prassi parlamentare affermatasi dai tempi di Cavour e tornando, come pretendevano i reazionari alla Sonnino, allo Statuto albertino – sono rifiutate sdegnosamente dal re Vittorio Emanuele III. Si arriva così a una gravissima crisi istituzionale, che rischia di precipitare il paese, dinanzi all’aperto sovversivismo delle classi dirigenti sull’orlo della guerra civile, come già avvenuto ai tempi della crisi di fine secolo. A questo punto giolittiani e Vaticano, per evitare uno scontro fratricida, che avrebbe spaccato il blocco sociale dominante – favorendo le forze che si battono per il riscatto dei ceti sociali subalterni – cedono al ricatto degli Interventisti e lasciano da soli i socialisti a votare contro i pieni poteri al governo in funzione della subitanea entrata in una terribile guerra, cui lo stesso esercito, per non parlare dei soldati-proletari mandati allo sbaraglio, non erano stati minimamente preparati. Sulle conseguenze tragicomiche di questa incosciente forzatura delle classi dirigenti a spese di proletari in divisa del tutto inconsapevoli di quale tragico destino li attendeva, si veda il sempre valido film di Mario Monicelli: La grande guerra, con protagonisti due mattatori della commedia all’italiana, come Sordi e Gassman.

Dunque, nel maggio del 1915, il Regno d’Italia dichiara guerra all’impero Austro-Ungarico, una guerra che causerà seicentomila morti fra gli italiani, contrastata soltanto dai socialisti, anche se in modo più idealistico che effettuale, visto che la parola d’ordine che si affermò nel partito, dominato da massimalisti e riformisti, era né aderire, ma neanche sabotare, in nome di un pacifismo che avrebbe dovuto portare a una pace giusta e duratura senza annessioni né indennità di guerra. La mancata realizzazione di quest’ultima sarà proprio la causa remota della Seconda guerra mondiale, esplosa non a caso dopo appena un trentennio di tregua.

Nel frattempo, nei fronti di guerra, sono all’offensiva gli Imperi centrali che, con il supporto della Bulgaria entrata in guerra al loro fianco, conquistano la Serbia e la Romania.

Il cadornismo

Il fronte fra Italia e Austria è costituito dal “confine naturale” segnato dalle Alpi. I soldati italiani sono in costante superiorità numerica, ma male armati e non preparati alla guerra. Il comandante in capo, generale Cadorna, utilizza la tecnica del logoramento, che provoca un continuo sacrificio di uomini lanciati in attacchi impossibili contro le linee nemiche, che portano a scarse conquiste costate un numero spaventoso di morti e feriti fra i giovani proletari condannati alla tragica prima linea.

Le inutili stragi delle battaglie di Verdun e Delle Somme

Nel febbraio del 1915 vi è una disfatta dei russi, mandati letteralmente allo sbaraglio in quanto ancora peggio armati ed equipaggiati degli italiani, che consente ai tedeschi di invadere la Polonia e i Paesi baltici. Sul fronte occidentale, invece, l’imponente offensiva tedesca contro Verdun in Francia del 1916 provoca mezzo milione di morti, senza spostare in modo significativo la linea del fronte. Anche la controffensiva scatenata dagli anglo-francesi, nella Battaglia delle Somme, porta a una nuova insensata strage: 600.000 caduti inutilmente senza contare l’altrettanto enorme numero di feriti e mutilati. Delle tragiche conseguenze di tali ripetuti e del tutto inutili massacri anche sui pochi proletari in divisa sopravvissuti ci offre una tanto preziosa quanto agghiacciante testimonianza il film del grande regista statunitense J. Losey – costretto ad abbandonare il proprio paese dalla caccia alle streghe lanciata negli Usa per decapitare le classi subalterne privandole dei loro intellettuali di riferimento – Per il re e per la patria.

La presa di Gorizia e il governo di larghe intese

Gli austro-ungarici sono all’offensiva sul fronte meridionale, ma gli italiani lanciano una controffensiva che li porta alla conquista di Gorizia. Nel frattempo l’andamento insoddisfacente della guerra e la necessità di formare un governo di larghe intese, che sostenga in modo unitario lo sforzo bellico, porta Salandra alle dimissioni e il suo posto è preso da Boselli, un cattolico che presiede un governo di grande coalizione dove coabitano liberali di destra e di sinistra, radicali, socialdemocratici e repubblicani. All’opposizione al governo e alla guerra restano, sempre più isolati, i socialisti.

Nel frattempo la flotta tedesca fa una sortita dai suoi porti e vince gli inglesi nella battaglia dello Jutland, ma in seguito, vista la superiorità britannica, non la affronta più in una grande battaglia in mare aperto. La Germania riprende piuttosto la precedente guerra sottomarina, condotta al di fuori di ogni trattato internazionale, che mette in serie difficoltà l’Inghilterra, ma favorisce nel medio periodo la decisiva entrata in guerra degli Stati Uniti. La violenza genera violenza.

Dal pacifismo di Zimmerwald alla prospettiva rivoluzionaria di Kienthal

Per quanto concerne l’opposizione al conflitto nel settembre del 1915 si incontrano a Zimmerwald, in Svizzera, i socialisti schieratisi contro la guerra imperialista. Nel confronto fra le diverse forme di opposizione conquista l’egemonia la posizione pacifista del Partito socialista italiano che si batte con il fine della realizzazione di una pace senza annessioni e senza indennità. Del resto, già nel corso dell’anno seguente, il 1916, in tutti gli eserciti e fra i civili, in particolare fra le masse popolari si diffonde l’odio per la guerra. Così, nel 1916, nel secondo incontro dei socialisti contro la guerra a Kienthal – sempre nella neutrale Svizzera – si afferma la prospettiva rivoluzionaria di Lenin, secondo la quale la guerra è il prodotto della crisi strutturale del modo di produzione capitalistico nella sua fase suprema di sviluppo imperialista. Perciò, se si intende realmente realizzare, con l’affermazione del socialismo, una pace realmente duratura, che non sia più una semplice tregua fra una guerra e la successiva, è necessario rovesciare il modo di produzione capitalistico, trasformando la guerra imperialista fra proletari in una guerra civile rivoluzionaria contro il comune nemico: la grande borghesia.

Anche in Germania si riorganizzano le forze socialiste contrarie alla guerra, che rompono con la SPD, fondando il Partito socialdemocratico indipendente guidato da Kautsky e la Lega di Spartaco diretta da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, l’unico parlamentare tedesco a votare contro i crediti di guerra e a portare avanti una conseguente campagna contro la guerra imperialista che pagherà duramente, come la Luxemburg, con il carcere.

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09/06/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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