Recensioni di classe 52

Recensioni di classe ai premi Oscar 2023, mai così immeritatamente assegnati, al film autoironicamente postmoderno Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, al discutibile film Gli orsi non esistono e alla pessima serie House of the dragon.


Recensioni di classe 52

Premi Oscar 2023: che vinca il peggiore!

Il trionfatore, con ben 7 premi e 12 nomination, ai premi oscar 2023, Everything Everywhere All at Once, è davvero un pessimo film che diviene, in tal modo, il film più assurdamente sopravvalutato dell’anno, anche perché ha fatto incetta di premi un po’ ovunque. Così il film peggiore, fra i già non eccelsi candidati a miglior film, arriva addirittura primo. Tale successo mostra da una parte la pervasività dell’ideologia dominante postmoderna fra gli intellettuali, che si è imposta anche ai premi Oscar, nei quali, in generale le esigenze dell’industria cinematografica arginavano, almeno in parte, l’affermazione di tale ideologia. D’altra parte dimostra come il postmodernismo, grazie anche al cinema, si stia affermando anche fra le persone comuni o quantomeno fra i consumatori delle merci dell’industria culturale cinematografica. 

Anche il secondo film maggiormente premiato, che aveva già totalizzato un gran numero di nomination, Niente di nuovo sul fronte occidentale, è una merce piuttosto scadente dell’industria culturale europea, che si differenzia da quella statunitense solo per aver meno mezzi economici e per produrre opere meno godibili e piacevoli. Il fatto che un film europeo ottenga così tanti riconoscimenti in un premio da sempre egemonizzato da prodotti statunitensi dimostra (nel caso specifico) esclusivamente quanto i prodotti delle industrie culturali, sempre più multinazionali come netflix, si stiano uniformando verso il basso, insieme alla capacità di giudizio dei membri del mondo del cinema e degli stessi consumatori. D’altra parte fra i film in lizza per miglior film straniero quanto meno non ha vinto proprio il peggiore, visto che Close e, soprattutto EO sono ancora più insostenibili del vincitore. Estremamente discutibile anche il premio di migliore colonna sonora a Niente di nuovo sul fronte occidentale. In questo caso, sia Fabelmans che Babylon, per limitarci ai candidati, avrebbero meritato di più, per quanto l’ultimo film ricordato vale ben poco. Anche il premio per la migliore fotografia al film tedesco è alquanto sopravvalutato, anche perché praticamente tutti gli altri candidati avrebbero meritato di più. Infine anche il premio per la scenografia non è meritato, decisamente superiori sono non solo Avatar e Babylon, ma anche The Fabelmans e Elvis, per rimanere agli altri film candidati.

Mentre i film candidati migliori o, meglio, meno peggio non hanno ottenuto quasi nulla. Il meno peggio fra i candidati a miglior film, Avatar: la via dell’acqua del grande regista progressista Cameron, ottiene solo il premio, che non gli poteva in nessun modo venir negato, per i migliori effetti speciali. Il secondo film meno peggio fra i candidati ai premi più importanti, The Fabelmans di Spielberg, non ottiene nessun premio! Sebbene sia decisamente il più meritevole candidato alla miglior regia, viene battuto dal peggiore: Everything Everywhere All at Once. Unica giustificazione per queste ingiustizie è che Spielberg è stato già ripetutamente premiato con gli Oscar. Il secondo miglior film in generale, fra tutti i candidati, Argentina 1985, per altro in lizza esclusivamente come miglior film straniero, non riceve niente, sebbene sia incomparabilmente migliore del premiato Niente di nuovo sul fronte occidentale e sia uno dei migliori film dell’anno. Il più assurdamente sopravvalutato, fra i candidati a miglior film straniero, è l’insostenibile formalistico e postmoderno Eo. Anche il terzo film meno peggio fra i candidati a miglior film, Women talking, ottiene solo il premio per la miglior sceneggiatura non originale, premio meritato anche per il basso livello degli altri candidati.

Il premio alla miglior attrice, incomprensibilmente assegnato a Michelle Yeoh, protagonista di Everything Everywhere All at Once, avrebbe dovuto essere assegnato fra le candidate a Cate Blanchett, mentre includendo le non candidate a Olivia Corman. In questo caso le due grandi attrici sono state sfavorite dall’aver già conquistato il premio Oscar, mentre Yeoh è stata avvantaggiata dal fatto di essere espressione della minoranza di attrici asiatiche, generalmente discriminate in senso negativo. Discrete appaiono le interpretazioni delle tre altre attici candidate Michelle Williams, Andrea Riseborough e Ana de Armas.

Il premio di migliore attore a Brendan Fraser, protagonista del peraltro discreto film The Whale, è accettabile, anche perché gli altri candidati non spiccavano particolarmente, anche se comunque buona è la prova di Bill Nighy in Living. Anche il premio per il miglior trucco a The Whale è tutto sommato accettabile.

Se anche i premi per miglior attore e attrice non protagonista a Everything Everywhere All at Once non sono meritati, ancora più assurdo appare il premio per la migliore sceneggiatura originale, che avrebbe dovuto essere assegnato, fra i candidati, a Spielberg per The Fabelmans, per quanto si sarebbe trattato comunque della meno peggiore fra quelle in lizza, insieme a Tár, film peraltro non particolarmente significativo. Il premio di miglior attrice non protagonista avrebbe dovuto essere assegnato a Hong Chau, ottima interprete di The Whale. Mentre il premio per il miglior attore non protagonista più che a Ke Huy Quan del solito Everything Everywhere All at Once, sarebbe dovuto andate a Brian Tyree Henry del discreto film Causeway, che avrebbe meritato di più fra gli attori candidati.

Il premio a miglior film di animazione a Pinocchio di G. Del Toro è meno immeritato dei precedenti premi, anche se fra i candidati decisamente migliore è Il mostro dei mari. Per quanto riguarda gli altri film candidati in questa categoria, insostenibilmente postmoderni risultano Red e Marcel the shell, mentre godibile appare Il gatto con gli stivali 2.

Al contrario, decisamente fra i premi più immeritati, se non il più immeritato e ideologicamente devastante, occorre menzionare il davvero spregevole Navalny, acritica apologia di uno dei peggiori uomini “politici” dei nostri tempi, non a caso divenuto un’icona dell’imperialismo pronto a scatenare una guerra atomica, pur di non riconoscere il ruolo di grande potenza alla Russia. Si tratta di pura propaganda ideologica reazionaria, per quanto Navalny sia una merce abbastanza ben rifinita dell’industria pseudoculturale. Fra i documentari avrebbe certamente meritato di vincere Tutta la bellezza e il dolore, forse il miglior film dell’anno, che avrebbe meritato ben altri riconoscimenti, oltre al Leone d’oro al festival di Venezia. Mentre del tutto sopravvalutato e intollerabilmente ideologico in senso reazionario è the Fire of Love di Sara Dosa.

Del tutto immeritati i premi al miglior cortometraggio e al miglior cortometraggio documentario. An Irish Goodbye è forse il peggiore fra i cortometraggi candidati, decisamente peggiore del dignitoso Le pupille e meno interessante di Ivalu, mentre Raghu - Il Piccolo Elefante è piuttosto noioso e insignificante. Decisamente sopravvalutato anche il premio al montaggio per Everything Everywhere all At Once, nella categoria fra i film candidati avrebbe meritato di vincere questo premio Bardo – Cronaca falsa di alcune verità.

Fra i pochi premi meritati, abbiamo quello per miglior cortometraggio di animazione a Il bambino, la talpa, la volpe e il cavallo. Ancora più meritato, in quanto la sorpresa positiva più significativa di questo, in generale, davvero pessimo palmares, è il premio alla canzone indiana Naatu, Naatu.

Bardo - La cronaca falsa di alcune verità di Alejandro G. Iñárritu, drammatico, Messico 2022. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, 1 candidatura a Critics Choice Award, distribuito da netflix, voto: 6-. Il film porta fino alle estreme conseguenze il postmoderno, il che permette al regista di prenderne le distanze e di assumere una sana attitudine autoironica. Nel film sono presenti critiche significative alla politica imperialista degli Stati uniti e alla società capitalista messicana ultra corrotta, senza fare sconti nemmeno al ruolo di complici giocato dagli intellettuali tradizionali. Notevole, dal punto di vista formale, il montaggio che avrebbe forse meritato il premio Oscar.

Gli orsi non esistono di Jafar Panahi, drammatico, Iran 2022, premio speciale della giuria al Festival di Venezia, ha ottenuto 3 candidature a miglior film, miglior regia e miglior film straniero a NSFC Awards, nominato in 13 top ten dei critici de “Il manifesto”, voto 6-. Il film non è male, anche se è certamente sopravvalutato. Il contenuto è interessante nel mostrare le dinamiche della vita in un piccolo centro dell’Iran con i suoi aspetti positivi e negativi. Peccato che sia opera di un regista che, di fatto, contribuisce all’aggressione imperialista contro la Rivoluzione iraniana.

House of the dragon è una serie Tv statunitense di genere fantasy del 2022, ideata da Ryan J. Condal e George R.R. Martin. La serie ha ottenuto 2 candidature e vinto un premio ai Golden Globes, 3 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, ha vinto un premio ai CDG Awards, voto: 4. Vista l’incetta di premi, abbiamo deciso di tornare su questa serie, indubbiamente fra le più sopravvalutate. La serie di genere fantasy, racconta una storia per bambini. Quindi è sostanzialmente insostenibile a un pubblico adulto, ma d’altra parte non adatta ai bambini per la crudezza della vicenda. La serie cerca di darsi un tono, affrontando un tema sostanziale come l’emancipazione della donna, ma lo fa nel modo peggiore e più reazionario. Nel caso specifico l’emancipazione da realizzare sarebbe quella di consentire a una donna di succedere al trono di una monarchia assoluta, in cui si organizzano matrimoni con bambine. Quindi, invece di mostrare come la lotta per l’emancipazione della donna non possa realizzarsi in una monarchia assoluta, dove di fatto nessuno è realmente libero ed emancipato, si fa credere che una donna che riesca ad assumere un potere di fatto dispotico, sarebbe un passo sostanziale nell’emancipazione femminile.

La pessima trovata dei draghi si dimostra utile come metafora della moderna guerra aerea. Gli aspetti terroristici di quest’ultima vengono completamente occultati, tanto che i paesi del terzo mondo aggrediti imperialisticamente, sono presentati come abitati da crudeli selvaggi, identificati come animali e pirati. Mentre anche il personaggio decisamente più apertamente fascista, viene presentato come un del tutto irrealistico eroe in quanto schiaccia nella violenza la resistenza dei popoli del sud del mondo. Dinanzi a tali posizioni ultra imperialiste diviene risibile l’attenzione rivolta a criticare la violenza verso gli animali, senza contare che si tratta di un aspetto del tutto inverosimile rispetto all’epoca in cui è ambientata la vicenda.

Il film, che vorrebbe darsi un tono mettendo in scena la forma odierna della lotta per l’emancipazione della donna in un paese occidentale a capitalismo avanzato, appare del tutto fuori luogo rispetto al mondo medievale in cui House of the dragon è ambientato. Sanza contare che la serie è, in realtà, pieno zeppa dei peggiori preconcetti maschilisti della odierna società patriarcale.

27/05/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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