Recensioni di classe 42

Essenziali recensioni di classe ai più significativi film, documentari e serie tv usciti di recente.


Recensioni di classe 42

200 metri di Ameen Nayfeh, drammatico, Palestina, Giordania, Qatar, Italia, Svezia 2020, voto: 8. Film davvero bello, emozionante ed essenziale. 200 metri è convincente sia dal punto di vista del contenuto che della forma. Narra una vicenda di grandissima rilevanza, come l’occupazione militare della Palestina. Il film è avvincente, commovente e lascia molto da riflettere allo spettatore. Ottima la prova degli attori e i personaggi sono decisamente tipici. L’impianto del film è saldamente realista senza nessuna concessione al postmodernismo. Il film riesce a essere molto valido dal punto di vista didattico e ad assicurare, al contempo, un significativo godimento estetico. L’unica pecca è che non appare in grado di aprire una reale possibilità di superamento dialettico della grande tragedia storica che rappresenta. Certo la situazione della Palestina oggi potrebbe apparire realmente disperata, tuttavia il film pare fare di necessità virtù. La prospettiva indicata dal protagonista, bene interpretato, ma senza effetto di straniamento, è quella di riuscire a vivere nel mondo animale dello spirito senza dover rinunciare perciò del tutto alla propria dignità. Tale prospettiva è in realtà sostanzialmente irrealistica, a causa dell’occupazione militare, dello stato di apartheid e del muro che costringe i palestinesi sotto occupazione a vivere in diverse prigioni a cielo aperto, sotto la costante minaccia dei coloni, in continua espansione. D’altra parte, ogni tentativo di resistenza, per quanto abbia un valore essenzialmente di testimonianza, viene bollato nel film come una forma di avventurismo che si può permettere solo chi non vive i reali problemi della gente comune, costantemente posta sotto minaccia della durissima rappresaglia da parte degli occupanti. Si cade così in una delle maggiori trappole dell’ideologia dominante, quella di prendere le parti e la prospettiva delle mere vittime e non di chi si batte per l’emancipazione del genere umano. 

Bella Ciao – Per la libertà di Giulia Giapponesi, documentario, Italia 2022, voto: 7,5; film quanto mai attuale che rivendica l’importanza della lotta a ogni forma di fascismo, una lotta comune portata avanti e declinata in forme diverse, ma con gli stessi valori di fondo in tutto il mondo. Il film è interessante, emozionante, valido dal punto di vista didattico ed esteticamente godibile. I limiti sono più o meno gli stessi della canzone e del suo successo e dell’indistinta lotta per la libertà tematizzata sin dal titolo, per cui si finisce per prendere come icona dei personaggi anche piuttosto discutibili. La prospettiva sostanzialmente apologetica del film finisce per prendere in considerazione solo le critiche da destra a Bella ciao, senza prendere minimamente in considerazione le critiche da sinistra.

Tra due mondi di Emmanuel Carrère, drammatico, Francia 2021, voto: 7; il film rappresenta una significativa denuncia dello sfruttamento dei lavoratori precari e delle loro difficilissimi condizioni di vita. Tra due mondi contiene degli ottimi personaggi tipici proletari. Purtroppo il film è raccontato dal punto di vista di un intellettuale tradizionale, che non ha una conoscenza scientifica dei problemi sostanziali che affronta. Così la buona intenzione di denunciare le condizioni di vita dei precari e di far emergere gli invisibili è depotenziata da uno sguardo incapace di andare a fondo nei problemi affrontati e di indicare possibili vie di uscita.

Fabian – Going to the Dogs di Dominik Graf, drammatico, Germania, Austria 2021, voto: 6+; liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Erich Kästner, pubblicato nel 1931 e messo poi al rogo dalla Gestapo, il film dovrebbe essere una significativa metafora del rischio che corre la società attuale di ricadere nel fascismo senza, sostanzialmente, colpo ferire, per colpa innanzitutto dell’individualismo degli intellettuali tradizionali, pronti magari a disprezzare gli aspetti plebei dei fascismi, ma senza contrastarli realmente. Purtroppo la forma postmoderna, la durata eccessiva, l’assenza di qualsiasi traccia di effetto di straniamento, impedisce al film, di fatto, di raggiungere l’obiettivo. Davvero un peccato, in quanto sarebbe stata un’ottima occasione – almeno per gli intellettuali tradizionali che vi hanno lavorato e lo hanno promosso – di apprendere qualcosa dai tragici errori del passato. Al contrario il film rovescia il significato del romanzo e assume la stessa posizione di sostanziale estraneità alla tragedia del proprio mondo storico, propria del protagonista a ragione criticato dal romanzo cui Fabian è ispirato. Altro evidente segno che davvero viviamo in tempi oscuri

Rimini di Ulrich Seidl, drammatico, Austria, Francia, Germania 2022, voto: 6+; film certamente ben realizzato e ben interpretato, risulta decisamente più debole dal punto di vista del contenuto sostanziale, del plot, che ha sempre un peso dominante nella riuscita di un’opera d’arte. Il tema scelto, per alcuni aspetti anche significativo, ha però un taglio troppo minimal-qualunquista che impedisce il pieno godimento estetico del film e lascia troppo poco su cui riflettere allo spettatore.

Full TimeAl cento per cento di Erich Gravel, drammatico, Francia 2021, voto: 6+; ancora un film francese che mette al centro lo sfruttamento dei lavoratori nel sistema capitalista e liberista. Bella e valida denuncia di come lo sfruttamento occupi l’intera giornata e vita del lavoratore salariato, se ha la “fortuna” di non ritrovarsi disoccupato o sottoccupato. Interessante anche come il salario corrisponda allo stretto indispensabile per la riproduzione della forza lavoro, anche in questo caso se tutto va bene. Deludente la catarsi finale e la mancanza di una prospettiva di risposta alla lotta di classe dall’alto con il conflitto sociale dal basso. Il film rischia perciò di scadere nel naturalismo e di annoiare lo spettatore.

A casa tutti bene di Gabriele Muccino, drammatico, commedia, Italia 2018, voto: 6; dopo aver visto la serie recentemente uscita, può valere la pena rivedere il film, anche perché si è ora in grado di comprenderne meglio e più a fondo le dinamiche e di apprezzarne meglio pregi e difetti. Fra i pregi, oltre alla indubbia capacità di sintesi, vi è una prova decisamente superiore degli interpreti e anche dei personaggi meglio costruiti, più contraddittori e dialettici, mentre nella serie tendono a cristallizzarsi in delle maschere. Ciò che invece emerge, anche a paragone con la serie, come maggiore e più significativo difetto del film è la mancanza di contenuto sostanziale non occupandosi praticamente per niente delle problematiche storiche, politiche, filosofiche e sociali e dimenticando, in particolare, i conflitti sociali, vero motore della Storia. Da questo punto di vista il film è ancora più carente della serie che, con tutti i suoi limiti, sviluppa comunque una critica decisa alla classe dominante borghese.

Barry 1x08 serie tv brillante statunitense ideata da da Alec Berg e Bill Hader, distribuita in Italia nel 2021 da Sky, voto: 5. La serie è stata acclamata dalla critica e ha vinto 10 premi su 39 candidature. Tale successo della serie resta davvero un mistero. Per quanto generalmente di basso livello le serie brillanti difficilmente appaiono così poco significative persino nell’episodio pilota. Come generalmente accade la serie non fa ridere, almeno a un pubblico italiano, e non tocca nessun aspetto significativo della realtà. Interessante che il killer depresso protagonista della serie sia un ex marine reduce da aggressioni imperialiste. Negativo è invece il fatto che la professione di killer, per quanto significativamente posta su un piano analogo a quella dei marine all’estero, viene in qualche modo normalizzata. Infine il male assoluto è rappresentato dalla solita banda della criminalità organizzata straniera, con una piccola variante, in quanto i consueti russi sono sostituiti da ceceni.

Nell’episodio tre e quattro la serie diviene certamente più godibile, giocata tutto sullo scontro-incontro fra le due “Americhe” quella dei marine e quella di una scuola per attori di Los Angeles. La satira sociale investe in maniera abbastanza efficace entrambi i gruppi e coinvolge anche il mondo della malavita organizzata. Interessante come il killer ex marine risulti del tutto impacciato e insicuro nel mondo per lui alieno della scuola di recitazione. D’altra parte questo mondo, per quanto incomparabilmente migliore del mondo da cui proviene l’ex marine, non può rappresentare una verosimile alternativa per la parte consistente di statunitensi conservatori, reazionari e liberisti in esso impegnati.

Nell’episodio cinque la serie si stabilizza, confermandosi piacevole, ma sostanzialmente priva di contenuti sostanziali. Inoltre la caratterizzazione della malavita, naturalmente straniera e proveniente dalla Federazione Russa appare decisamente razzista, mentre la completa assenza di straniamento porta il pubblico a solidarizzare con il protagonista, nonostante si tratti di un pericoloso e sanguinario criminale.

La serie delinea bene la connotazione sociale tipica dei marine, cioè il suo essere espressione di un sottoproletariato privo di coscienza di classe, violento, privo di morale ed eticità e dipendente dalle droghe e dalla pornografia. Interessante anche come pure il ceto medio riflessivo statunitense abbia posizioni radicalmente filo imperialiste tanto da considerare i marine come eroi che si sacrificano al loro posto in conflitti giusti e necessari. In questo caso violenza e morte diverrebbero necessarie e socialmente utili. Infine anche nell’individuazione dei nemici – che sono sempre i cattivi che è bene uccidere con ogni mezzo necessario, anche a farlo sono dei mercenari al servizio di altri criminali – si seguono pedissequamente le direttive dell’imperialismo a stelle e strisce. Così la poliziotta, non appena sente un uomo parlare con un accento russo, estrae immediatamente la pistola, dal momento che non potrebbe che trattarsi di un pericoloso criminale. Peraltro sembrerebbe accettabile anche collaborare con la malavita cecena se si tratta di colpire gli odiati boliviani, che sembrerebbero aver sostituito i fidi alleati colombiani nel traffico della droga.

La prima serie si conclude con l’esplodere della contraddizione fra il protagonista che si vuole ritagliare una nuova vita come attore e il vecchio marine, divenuto a tutti gli effetti un assassino, con cui il protagonista non riesce a chiudere, anche perché non risulta possibile occultare il proprio passato. 

Barry 2x08, serie tv brillante statunitense ideata da da Alec Berg e Bill Hader, distribuita in Italia nel 2021 da Sky, voto: 5. La seconda stagione si conferma, come di consueto, meno verosimile e incisiva della prima, anche perché non ha più molto di significativo di nuovo da aggiungere se non delle continue variazioni su temi già collaudati. Si confermano anche gli aspetti più deteriori, come l’assumere come rappresentanti del male assoluto degli stranieri, scelti sempre fra i maggiori nemici dell’imperialismo, anche se nel caso di Barry la scelta è più sofisticata dal momento che sono individuati nei boliviani al posto dei cubani, nella mafia cecena al posto della russa e nei birmani al posto dei cinesi. Si conferma, altresì, la nota più positiva, cioè la demitizzazione dei contingenti imperialisti all’estero, mostrati per quello che realmente sono: delle belve umane assetate di sangue e pronte a esaltare chi uccide piè sospetti nemici. Colpisce la presumibilmente non voluta autoironia per cui il killer statunitense è così superiore da dover istruire i membri della mafia cileni, che appaiono nei suoi confronti dei poveri sprovveduti. Interessante anche come il protagonista affermi di aver recuperato la propria identità e il sentimento di appartenenza a una comunità dopo aver assassinato un afghano nel paese che ha invaso, solo in quanto colpevole di un movimento sospetto.

La commedia diviene, finalmente, a tratti esilarante. Emerge in modo più chiaro ed evidente la natura criminale del protagonista, già al tempo in cui era arruolato nei marines. Emerge ancora di più l’attitudine criminale delle truppe d’occupazione imperialiste. Peccato che la satira della malavita organizzata in primo luogo e del mondo degli attori in secondo non siano minimamente all’altezza di una serie così di successo. Ciò rende anche la seconda stagione decisamente sopravvalutata.

30/09/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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