Recensioni di classe 26

Recensioni di classe al valido film di Nanni Moretti: Tre piani, al discutibile The Outpost sulla occupazione imperialista dell’Afghanistan, alla serie televisiva statunitense Euphoria – ricca di contraddizioni – alla serie Fleabag, decisamente sopravvalutata, e al pessimo film Lezioni di persiano.


Recensioni di classe 26

Tre piani di Nanni Moretti, drammatico, Italia 2021, al cinema 01 Distribution, voto: 7-; film indubbiamente ben realizzato, godibile, con dialoghi intelligenti e personaggi piuttosto realistici. Peccato che il film sia un po’ debole dal punto di vista dei contenuti sostanziali. I drammi, anche ben affrontati, riguardano sostanzialmente soltanto il piano etico immediato e naturale della famiglia. Mentre Tre piani non è in grado di dirci nulla di significativo sui piani etici più elevati del mondo economico e sociale e dei conflitti di classe.

The Outpost di Rod Lurie, drammatico, Usa 2019, voto 6+; per essere un film statunitense sull’occupazione imperialista dell’Afghanistan, basato su un fatto realmente accaduto, il film mantiene una sana attitudine realistica di fondo. Si comprende subito la completa inettitudine dei comandi statunitensi che inviano soldati a morire per difendere avamposti indifendibili. Inoltre emerge tutta la brutalità della guerra, per quanto il regista è naturalmente embedded e racconta esclusivamente la vicenda dal punto di vista fascistoide delle forze di occupazione a stelle e strisce

Euphoria è una serie televisiva statunitense creata e scritta da Sam Levinson e distribuita in Italia da Sky Atlantic in otto episodi e due special, voto: 6; la serie rappresenta in modo molto diretto e crudo la vita travagliata di un gruppo di adolescenti statunitensi. La serie affronta in maniera aperta le problematiche della droga e del sesso fra gli adolescenti, senza però un reale approfondimento dal punto di vista economico e sociale.

La serie prosegue con la crudezza che la contraddistingue. Inquadra bene, dal punto di vista psicologico, i personaggi, mettendone a nudo le debolezze. Denuncia il maschilismo e machismo quotidiano e le diverse forme di violenza che subiscono le donne. Ma mostra anche, in modo significativo, la volontà di riscatto dalla subalternità. Significativa anche la denuncia di come l’industria della pornografia tenda a naturalizzare la violenza nei confronti delle donne. Resta il dubbio che – mostrando tanti adolescenti così problematici e nessun caso realmente alternativo – si finisca, magari involontariamente, per normalizzare e naturalizzare questa situazione di disagio giovanile, talvolta, peraltro, anche molto accentuato.

Il terzo episodio non delude le aspettative, la serie prosegue il suo corso, approfondendo le perversioni maschili, il fascismo e sessismo quotidiano, la discriminazione dei transgender, il dramma della droga e i problemi di una generazione di adolescenti privi completamente di spirito dell’utopia e del principio speranza in un mondo migliore. Perciò vivono completamente schiacciati nella tenebra del quotidiano, dominati dalle apparenze e convinti che si possa essere felici anche disinteressandosi dei problemi politici e sociali e senza grandi ambizioni, come quella di contribuire alla lotta per l’emancipazione umana. In tale quadro sconfortante non sembrano esserci reali vie di uscita, se non in una storia d’amore adolescenziale magari inter-razziale.

Nel quarto episodio emerge ulteriormente la violenza legata alla sfera della sessualità, connessa al permanere della struttura patriarcale e machista all’interno di una società maschilista. Per cui se da un lato la repressione della sessualità sembra ormai del tutto superata, rimane ancora un profondo giudizio etico e morale che tende a colpevolizzare la ricerca del piacere da parte della donna. Significativo anche il perverso rapporto fra una sessualità distorta e l’ipocrisia tipicamente puritana. Egualmente degno di nota è la rappresentazione realistica del fascismo quotidiano, espressione tipica della classe dominante. Colpisce, infine, come le tendenze transgender di un bambino siano cercate di curare dalla madre facendolo rinchiudere in un ultra-repressivo ospedale psichiatrico. Resta in definitiva ancora molto valida la critica di Herbert Marcuse alla desublimazione repressiva caratteristica della società a capitalismo maturo, che tende a ridurre l’individuo, come gli adolescenti della serie, a un uomo a una dimensione.

Nel quinto episodio vediamo come una storia d’amore, per quanto non tradizionale, possa dare la forza sufficiente per uscire dal tunnel della droga. Dall’altra parte abbiamo l’esempio negativo di una storia “d’amore” fra due opportunisti, nella quale lei intende fare la mantenuta, mentre lui mira a instaurare l’unico rapporto che conosce, quello fra servo e padrone. Quest’ultimo è dominato, come il tiranno, dal desiderio sessuale, il che gli rende difficile mantenere le apparenze di ben pensante alto borghese. Anche in questo episodio non usciamo da relazioni di coppia, d’amore o di sesso che, per quanto ben descritte, rendono un po’ asfittico il contenuto di Euphoria.

Nel sesto episodio la serie diviene più cruda che mai. Emerge chiaramente la violenza maschilista e del fascismo pariolino che si impone sul diritto all’emancipazione anche sessuale della donna e approfitta dell’oppressione dei più deboli, come la giovane transgender. Anche in questo caso c’è indubbiamente del realismo, anche se si tratta di un realismo assolutamente non socialista, in quanto non si palesano significative reazioni all’affermarsi della volontà di potenza del più forte e più violento.

Il settimo episodio è piuttosto soporifero, non aggiunge nulla di sostanziale ai precedenti, anche se continua nell’indagine attenta delle turbe psicologiche di alcuni rappresentanti, più o meno tipici, dei moderni adolescenti. Significativa la denuncia di tutte le malefatte del principale rappresentante delle classi dominanti, che finisce per essere ben peggiore degli stessi piccoli trafficanti di droga e si dimostra in grado di utilizzare per i propri loschi fini anche le leggi e le forze dell’ordine (borghese).

L’ottavo episodio si chiude un po’ sottotono, troppe questioni restano irrisolte, per lasciare spazio a una seconda serie, poi bloccata dalla pandemia. L’ultimo episodio è più ricercato dal punto di vista formale, con un significativo montaggio parallelo, che però finisce per non essere realmente funzionale dal punto di vista della storia, rischiando di apparire un po’ superfluo. Per quanto riguarda la catarsi in alcuni casi si realizza, nella forma di commedia, in altri, più realisticamente, avviene solo in parte in modo più drammatico e realistico. Il problema è che rimanendo tutto sostanzialmente incentrato sui rapporti di coppia – considerati in modo sostanzialmente astratto dalle problematiche politiche e sociali – la serie conferma di avere un difetto strutturale di spessore, per quanto possa apparire a tratti anche decisamente cruda nella rappresentazione degli adolescenti all’interno della società oggi dominante.

Nel primo episodio speciale tutto è ridotto al minimo per rispettare i protocolli durante la pandemia. La serie subisce un profondo mutamento, abbandona il suo frizzante, ma un po’ troppo superficiale, mix di adolescenti, sesso e droga, per divenire un decisamente più profondo, ma altrettanto nettamente più noioso teatro filmato, peraltro ridotto a un interminabile dialogo fra la protagonista – sempre afflitta dalla dipendenza della droga e dal mal d’amore – e un maturo ex tossicodipendente afroamericano. Quest’ultimo ha superato la dipendenza dalla droga, è decisamente più maturo, ha vissuto in anni indubbiamente più rivoluzionari e non è meticcio come la protagonista. Ha le idee certamente più chiare e, per la prima volta, introduce nel film una riflessione più approfondita e critica sulla dipendenza dalla droga e affronta – in modo altrettanto inedito sino a questo momento nella serie –considerazioni di spessore dal punto di vista sociale e politico. Ma su questo piano il dialogo con l’adolescente, completamente spoliticizzata e di fondo inconsapevole, non può svilupparsi e, peraltro, per quanto decisamente più avanzato l’afroamericano ha diverse contraddizioni, a partire da quella religiosa, che lo rendono meno credibile ed efficace e lo rivelano, nonostante la buona volontà, un socialconfuso.

La serie è seriamente compromessa dal secondo e ultimo episodio speciale. Più in generale consigliamo, a chi intendesse vederla, di evitare i due episodi “speciali” e, in particolare, l’ultimo. Si tratta sostanzialmente di un lunghissimo e molto monotono monologo dell’altra protagonista, Jules, tutto incentrato su amore e sessualità e poco significativo anche dal punto di vista dell’indagine psicologica, oltre che decisamente soporifero.

Fleabag (1x6) è una serie televisiva tragicomica britannica, distribuita da Amazon Prime, voto: 6-; una delle rare serie tv comiche straniere tradotta e distribuita in Italia; considerato il grande numero di riconoscimenti che ha ricevuto, appare certamente deludente. D’altra parte bisogna considerare quanto in una serie comica vada perduto con la traduzione. Detto questo, benché si presenti nella forma intrigante di commedia drammatica, in realtà l’elemento decisamente dominante è, o dovrebbe essere, l’elemento comico. Significativa, dal punto di vista formale, appare invece la scelta della protagonista e autrice del testo di presentare al pubblico, rivolgendosi in modo diretto, le proprie disavventure.

Più si va avanti e più la serie appare decisamente sopravvalutata. Anche perché la trovata di mettere a nudo una protagonista sfigata, anche con un significativo effetto di straniamento, già al secondo episodio rischia di apparire noiosa e deprimente.

La serie sembra mirare a sostenere l’emancipazione femminile dal punto di vista del piacere sessuale, aspetto che, in effetti, rimane sotto diversi aspetti un tabù. È anche significativa la satira che offre dei personaggi maschili. Allo stesso tempo è significativa l’autocritica realizzata sfruttando al meglio l’effetto di straniamento. Il problema sono la carenza di temi sostanziali affrontati, che rende la serie poco interessante, senza renderla, nonostante ciò, particolarmente godibile.

D’altra parte la serie è significativa in quanto in modo ironico prende le distanze da quel moralismo sostanzialmente bacchettone e pre-sessantottesco, che ha sfruttato astutamente il Me too, per presentarsi addirittura come qualcosa di attuale, progressista e femminista.

Il quinto episodio spicca in quanto si dimostra il più vivace, divertente e gradevole con momenti di commedia sofisticata, soprattutto nella satira dei rapporti interfamiliari. La serie chiude in modo piuttosto deprimente, con una nota tragica, la cui catarsi è rinvenibile nel rilancio della posizione anticonformista, in particolare, per quanto concerne il diritto della donna all’emancipazione sessuale.

Lezioni di persiano di Vadim Perelman, drammatico, Russia, Germania 2019, voto: 4; film del tutto inverosimile, suscita l’interesse per un po’ in quanto basato su una tragica vicenda storica. D’altra parte, nonostante sia stato prodotto in Russia, si ripresenta il falso storico per cui i campi di concentramento-sterminio sarebbero stati liberati dagli statunitensi e non dall’Armata rossa.

12/11/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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