Segue da “La concezione gerarchica della morale di Nietzsche”
6. Politica ed epistemologia
Per Nietzsche la storia non ha un soggetto unitario, l’umanità non ha fini comuni, non progredisce, anzi non esiste proprio. Di contro al ciclo rivoluzionario che dal 1789 giunge alla Comune di Parigi, Nietzsche sviluppa una concezione radicalmente nominalista, volta a contrastare il concetto universale di uomo, in quanto tale connesso all’odiato concetto di égalité, che per Nietzsche costituisce il presupposto del socialismo. Nietzsche, per confutare il concetto di uguaglianza della persona (base del diritto e del cristianesimo), insiste sul fatto che l’individuo non è una caratteristica che compete a ogni essere umano, proprio perché la civiltà a suo avviso ha bisogno della riduzione in schiavitù della maggioranza degli uomini e di quasi tutte le donne.
Del resto la liquidazione da parte di Nietzsche dell’egualitarismo non può che presupporre la liquidazione del realismo e dello stesso concetto, colpevole ai suoi occhi di rendere uguale ciò che è disuguale. Ne consegue che risulterebbero privi di fondamento i diritti dell’uomo proclamati dalla Rivoluzione francese. Perciò lo stesso Descartes, padre del razionalismo e della filosofia moderna, viene avversato da Nietzsche al punto che lo definisce “il nonno della rivoluzione”.
A partire dal periodo sedicente illuministico Nietzsche si richiama alla scienza per liquidare, in nome della causalità della natura e dell’innocenza del divenire, ogni visione morale del mondo. Per un altro verso, però, la scienza stessa appare agli occhi di Nietzsche colpevole della presunta decadenza occidentale perché si fonda su concetti che rendono uguale il diseguale e, quindi, esprimerebbero, sul piano epistemologico, la medesima tendenza al livellamento espressa dalla norma morale sul piano etico e dall’idea di eguaglianza sul piano politico.
Dunque, dal punto di vista di Nietzsche, prima ancora della predicazione evangelica, la rivolta servile si manifesta con il sillogismo socratico che tutti unisce e omologa sul terreno di una presunta comunità della ragione. Socrate, con il suo universalismo, è perciò bollato da Nietzsche come uno dei quattro padri della democrazia assieme a Gesù, Lutero e Rousseau. Nietzsche crede di poter rinvenire un antidoto all’universalismo della morale e della ragione nella creatività della produzione artistica.
La dissoluzione del soggetto
Alla decostruzione della categoria di universalità alla quale è intento Nietzsche, mira anche il suo insistere sul carattere prospettico dell’esistenza, con cui intende negare il carattere oggettivo della realtà, in nome di un soggettivismo ultra-relativista, cui si richiamerà il postmoderno e il pensiero debole. Perciò Nietzsche insiste nel negare la possibilità stessa dell’esistenza di un soggetto teoretico che possa essere astratto dalle sue pulsioni vitali, dalla volontà di potenza e dai giudizi di valore che esprime. Come la morale, dunque, anche la conoscenza – a parere di Nietzsche – deve essere declinata al singolare.
7. Rivoluzione francese, rivoluzione socratico-platonica e rivoluzione ebraico-cristiana
Nietzsche tratta dell’origine della modernità e delle rivolte servili in Anticristo e in Crepuscolo degli idoli. Accusa il cristianesimo di essere il prototipo di tutte le teorie della parità dei diritti, con la teoria dell’uguaglianza degli uomini di fronte a dio, espresse poi politicamente nella Rivoluzione francese e nel socialismo. Il cristianesimo è denunciato da Nietzsche come una rivolta servile all’interno del giudaismo – per altro già degenerato – inaugurata da Gesù santo anarchico. Nietzsche contrappone, in effetti, il giudaismo preesilico al giudaismo postesilico, in cui inizierebbe l’autonomizzazione della morale, da cui scaturirebbe il lungo ciclo delle rivolte servili.
In terra greca la degenerazione inizierebbe ovviamente con Socrate-Platone, ma Nietzsche coglie un rapporto con la tradizione giudaico-cristiana, tanto da considerare il cristianesimo un platonismo per le masse. Visto che Nietzsche coglie una continuità tra il cristianesimo e il ciclo millenario delle rivolte servili, da ciò scaturisce una carica demistificatrice in una duplice direzione: da un lato dilegua l’aura di innocenza e sacralità che circonfonde la religione ebraica e cristiana, dall’altro ritiene di poter negare il carattere laico e scientifico che pure ama attribuirsi il movimento rivoluzionario e socialista, il quale è ora denunciato da Nietzsche come una teologia superficialmente secolarizzata. Inoltre, ebraismo e cristianesimo si caratterizzano agli occhi di Nietzsche per il loro antropocentrismo meschino e vanesio, antropocentrismo presente anche nella Rivoluzione francese che con la sua teoria dei diritti dell’uomo dà centralità e dignità anche ai più mediocri e miserabili. Anche la concezione del tempo del cristianesimo e delle rivolte servili è agli occhi di Nietzsche la stessa, caratterizzata dalla fede nel progresso del mondo, tendente alla felicità per tutti. Perciò lo stesso “giudizio universale” è denunciato da Nietzsche come la rivoluzione, come se l’aspetta l’operaio, soltanto pensata un po’ più lontana.
8. Radicalità, “inattualità” e incrinature del progetto reazionario
Per il Nietzsche maturo non è più la Germania che può salvare, come nelle opere giovanili, la civiltà e l’Europa dalla Rivoluzione, come pretendono i nazional-liberali tedeschi, proprio perché è il paese di Lutero che ha infuso nuova vita a un cristianesimo, in declino durante il Rinascimento, ed è alla base delle successive rivolte contadine prima e della Rivoluzione inglese e della Rivoluzione americana poi. Si tratta di una tesi di fatto analoga a quella di Hegel e, poi, di Marx ed Engels, ma naturalmente con giudizio di valore rovesciato e, comunque, antagonistico nei confronti dell’ideologia dominante. Discorso analogo vale per la denuncia di Nietzsche delle tracce che la Rivoluzione francese avrebbe lasciato nell’idealismo tedesco. Da qui, in particolare, la denuncia di Nietzsche della morale kantiana dal carattere eversivo e plebeo.
Assurdo appare ormai al Nietzsche maturo di Genealogia della morale l’antisemitismo, ora denunciato come il “socialismo degli imbecilli”, ovvero come una forma di ressentiment dei falliti verso i riusciti. Nonostante Nietzsche sia un critico implacabile del giudaismo, lo considera comunque uno stadio meno avanzato della malattia rivoluzionaria rispetto al cristianesimo.
I nazional-liberali si richiamano a Lutero, alla resistenza anti-napoleonica e alla guerra franco-prussiana contro la latinità denunciata come corrotta e corruttrice, ma quanto superiori appaiono ora a Nietzsche i paesi la cui civiltà mantiene l’eco della cultura pagana e rinascimentale rispetto all’Impero guglielmino che rivendica la sua missione imperiale in nome della germanicità cristiana e protestante. Al punto che nel Nietzsche maturo la Germania assurge a emblema della più repellente modernità.
La nostalgia dell’otium sfocia da un lato nella rivendicazione da parte di Nietzsche della schiavitù, dall’altro nella denuncia della società capitalistica e della divisione del lavoro che penetra anche all’interno delle classi dominanti. Nietzsche critica altresì la penetrazione della divisione del lavoro in ambito culturale, con la conseguente perdita della percezione e del bisogno della totalità, con la riduzione dell’attività intellettuale a semplice artigianato e a produzione parcellizzata, condotta con spirito gregario e incapacità di esprimere un minimo di criticità.
L’inattualità di Nietzsche sta sia nella critica della modernità e nella liquidazione della democrazia, ma anche nella denuncia di quella società dello spettacolo che si va delineando e che fa uso della psicologia delle folle. Da qui anche la critica a Wagner e alla sua musica, denunciata come musica per le masse.
Con estrema lucidità Nietzsche sottolinea che l’abolizione della schiavitù, nell’epoca del colonialismo, è ipocrita dinanzi all’annientamento di stirpi extra-europee profondamente diverse, portata avanti mediante un sotterramento dei loro valori e della loro felicità, mediante un’operazione tesa alla distruzione preliminare dell’identità culturale dei popoli da soggiogare. D’altra parte la condanna da parte di Nietzsche delle contaminazioni orientali lungo tutti i due millenni di storia occidentale tende a ridicolizzare, come espressione di provincialismo di corto respiro, ogni forma di eurocentrismo.
La morale austera delle classi subalterne, che vivono in condizioni materiali di ristrettezza, carica di invidia e risentimento verso le classi dominanti, è denunciata da Nietzsche quale base dei movimenti plebei in rivolta, in una linea di continuità che va da Gesù a Lutero, da Rousseau ai socialisti, ignorando che Marx ed Engels sottopongono a dura critica la pretesa di dare all’ascetismo cristiano una vernice socialista.
9. Eterno ritorno, volontà di potenza e annientamento dei malriusciti
Nietzsche è spesso considerato il teorico o il profeta dell’individualismo post-moderno, un individualismo che avrebbe tagliato i ponti con la teologia e la filosofia della storia. Alla storia come continuo progresso Nietzsche contrappone l’eterno ritorno dell’identico, che frustra lo stesso sentimento della speranza negli oppressi. Nietzsche condanna inoltre ogni trascendenza, perché insozza l’al di qua e conduce inconsapevolmente al nichilismo. Nietzsche denuncia il nichilismo che caratterizzerebbe la tradizione cristiano-socialista e la morale della compassione che assolutizza l’individuo e, quindi, pretende di risparmiate tutti, anche i malriusciti. Riguardo a quest’ultimo tema, vi è il significativo influsso dell’eugenetica che si sviluppa in quel periodo a opera di Galton, cugino di Darwin, e che riscontra un forte successo negli USA, dove troverà vaste applicazioni.
10. Metafora e storia
Nietzsche è sì inattuale, ma non estraneo al proprio tempo. Losurdo critica chi pretende leggerlo in modo metaforico e innocente, in quanto Nietzsche ha un forte senso storico e politico. Paradossalmente interpreta la storia come Marx, in termini di lotta di classe, anche se le riduce al conflitto fra signori e schiavi.
Va allora interpretato come il profeta del terzo Reich come fa, a parere di Losurdo, Lukács. No, in quanto significherebbe astrarre dalla storia e non esaminare i rapporti e le cesure che intercorrono tra la cultura e l’ideologia dell’ottocento e quella del nazismo. D’altra parte non si può nemmeno contrapporre i motivi fascinosi di Nietzsche a quelli ripugnanti. La tragica grandezza del filosofo emerge solo se si riesce a guardarlo per ciò che veramente è: il più grande pensatore tra i reazionari e il più grande reazionario tra i pensatori.