Il maraviglioso nulla

La storia è nota: nel 1348 Firenze è colpita dall’epidemia di peste nera, dieci tra ragazze e ragazzi, per paura del contagio, decidono di fuggire dalla città e di rifugiarsi in una casa di campagna. Per dimenticare le brutte immagini di Firenze colpita dal morbo, per sottrarsi alla paura, al dolore, alla sofferenza decidono di raccontarsi delle storie ogni giorno, storie che spesso hanno come tema l’amore e il piacere, la burla e la superstizione. 


Il maraviglioso nulla

 

Nell’ultimo film dei fratelli Taviani Maraviglioso Boccaccio la carica rivoluzionaria del Decameron, per molti versi ancora attuale, sparisce in un’opera che si pone a metà strada fra un melenso spot del Mulino bianco e Gli occhi del cuore 2, parodiato dalla serie Boris. Verrebbe da dire "scherza con i fanti ma lascia stare i santi", dal momento che non solo il film sfigura un intramontabile classico della letteratura come Il Decameron, ma appare tanto più misero nel suo volersi misurare con Pasolini.

 

di Renato Caputo e Rosalinda Renda

Voto 2,5

La storia è nota: nel 1348 Firenze è colpita dall’epidemia di peste nera, dieci tra ragazze e ragazzi, per paura del contagio, decidono di fuggire dalla città e di rifugiarsi in una casa di campagna. Per dimenticare le brutte immagini di Firenze colpita dal morbo, per sottrarsi alla paura, al dolore, alla sofferenza decidono di raccontarsi delle storie ogni giorno, storie che spesso hanno come tema l’amore e il piacere, la burla e la superstizione. Così questa rivisitazione del Decameron da parte dei fratelli Taviani mantiene la cornice narrativa utilizzata da Boccaccio, pur raccontando (inevitabilmente) solo cinque delle cento novelle narrate dallo scrittore toscano.

Ciò che stupisce è come i fratelli Taviani continuino ad alternare film di indubbio valore come Un uomo da bruciare, realizzato con l’indimenticabile Valentino Orsini, o San Michele aveva un gallo, fino al più recente Cesare non deve morire a delle prove davvero penose come il reazionario Allonsanfan, Tu ridi o, appunto, quest’ultimo insostenibile film. 

La messa in scena è irrealistica e laccata, a cominciare dall’ambientazione, la Toscana, che in altri loro lavori quale Notte di San Lorenzo è raccontata in modo realistico, e che invece in questo film sembra così televisiva, così patinata da ricordare Gli occhi del cuore 2. Manca qualsiasi effetto di straniamento e al contempo risulta impossibile impersonarsi in dei personaggi messi in scena in modo imbarazzante dagli attori. Il film è assolutamente privo di qualsiasi prospettiva, non ha nulla di tipico, di realistico, né tantomeno di catartico, non lascia nulla da pensare agli spettatori se non che siamo di fronte a un’ennesima dimostrazione di come viviamo nell’epoca della putrefazione dell’arte. Ciò appare nel modo più evidente proprio nel raffronto con l’opera ancora così viva di Boccaccio, ancora capace di rappresentare al livello più alto lo spirito del proprio tempo.

Punto veramente dolente della pellicola è poi il pessimo lavoro dei registi sugli attori e la penosa recitazione. I registi scelgono per il gruppo dei giovani che fanno da cornice, dieci tra ragazze e ragazzi tutti giovanissimi, probabilmente appena usciti da un corso di recitazione, poco credibili e artefatti, tant’è che ci si chiede perché non eliminare questo noioso siparietto narrativo e dare più spazio alle novelle, partendo subito in media res come nello splendido, tanto più se paragonato al film dei Taviani, Il Decameron di Pier Paolo Pasolini. 

Anche gli attori protagonisti delle cinque storie sono piuttosto giovani, ma decisamente più noti al grande pubblico, forse per rendere il film più attraente per le giovani generazioni, ma il risultato è decisamente deludente. Riescono ad essere tutti inadeguati, da un Riccardo Scamarcio piuttosto ridicolo (non volontariamente) a una penosa Paola Cortellesi nelle vesti di madre Badessa (avrebbe dovuto far ridere). La peggiore performance è decisamente quella Carolina Crescentini, che pare rimasta inchiodata alla parte recitata nella serie Boris, qui negli improbabili panni di una monaca di Monza versione soap. Si salva Kim Rossi Stuart nei panni del buffo Calandrino (stavolta per davvero) e spicca la sola Jasmine Trinca, nell’ultimo episodio, forse l’unico sostenibile della penosa cinquina, anche se va del tutto perduto il significato di classe, rivoluzionario che aveva in Boccaccio.

Insomma, del maraviglioso Boccaccio rimane poco o niente, la lettura è estremamente superficiale e semplicistica, i temi non vengono scandagliati, fatti emergere, è assente lo spirito critico e manca del tutto lo sforzo di attualizzare l’opera se non abbassandola all’insulso livello delle attuali fiction televisive italiane, sfigurando inevitabilmente il carattere dirompente e sovversivo di Boccaccio. L’aspetto eretico e politico di Boccaccio, così presente nel film di Pasolini, non è qui neanche accennato, tant’è che un confronto tra i due film è francamente improponibile.

Meglio risparmiare i soldi del biglietto e ancora di più il tempo così breve della nostra esistenza e rimanere a casa a leggere un libro, il Decameron, perchè no? O a rivedere il dirompente film di Pasolini.

19/03/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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