Film e serie fruibili durante la chiusura dei cinema

Brevi recensioni con film e serie da vedere da casa o da evitare


Film e serie fruibili durante la chiusura dei cinema Credits: https://movieplayer.it/articoli/a-very-english-scandal-recensione-serie-hugh-grant_19864/

A very english Scandal di Stephen Frears, miniserie televisiva in tre puntate, BBC Gran Bretagna 2018, in Italia su Fox Crime, voto: 7,5; tratto da una storia vera, nel primo episodio assistiamo alla peripezie che un potente parlamentare liberale britannico deve fare per tenere nascoste, nella seconda metà degli anni sessanta, le sue relazioni omosessuali. In particolare quando, dopo aver circuito e reso suo amante un povero giovinetto con turbe psichiche, finisce con lo scaricarlo per un nuovo amante. Tuttavia il primo, lo denuncia alla polizia, che invia il dossier ai servizi segreti, che archiviano in cassaforte la pratica, in quanto in Gran Bretagna l’omosessualità è ancora punita dalla legge, ma l’inquisito è un membro della classe dirigente al servizio della classe dominante e, quindi, la denuncia contro di lui verrà usata solo se dovesse creare problemi all’ordine costituito. Quando poi l’ex amante lo ricatta, il parlamentare cerca di farlo intimorire e comprarne il silenzio attraverso un altro parlamentare liberale. Tuttavia il parlamentare protagonista viola l’accordo, non rilasciando al suo ex amante un certificato che, in quanto suo ex datore di lavoro, consentirebbe al giovane l’accesso a tutta una serie di servizi sociali per lui di decisiva importanza. Nel frattempo, un parlamentare etero porta avanti una campagna per depenalizzare l’omosessualità, in quanto troppi omosessuali dinanzi allo scandalo e alla condanna si tolgono la vita. Il nostro parlamentare liberale omosessuale la sostiene, senza convinzione, facendo presente al suo confidente che in caso lo scandalo della sua omosessualità venisse alla luce, sarebbe pronto al suicidio anche nel caso non fosse più punita dalla legge. Nel frattempo diviene segretario del partito liberale e in modo cinico, visto che i sondaggi lo favoriscono nel caso si sposasse – in quanto il cittadino medio non avrebbe troppa fiducia negli scapoli – trova una donna di cui potrà liberarsi facilmente raggiunto lo scopo. Nel frattempo il suo ex vive una vita piuttosto dissoluta e, a differenza degli altri, fa sfoggio della sua omosessualità. Infine, le sue nuove difficoltà economiche lo portano a telefonare al suo potente ex amante. Gli risponde la moglie, a cui fa presente l’importanza di avere il certificato dal suo ex “datore di lavoro” e quando lei insiste per comprendere i particolari, gli confessa la sua vecchia relazione. A questo punto il potente uomo politico liberale decide, in modo spaventosamente cinico, di farlo mettere a tacere per sempre.

La storia diviene sempre più assurda e surreale, ma si badi bene che si tratta di una storia realmente accaduta. Sebbene il dirigente liberale abbia raggiunto il culmine del suo potere politico, tanto da divenire arbitro per la formazione di un nuovo governo, continua a non voler risolvere nel modo più razionale la questione con il suo ex amante, dandogli l’attestato che gli spetterebbe, per essere stato al suo servizio, ma continua a progettare il suo assassinio, per paura che lo scandalo della sua omosessualità gli rovini la carriera. A tale scopo, incarica un altro suo amante omosessuale, il quale non volendogli dire di no, ma non avendo la forza di portare a termine il crimine lo subappalta. Nel frattempo il più fidato amico del protagonista, anche lui parlamentare liberale, è costretto ad abbandonare il paese per bancarotta fraudolenta. Così l’incaricato subappalta l’esecuzione del delitto a un suo conoscente, che a sua volta lo subappalta a un altro e così via, fino a che l’incarico passa al più folle e disperato che si risolve a portarlo a termine. Si sviluppano, così, vicende di una comicità nera surreale, che se non fossero tratte da una storia vera apparirebbero inverosimili.

Nella terza e ultima puntata arriviamo, infine, al processo, nel quale sebbene l’accusa porti una serie di importanti testimoni e la difesa nessuno, nemmeno lo stesso politico sotto accusa, il giudice in modo vergognosamente classista invita – pur andando ben al di là del proprio mandato – la giuria a condannare la vittima omosessuale e assolvere il potente mandante dell’omicidio. Del resto, è lo stesso metro di giudizio già adottato dalla polizia, quando la vittima aveva provato a sporgere denuncia contro il potente mandante del suo tentato omicidio. Il poliziotto non esita a picchiare ripetutamente la vittima, quando comprende che un povero pervertito come lui si permette di accusare un parlamentare ricco e potente. Interessante anche la motivazione che la vittima dà del suo aver intentato causa al ricco e potente mandante del suo tentato omicidio, facendo notare che personaggi del genere si sentono in diritto di abusare sessualmente di persone giovani e povere come lui, per poi scaricarli nel momento in cui trovano una nuova preda. Per altro la carriera del potente politico viene bruciata per le rivelazioni riguardo alla sua omosessualità, piuttosto che per essere il più che probabile mandante del tentato omicidio di una sua vittima. Quest’ultima, infine, non riuscirà mai ad avere dal suo seduttore, sfruttatore sessuale e mandante del suo tentato omicidio, il certificato a lui necessario per accedere alla previdenza nazionale, che pur gli sarebbe incontestabilmente spettato. Il che appare un esemplare caso di applicazione della giustizia classista borghese.

Il regno di Rodrigo Sorogoyen, Spagna 2018, voto: 6,5; coinvolgente film di denuncia sulla corruzione del mondo politico borghese nei suoi rapporti con gli impresari privati all’interno delle società capitaliste. Il film denuncia a ragione il cinismo e i fini privati con cui gli istituzionali borghesi gestiscono la cosa pubblica. Inoltre mostra la rozzezza e la bassezza degli imprenditori. Significativa, inoltre, la denuncia del mondo dei mezzi di comunicazione di massa, che finge di essere indipendente, ma è legato mani e piedi a questo sistema politico-industriale borghese corrotto fino al midollo. Tanto che nel momento in cui sarebbe possibile denunciare tutto il malcostume, anche la giornalista apparentemente controcorrente impedisce la divulgazione di una notizia che avrebbe messo in discussione la sopravvivenza dell’intero sistema di potere politico ed economico, per salvaguardare il quale ogni mezzo è utile, persino l’omicidio. Significativa anche la denuncia di come il sistema finisca per denunciare gli scandali che riguardano pesci relativamente piccoli, per far passare il mito della mela marcia da eliminare, per preservare la sanità di tutte le altre. Interessante è, inoltre, la denuncia di come molte delle ruberie siano legate alla losca gestione dei fondi dell’Unione europea. Egualmente significativo il fatto che la vicenda sia ambientata in Spagna, dove si è affermato il mito dei revisionisti di un governo capace di unire sinistra di governo e populisti progressisti. I limiti del film è che risultano del tutto assenti delle prospettive di superamento di tale aberrante situazione, sono egualmente assenti personaggi anche relativamente positivi e non hanno nessuna voce in capitolo le masse popolari, considerate al massimo come vittime sacrificali del malaffare del sistema.

Il mistero Henri Pick di Rémi Bezançon, Francia e Belgio 2019, voto: 6; godibile commedia francese, che denuncia come l’industria culturale condizioni anche i bisogni culturali del pubblico, ridotto a consumatore surdeterminato dalle esigenze del profitto. Questa, che è la tematica più significativa del film, resta piuttosto sullo sfondo, in quanto il regista – in modo opportunista – porta in primo piano i destini particolari dei protagonisti, con vicende godibili, ma di valore poco sostanziali. Così, a dominare su tutte le problematiche più o meno emerse e sollevate resta, romanticamente, l’amore.

Sauvage di Camille Vidal-Naquet, Francia 2018, voto: 4,5; film estremo di stampo naturalistico su un giovane omosessuale che si lascia completamente dominare da sensi, istinto e passioni, non avendo sviluppato la capacità di un loro controllo razionale. Questa totale schiavitù non può che fargli condurre una vita infernale, da cui non ha nemmeno l’interesse necessario per venirne fuori, essendo completamente prigioniero della tenebra del quotidiano e non avendo nessun spirito di utopia. Il regista, dopo avercelo rappresentato in modo veristico, evita di prendere posizione, rimanendo in qualche modo affascinato – in modo sostanzialmente reazionario – da questa vita umana completamente selvaggia. 

La belle époque di Nicolas Bedos, Francia 2019, voto: 4+; ennesima commediola francese senza arte né parte, del tutto priva di contenuti sostanziali. Si tratta di una mera merce dell’industria culturale, puramente culinaria che lascia davvero poco su cui riflettere allo spettatore. Per altro, la vicenda narrata è del tutto schiacciata sulla tenebra del quotidiano, da cui si pensa di uscire in modo sostanzialmente reazionario, con un ritorno indietro nel tempo, al momento “romantico” del colpo di fulmine. Mentre manca del tutto lo spirito di utopia. In questo genere di film di puro intrattenimento e di evasione dalla vita reale sono del tutto cancellate le dimensioni storiche, sociali e politiche. A proposito della presunta democrazia borghese, è interessante osservare come in praticamente tutti i film dell’industria culturale essa è inavvertitamente completamente negata, dal momento che nessun personaggio è impegnato sul piano politico e, quindi, nessuno partecipa attivamente alla vita politica. Anzi, la stragrande maggioranza non vi partecipa neanche passivamente. Ad esempio nel film si sogna un ritorno agli anni settanta, da cui viene però completamente espunto il conflitto sociale dal basso, che pure ha caratterizzato in misura significativa questi anni.

Gli uomini d'oro di Vincenzo Alfieri, Italia 2019, voto: 4+; film ispirato a una storia vera, muove da un problema sostanziale reale, ovvero il governo tecnico non eletto da nessuno di Dini che aumenta l’età pensionabile e getta nella disperazione i proletari, che già immaginavano di poter uscire dalla schiavitù del lavoro salariato e godersi la vita. Il problema è che, privi come sono di coscienza di classe, nel film anche i proletari ragionano o da sottoproletari o da piccolo borghesi e, quindi, tentato un colpo ai danni della spesa pubblica, per vivere da nababbi in Costarica, o nel regno animale dello spirito, ossia in armonia con la propria famiglia, avendo assicurato tutto il necessario, senza doversi rovinare la salute dovendo fare più di un lavoro per arrivare alla fine del mese. Così finiscono, con il loro individualismo, per eliminarsi a vicenda e non poter realizzare le loro piccole ed egoistiche ambizioni. D’altra parte, non essendo degli sfruttatori, si preoccupano di dividere il maltolto con le persone care con cui avevano convissuto. Purtroppo si tratta del tipico film italiano in cui domina la tenebra del quotidiano e i tentativi distopici di evasione della piccola borghesia e del sottoproletariato, senza nessuna prospettiva che consenta un superamento della crisi, di cui si offre una rappresentazione naturalistica e fenomenica.

The Lighthouse di Robert Eggers, Usa 2019, voto 3+; film intollerabilmente e gratuitamente pesante. Ci narra, con dovizia di particolari sovrabbondanti, una storia del tutto particolare e, sostanzialmente, inverosimile, priva di qualunque significativo elemento d’interesse. Spicca la fotografia, per la quale il film è stato candidato ai premi Oscar, ma l’innegabile talento dell’autore appare del tutto fine a se stesso e sostanzialmente sprecato in un film tanto incapace di provocare godimento estetico e di dar da riflettere allo spettatore, mediandogli dei contenuti sostanziali.

31/05/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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