La rivolta-svolta dei Giovani Comunisti

Un cambio di linea nei GC su Grecia, Europa e unità della sinistra?


La rivolta-svolta dei Giovani Comunisti

Domenica 6 novembre 2016 è una data da ricordare per l'organizzazione dei Giovani Comunisti/e, e più in generale per il PRC tutto. Nel giorno della vigilia del 99° ricordo della rivoluzione d'Ottobre infatti è avvenuto, per la prima volta nella storia di Rifondazione, un sorpasso da sinistra da parte della sua stessa giovanile, il cui Coordinamento Nazionale ha approvato una serie di ordini del giorno che mettono in radicale discussione la linea del segretario nazionale Paolo Ferrero.

Tra la decina di documenti approvati (che si trovano in formato integrale qui) si trovano infatti questioni politiche scottanti come una dura critica alla Syriza di Tsipras, sulla cui “esperienza riformista” si intende avviare “immediatamente una seria riflessione”. L'esito però appare già scritto nelle premesse del testo, dove si denunciano fatti recenti gravi come “la firma sul trattato CETA” e il voto greco “all’Onu contro una risoluzione per il disarmo nucleare unilaterale”, conclusione di un percorso declinante iniziato di fatto con il rifiuto di seguire le indicazioni popolari del famoso referendum consultivo del 2015. Non a caso nel finale i GC ammettono propri “errori di valutazione” sull'intera questione greca, oltre che la necessità di ragionare “su noi stessi” e “su quali prospettive politiche rivoluzionarie possa essere costruita un’alleanza dei popoli mediterranei”.

Un ragionamento che sembra però già in pieno corso a leggere gli altri documenti politici approvati, che presi nel loro insieme delineano una svolta a 180° rispetto alle consuete strade indicate dal PRC. Su tutto spicca il cambio di paradigma indicato sulle vicende europee: oltre a ribadire la quasi classica “valutazione politica strategica dell’Unione Europea come una sovrastruttura politica intimamente reazionaria, liberista e irriformabile, una dittatura del grande capitale”, la vera novità sta nel ritenere ormai “prioritario l’abbattimento dell’Unione Europea e della moneta unica europea”, schierandosi apertamente per “una campagna nazionale per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, dall’Euro e dalla NATO”. Tutt'altra cosa insomma dalla politica ufficiale del partito che ritiene di dover rompere i trattati europei attraverso la disobbedienza agli stessi, secondo una strategia mostratasi però fallimentare proprio nella vicenda greca.

L'ampio interesse per le questioni internazionali viene concretizzato nella volontà di ricostruire un apposito dipartimento Esteri della sola giovanile, il quale avrà come primo compito quello di procedere all'adesione al Comitato Nazionale Preparatorio del XIX Festival Mondiale della gioventù e degli studenti, importante appuntamento giovanile internazionale che riunisce rappresentanti della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica (WFDY), la quale negli ultimi anni aveva identificato come principale referente giovanile comunista italiano il Fronte della Gioventù Comunista. La possibilità che le due giovanili si trovino quindi a collaborare su questo appuntamento sarebbe quindi un ennesimo fatto in controtendenza, vista la consueta politica del PRC di guardare non tanto verso collaborazioni privilegiate con altre realtà antimperialiste e comuniste, quanto piuttosto verso la costruzione di “una sinistra antiliberista unitaria per sconfiggere i poteri forti e le destre”, come ha ribadito anche pochi giorni fa Paolo Ferrero in un comunicato di commento sull'elezione di Trump.

La critica della giovanile a tale impostazione si fa spietata e passa attraverso la volontà di “abbandonare la parola d’ordine dell’Unità della Sinistra, così come la conseguente associazione strategica con forze della “sinistra” borghese il cui intento di “umana” e solidale gestione del capitalismo è intimamente incompatibile con la nostra prospettiva strategica di abbattimento rivoluzionario del capitalismo, nonché con la necessità tattica di prendere le distanze da forze e personaggi compromessi con l’ordine vigente e (spesso non a torto) percepiti dalla nostra classe di riferimento come parte di una “casta” volta solo all’autoconservazione”. Si lancia invece la “parola d’ordine del fronte popolare per la transizione al socialismo”, nella consapevolezza che occorre costruire il “popolo, identificando nell’affermazione di un'egemonia culturale di tipo progressista, uno dei presupposti per combattere l’atomizzazione sociale, costruire identità politiche e creare il terreno per riattualizzare la lotta di classe negli anni dieci del ventunesimo secolo”.

Un compito certamente non facile che segue una serie di analisi ardite e radicali, che i Giovani Comunisti hanno approvato non senza una certa resistenza da parte di una larga fetta dell'organizzazione, ma che tenteranno di diffondere nei prossimi mesi sia nel PRC che nella Sinistra Europea, organizzazioni entrambe dirette verso i propri rispettivi congressi tra l'inverno e l'inizio della primavera dell'anno venturo.

19/11/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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