COMO. Abbiamo chiesto all’Avvocata Maria Ester Bonafé, dell’Osservatorio Giuridico per i Diritti dei Migranti di Como di spiegarci il valore del pronunciamento del Consiglio di Stato nel merito. E le conseguenze giurisprudenziali della sentenza in questione sul tema dei “senzatetto” nelle città.
Avv. Maria Ester Bonafé: Con l’ordinanza del Consiglio di Stato 13 luglio 2020, n. 4200, i Giudici di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso presentato per un uomo afghano senza fissa dimora e privo di mezzi di sostentamento, che ha fatto domanda di asilo in Italia ma per il quale la Prefettura di Como non ha inteso concedere la misura di accoglienza, trattandosi di cosiddetto “dublinante”, ovvero un soggetto che risultava aver già presentato domanda di asilo in Svezia.
Il caso era stato sottoposto all’attenzione dell’Osservatorio Giuridico per i Diritti dei Migranti nel giugno 2019, quando il richiedente era giunto nella città di Como. Il richiedente, rivoltosi al nostro “Sportello Giuridico”, proponeva domanda di asilo ed in disparte la sussistenza dei requisiti previsti dal Testo Unico Accoglienza (D.Lgs. n. 142/15), non veniva accolto presso i centri previsti per legge. A nulla era valso il tentativo iniziale di interloquire con la Prefettura, che a riguardo serbava un illegittimo silenzio. L’illegittimità del silenzio della Pubblica Amministrazione veniva, infatti, riconosciuta dal Tar Milano, che, dopo essere stato adito mediante ricorso giurisdizionale, nel dicembre 2019, con sentenza di condanna, ordinava alla Prefettura di emettere un provvedimento espresso riguardo all’istanza di accoglienza del richiedente.
A fine gennaio 2020, la Prefettura si pronunciava, negando però ancora una volta l’accoglienza al cittadino afgano. Sul principio che comunque il richiedente asilo deve trovare accoglienza nel Paese in cui si trova, avendo diritto a vedersi assicurata una vita dignitosa, ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. n. 142/2015, del reg. UE 604/2013 (Dublino III) e della sentenza della Corte di Giustizia dell’UE, 27 settembre 2012, Cimade, Gisti c. Ministre de l’Intérieur, de l’Outre-mer, des Collectivités et de l’Immigration, causa C-179/11, anche tale diniego veniva impugnato mediante un nuovo ricorso al Tar Milano, che questa volta inaspettatamente lo respingeva.
Il rigetto veniva così appellato al Consiglio di Stato, il quale, a questo punto, ha ribaltato l’ordinanza del TAR Milano e ha riconosciuto pienamente il diritto del richiedente asilo di essere accolto in modo dignitoso nel Paese ove si trova e, quindi, in Italia. In definitiva, l’ordinanza del Consiglio di Stato pone fine ad una non corretta interpretazione della normativa sull’accoglienza dei richiedenti asilo “dublinati”, che si trovano nel nostro Paese e che fino ad ora sono stati costretti a vivere per strada in attesa delle decisioni da parte delle autorità italiane.
Si attende ora che la Prefettura di Como si attivi per dare esecuzione all’importante decisione, anche nei confronti di altri richiedenti asilo presenti nel nostro Comune in attesa dell’esito della procedura di ricollocamento per l’applicazione del regolamento di Dublino: attesa che non può e non deve costringerli a vivere per strada ed in modo tutt’altro che dignitoso, in totale spregio alle norme nazionali ed europee sull’accoglienza dei rifugiati.
D. Avvocata Bonafé, qual è stato il percorso e l’esperienza dell’Osservatorio nato a Como nel 2016?
R. L'Osservatorio Giuridico per i Diritti dei Migranti nasce dall'impegno spontaneo di alcuni colleghi, avvocati e giuristi, che hanno operato quali volontari durante i mesi estivi del 2016, in occasione della “emergenza migranti” creatasi presso la stazione di Como. In tale contesto, è emersa la necessità di orientare i migranti sui diritti previsti dal complesso apparato normativo sulla protezione internazionale, con particolare attenzione al problema dei numerosi minori non accompagnati.
Si è compreso, altresì, che Como quale città di frontiera affronta il fenomeno migratorio non solo in chiave emergenziale, bensì strutturale, considerati sia i numeri dei richiedenti asilo già ospitati in città ed in provincia, sia l’elevato numero dei cosiddetti “transitanti”. L’Osservatorio è costituito come Associazione NO PROFIT, iscritta al Registro regionale del Volontariato a partire dal 28 marzo 2018. Le iniziative concrete intraprese dall’Osservatorio si sono presto sublimate nella creazione di un punto informativo in città, il c.d. Sportello giuridico, attivo ogni martedì e venerdì pomeriggio presso la circoscrizione n. 6 del Comune di Como (fino a fine agosto, a causa dell’emergenza Covid, lo Sportello si tiene presso l’oratorio di Sant’Orsola).
Lo “Sportello”, oltre che degli avvocati, vede il coinvolgimento di operatori professionali (psicologi, interpreti, mediatori culturali) e volontari impegnati ad orientare i migranti transitanti in città che intendono regolarizzare la propria presenza sul territorio, anche mediante assistenza nel lungo percorso di domanda di protezione internazionale. L’attività dello “Sportello”, in coordinamento con l'intervento delle numerose Associazioni di Volontariato attive sul territorio, si affianca al confronto pratico con le Istituzioni territoriali comasche (Questura, Prefettura, Comune, Tribunale, Aziende Ospedaliere).
Nell’ottica di accrescere le competenze in rete, l’Osservatorio ha promosso percorsi di formazione ai quali hanno partecipato operatori del terzo settore impegnati con i migranti. Con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Como, l’Osservatorio organizza corsi di formazione per avvocati aventi ad oggetto la condizione del rifugiato. Nel novembre scorso, si è svolta la prima edizione del Convegno dal titolo “Como Porta d’Europa” alla quale sono intervenuti esperti sul tema migrazioni di calibro nazionale ed internazionale.
D. Qual è il valore del volontariato “Professionale” in contesti come l’Osservatorio?
R. Il volontariato “professionale” aggiunge al valore del caring le competenze professionali. Di conseguenza, le persone sono poste al centro non come “clienti”, ma come compagni di strada da ascoltare, affiancare e sostenere. Nel caso delle professioni legali, l’obiettivo è quello di far incontrare il diritto ed i diritti.
D. Quali sono, oggi, le nuove emergenze sotto il profilo della tutela giuridica delle varie categorie di migranti, con riferimento a Como?
R. La difficoltà più grande attualmente è quella di far sì che gli utenti che si rivolgono all’Osservatorio abbiano un buon esito circa il loro percorso di protezione internazionale, vale a dire ottengano il riconoscimento del diritto di asilo, quantomeno sub specie della protezione umanitaria. Le ragioni di tale difficoltà sono legate a tre ordini di ragioni: innanzitutto, all’orientamento restrittivo del Tribunale di Milano, che è quello competente per i ricorsi avverso i dinieghi delle Commissioni Territoriali dove vengono auditi gli utenti dell’Osservatorio, circa la concessione della protezione internazionale. In secondo luogo, bisogna riconoscere che l’eliminazione, da parte del decreto Minniti, della possibilità di appellare in secondo grado i decreti negativi del Tribunale ha ristretto la possibilità di rivalutazione della situazione personale del richiedente, che, ricevuto il diniego in Tribunale, può solo ricorrere in Cassazione. Da ultimo, l’abolizione della protezione umanitaria da parte del decreto Salvini ha ristretto ulteriormente il range delle forme di protezione ed in particolare di valutare il percorso di inserimento sociale e lavorativo del richiedente che spesso, pur provenendo da un Paese dal quale sono meno presenti guerre e persecuzioni, merita di rimanere sul nostro territorio poiché da anni impegnato lavorativamente ed inserito in un contesto sociale e relazionale stabile.
Dunque, qualora al termine del lungo percorso di protezione internazionale al richiedente non venga riconosciuta alcuna forma di protezione, il margine di intervento sotto il piano della tutela dei diritti si riduce drasticamente. Quando ricorrono i presupposti, si propone una nuova domanda di asilo (c.d. reiterata), che tuttavia nella maggior parte dei casi viene respinta in prima istanza, non rivelandosi pertanto uno strumento efficace per dare all’utente una seconda possibilità. Nel frattempo, quest’ultimo è costretto ad uscire dal circuito ufficiale dell’accoglienza, si ritrova per strada e perde tutto quanto costruito in anni di permanenza regolare sul nostro territorio.