II lezione del corso di filosofia: dalla teoria delle idee ai miti platonici

Mercoledì 8 settembre dalle ore 18 alle 20,30, 2. Lezione del corso di filosofia: Controstoria della filosofia, tenuto dal prof. Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci. La lezione (che si terrà in videoconferenza per i membri dell’Unigramsci e in diretta facebook al link https://www.facebook.com/unigramsci/) affronterà, in un’ottica marxista, la teoria delle idee e i miti platonici.


II lezione del corso di filosofia: dalla teoria delle idee ai miti platonici

Mercoledì 8 settembre dalle ore 18 (puntuali) avrà luogo la Il lezione del corso di filosofia, tenuto dal prof. Renato Caputo, intitolato Controstoria della filosofia da un punto di vista marxista, secondo ciclo: dal comunismo utopistico di Platone al realismo immanentistico di Aristotele.

Dalla teoria delle idee ai miti platonici

Affinché vi sia scienza, debbono esserci per Platone oggetti stabili, dotati di un’essenza permanente come le idee. Questo è evidente nella geometria, nella quale i teoremi si applicano a delle figure geometriche ideali e non a quelle empiriche. Così la forma di conoscenza scientifica consente una perfetta conoscibilità, che corrisponde al grado di realtà dell’essere o alla perfetta esistenza propria delle idee. L’opinione ha come modo di conoscenza l’opinabilità e i suoi oggetti hanno come grado di realtà il divenire empirico. Infine, l’ignoranza ha come modo di conoscenza l’inconoscibilità e i suoi oggetti hanno come grado di realtà il non-essere, l’inesistenza. D’altra parte è dalla perfetta realtà delle idee che dipende la perfetta conoscenza propria della scienza, dall’esistenza mutevole instabile del divenire empirico derivano gli analoghi caratteri dell’opinione.

La teoria delle idee

Platone ricostruisce una gerarchia fra le diverse forme del sapere, in cui il sapere superiore dà garanzia assoluta di verità e mira a una scienza rigorosa anche del mondo etico-politico, sulla cui base fondare una rivoluzione scientifica della società. Lo strumento per compiere questo progetto è la teoria delle idee. Le idee occupano nella filosofia di Platone il livello che ha l’essere in Parmenide. D’altra parte sono un essere non più indifferenziato e incapace di sviluppo, ma pluralistico e ordinatamente articolato come ormai le scienze in cui è suddiviso il campo della pura teoria.

Il rapporto tra idee e cose

Le idee sono molte, mentre l’essere parmenideo è unico, le idee hanno un rapporto di partecipazione con il mondo sensibile (ad esempio le cose sono belle in quanto partecipano dell’idea di bello che è la causa per cui sono belle), di imitazione (mimesi) in quanto le cose sono la copia imperfetta delle idee – per cui le idee sono i loro modelli – e le idee sono presenti nelle cose. Le idee oltre a essere la causa delle cose sono anche i loro criteri di giudizio: comprendiamo che due enti sono uguali sulla base dell’idea di uguaglianza.

Dove e come esistono le idee

Le idee sono trascendenti, si trovano al di là del mondo sensibile. Sono modelli di classificazione delle cose, criteri mentali attraverso cui pensiamo gli oggetti. L’idea di numero, uguaglianza, cerchio, anche se esistono al di là dello spazio e del tempo, non vuol dire che si trovano nell’iperuranio, questo è evidentemente un mito.

Il superamento dell’eleatismo

Platone, pur riprendendo l’opposizione parmenidea fra verità/essere e opinione/apparenza, la sviluppa. Il piano della verità non è più immediato e indeterminato, ma è un insieme articolato di scienze, dalle matematiche al nuovo sapere etico-politico. Il mondo del divenire, dell’empirico, dell’opinabile se ha una realtà inferiore all’essere delle idee non è una mera parvenza o un non-essere come per Parmenide, ma ha un’esistenza intermedia fra le idee e il non-essere, come l’opinione è una forma di sapere intermedio fra scienza e ignoranza. Si pone ora la questione della mediazione per superare la scissione fra idee e cose, scienza e opinione. Tanto più che le questioni etico-politiche, al centro della riflessione platonica, si collocano proprio in tale spazio intermedio. Del resto l’efficacia scientifica ed etico-politica delle idee dipende dall’operare dei filosofi che le conoscono.

Idee, enti e valori: i problemi della teoria delle idee

Vi sono idee-valori, corrispondenti a principi etici ed estetici (bene, bello), idee-matematiche corrispondenti a principi matematici (grande, eguale, triangolo), a questa seconda categoria andrebbero aggiunte le idee relative agli oggetti di ogni scienza, ad esempio per la zoologia: l’idea di cavallo, quadrupede.

La subordinazione delle idee degli oggetti delle scienze alle idee-valore

Platone ritiene che la verità sia finalizzata alla giustizia e al bene, ma questo è possibile solo se le idee relative agli oggetti delle scienze sono subordinate alle idee-valore. Nella Repubblica la filosofia di Platone si organizzerà come dialettica proprio per costruire una teoria di tale subordinazione. Le idee hanno un ordine gerarchico-piramidale; al vertice è l’idea di Bene. Le cose partecipano delle idee e le idee partecipano dell’idea di Bene.

Gli oggetti empirici come imitazioni delle idee

L’uomo deve staccarsi dal mondo empirico per poter conoscere le idee, mediante l’intuizione intellettuale, per procedere alla deduzione razionale, per poi realizzarle nella prassi scientifica da una parte e politica dall’altra. Per quanto riguarda il rapporto fra le idee e gli oggetti empirici, Platone lo considera in analogia al rapporto fra modello e copia, ossia fra paradigma e casi di applicazione. Così un artigiano costruisce un letto perché ha l’idea di letto. Oppure, se definiamo bello qualcosa, lo facciamo in riferimento all’idea di bellezza. Ma come si fa a sostenere che una realtà naturale, come il cavallo, è una copia della propria idea?

La soluzione mitica: l’anima, la memoria, la morte, il demiurgo

Nei dialoghi Platone rappresenta le risposte, a questioni non ancora comprensibili teoricamente, con il ricorso al mito, come nel Fedone, nel Simposio, nella Repubblica e nel Timeo, in cui immagini e simboli anticipano i lenti e faticosi percorsi della teoria. I miti sono invenzioni di Platone, che utilizza in alcuni casi materiali orfici e pitagorici. Si tratta di allegorie che suggeriscono intuitivamente la soluzione di complesse situazioni teoriche.

La natura dell’anima

Al centro di diversi miti vi è l’anima, nel suo rapporto con il corpo immerso nel mondo del divenire. Platone eredita dalla tradizione pitagorica l’idea che l’anima sia un’essenza unitaria e che in essa risieda la dimensione del bene per l’individuo. Nel Fedone l’anima è vincolata al corpo come un prigioniero e per conseguire la virtù bisogna annullare i desideri che provengono dal corpo. Una simile posizione conduce a una concezione ascetica.

Platone opera una mossa sconvolgente dal punto di vista pitagorico: introduce le istanze della corporeità nel cuore dell’anima. L’anima è il motore delle nostre azioni, essa non può essere considerata come un’essenza unitaria, dal momento che è spesso portatrice di istanze opposte, come il conflitto fra un desiderio irrazionale e la valutazione realistica dei rischi che comporta.

Platone osserva che non tutti i desideri irrazionali sono riconducibili al corpo, ci sono anche quelli collegati al riconoscimento sociale, all’ambizione. Quindi l’anima è costituita da tre centri motivazionali: 1) desiderante, cioè rivolta ai desideri corporei (irrazionale); 2) impulsiva (irrazionale), rivolta al riconoscimento sociale: 3) razionale-calcolativa. L’istaurarsi di una condizione virtuosa è legata alla capacità dell’elemento razionale di imporsi sugli altri due.

Platone è consapevole che la ragione è costantemente soggetta alle pressioni dei desideri e rischia di soccombere. Tuttavia, può trovare un alleato nell’elemento irrazionale non desiderante che, se guidato dalla ragione, può tenere a freno le istanze della parte inferiore.

La differente natura dei due principi irrazionali (desiderante e impulsivo), in rapporto alla ragione emerge nel mito della biga alata, ossia il viaggio dell’anima verso l’iperuranio, la sua struttura tripartita e la sua caduta.

L’immortalità dell’anima: il Fedone

Per Platone la vita giusta è preferibile a quella ingiusta in quanto paga in termini di felicità individuale, e questa è una prospettiva laica: l’uomo giusto è felice in quanto la giustizia consiste nell’armonia e nella salute dell’anima. Ciò però non basta a garantire la vittoria della giustizia sull’ingiustizia. Occorre fare un passo ulteriore e chiarire che anche nell’aldilà il giusto riceverà premi meravigliosi mentre l’ingiusto è destinato a patire ogni sorta di castighi. Per sostenere ciò bisogna dimostrare che l’anima è immortale. Platone fa numerosi tentativi di dimostrare l’immortalità dell’anima, con l’obiettivo di indirizzare verso comportamenti virtuosi, più che convincere razionalmente.

L’anima e il destino

Inoltre, Platone utilizza il mito dell’immortalità dell’anima per chiarire il problema del destino. La sorte dell’individuo dipende dalla scelta fatta dalla sua anima nel mondo delle idee. Ogni anima sceglierà la vita che incarnerà, quindi la scelta del destino è libera, la divinità non vi prende parte; tuttavia per Platone anche se l’uomo sceglie il proprio destino è, comunque, condizionato da quel che nella vita precedente ha voluto essere.

Nel Fedone Platone prova l’immortalità dell’anima sostenendo che è affine alle idee. L’anima è eterna come la verità ideale che si presenta nell’intuizione intellettuale; il legame col corpo è destinato a rescindersi alla morte. L’anima liberata dal corpo potrebbe senza più limiti godere della visione pura e perfetta delle idee. Tuttavia, come mostra il mito del Fedro, la natura dell’anima è simile all’auriga che guida una biga trainata da due cavalli alati, uno bianco che si dirige verso l’iperuranio, sede dell’essere, della verità e uno oscuro che trascina verso il basso. Vi è, dunque, un elemento oscuro nell’anima stessa, che la spinge a ricongiungersi con il corpo. Se tale desiderio prevale l’anima è di nuovo presa nel ciclo delle nascite e delle morti.

La conoscenza come reminiscenza (anamnesi) e il legame con la teoria dell’anima

Tuttavia permane nell’anima, sebbene solo in potenza, la memoria della visione oltreterrena delle idee. È su questa reminiscenza che si fonda la filosofia nel nostro mondo. Così quando parliamo di giusto o di bello, ci riferiamo alle loro idee che altrove abbiamo contemplato. Tale mito indica la conoscenza a priori delle idee.

Dunque, per Platone la conoscenza è anamnesi, ricordo; Il sapere è in me, ma è occultato, sepolto, bisogna farlo riaffiorare. Questa teoria della conoscenza è legata alla teoria dell’anima: indagando la nostra anima e costringendola a guardare dentro di sé, con il logos e non fuori di sé attraverso i sensi, è possibile ritrovare in essa la forma (eidos), l’aspetto vero e dimenticato delle cose.

Ad esempio, nel dialogo Menone, uno schiavo digiuno di geometria, interrogato da Socrate, riesce a intuire il teorema di Pitagora perché Socrate gli ha fatto ricordare il sapere sepolto in lui. Una volta discesa nel nostro mondo, l’anima conserva il ricordo sopito di ciò che ha veduto, stimolata ricorda ciò che ha visto nell’iperuranio. Vi è quindi in Platone una sorta di innatismo, la conoscenza non deriva dall’esperienza.

L’Eros: il Simposio

Nel Simposio Platone mostra come l’uomo arrivi a distaccarsi dai valori terreni per dedicarsi ai valori ideali. Veicolo di questa conversione è l’amore, la maggiore delle passioni, l’unica che proviene dall’anima – dalla parte desiderante del cavallo nero – e non può essere rivolta a scopi terreni, ma ideali. L’anima giunge così a sublimare il desiderio in direzione del congiungimento conoscitivo con le idee e i valori da cui si fondano le azioni giuste e belle. Platone sviluppa la raffinata concezione erotica che vedeva nell’amore omosessuale, non legato alla vicenda corporea della riproduzione, uno strumento di libertà e perfezione estetica.

La ricerca di una mediazione

Platone muove dalla constatazione di scissioni apparentemente inconciliabili: tra l’essere (le idee) e il divenire (le cose sensibili), tra la ragione e la sensazione, tra la conoscenza e l’opinione, tra l’anima e il corpo. Questa constatazione è però percorsa dal tentativo di mediare questi estremi, di stabilire dei punti di incontro tra gli opposti.

L’essenza della filosofia platonica consiste nell’immane sforzo di far incontrare l’alto e il basso, l’intelligibile e il sensibile, di innalzarsi verso la verità e i valori per poi realizzarli quaggiù, di conoscere le idee e poi tradurle nella polis, costruendo un’imitazione della polis utopica, modello cui si deve orientare l’agire politico.

Questa funzione mediatrice Platone la assegna alla filosofia che trova l’espressione più straordinaria nella figura di Eros, solitamente considerato il dio dell’amore. Mentre per Platone in Eros si manifesta la natura stessa del filosofo, che consiste nel riconoscimento della propria mancanza e nel desiderio di colmarla. Il grande dialogo dedicato all’amore è il Simposio.

Che cos’è il simposio

Il simposio era un banchetto serale che riuniva amici in occasione di eventi importanti della polis. C’era una forte presenza di giovani in quanto era un’occasione per formare la classe dirigente.

03/09/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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