Tesina su Lenin

Un testo preparato in ambito universitario, funzionale ad introdurre in senso generale la figura di Lenin, il suo pensiero politico rivoluzionario e la prima tra le sue opere principali.


Tesina su Lenin

Lenin è stato un rivoluzionario russo, leader dei bolscevichi e principale figura della rivoluzione russa assieme a Trotsky, nonché fondamentale teorico nella storia del marxismo dello scorso secolo. Il suo pensiero politico, chiamato “leninismo”, è ritenuto così importante per lo sviluppo della teoria marxista da essere comparato in importanza a quello degli stessi Marx ed Engels (si parla infatti spesso non di marxismo ma di marxismo-leninismo).

La vita

Vladimir Il’ič Ul’janov nasce a Simbirsk, in Russia, da una famiglia di estrazione borghese. Fin dalla giovinezza si avvicina agli ambienti populisti della Narodnaja volja [1] e, successivamente, a quelli marxisti, scontrandosi con il regime zarista. Nel 1893, dopo aver conseguito una laurea in giurisprudenza, si trasferisce a San Pietroburgo, allora capitale dell’Impero russo. Qui Lenin, pseudonimo con il quale Vladimir Il’ič inizierà a farsi conoscere dal 1901, mostra la sua grande capacità politica, diventando una figura sempre più importante della socialdemocrazia [2] russa; all’inizio del 1894 conosce [3] Nadežda Krupskaja, una giovane maestra di idee rivoluzionarie attiva nei circoli socialdemocratici della capitale, con la quale fonda l’organizzazione “Unione di lotta per l’emancipazione della classe operaia”. Lenin si batte già da ora contro le tendenze della socialdemocrazia da lui ritenute errate [4]. Nel 1898, al confino, Lenin sposa Krupskaja; lo stesso anno viene fondato il Posdr [5], il partito per la cui costruzione i due si erano tanto impegnati. Da questo momento la vita di Lenin è un continuo muoversi tra le varie città europee, fuori dalla Russia; passerà il primo periodo all’estero tra Monaco, Ginevra e Londra. Proprio all’estero Lenin scrive il Che Fare? (1902), iniziato nel 1901, nel quale abbozza il progetto del lavoro da portare avanti e indica i compiti concreti da assolvere. Poco dopo si svolge, tra Bruxelles e Londra, il secondo congresso del Posdr, segnato dalla frattura nella maggioranza “iskrista” [6] del congresso in due correnti: i bolscevichi (maggioritari) ed i menscevichi (minoritari), i cui più influenti membri sono rispettivamente Lenin e Martov. Poco tempo dopo il congresso, gli effetti della sconfitta nella guerra russo-giapponese rendono insopportabili le condizioni di vita per i lavoratori russi, che insorgono. Inizia la “Rivoluzione del 1905”, sconfitta dopo due anni di lotte nonostante l’aiuto organizzativo dei rivoluzionari, tornati in patria. La lotta permette comunque la creazione della Duma [7], e viene costituito a Pietroburgo il primo soviet [8]. La sconfitta della rivoluzione acuisce la lotta interna tra le correnti della socialdemocrazia. Lenin passa questi anni tra la Finlandia, Ginevra, Parigi, Cracovia e Berna, approfondendo i suoi studi e lottando per portare avanti le sue posizioni nel partito. Tra le varie questioni approfondisce il ruolo dei contadini nella rivoluzione, studia la filosofia (specialmente hegeliana), l’economia (in particolare la categoria di imperialismo), la questione coloniale da un punto di vista marxista; legge anche tutti i libri di Marx ed Engels. In questo ampio periodo scrive testi fondamentali della storia del marxismo come Materialismo ed Empiriocriticismo (1909) oppure L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (1917), ed articoli come Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913). Durante la Prima guerra mondiale e di fronte al crollo della Seconda internazionale, i bolscevichi si battono per trasformare la guerra imperialista in una guerra civile che abbia come obiettivo la rivoluzione socialista; Lenin scrive Il socialismo e la guerra (1915). Nonostante gli sforzi dei bolscevichi il movimento rivoluzionario sembra sconfitto, fino a quando in Russia, l’8 marzo [9] 1917, una manifestazione femminista si trasforma in un moto insurrezionale: dopo poco la bandiera rossa sventola a San Pietroburgo. È la Rivoluzione di febbraio. Ancora una volta i rivoluzionari tornano, con difficoltà, in patria. Lenin viene accolto dal proletariato russo in una Pietrogrado [10] festante e subito riorganizza il partito per sviluppare la rivoluzione, fino ad allora di carattere politico-borghese, in senso socialista; scrive a tal proposito le Tesi di aprile (1917) [11]. Perseguitato dal governo provvisorio, è costretto di nuovo a scappare, stabilendosi nei paesi baltici; qui scrive Stato e rivoluzione (1918). La situazione in Russia intanto si sviluppa a favore dei bolscevichi, ed il 10 ottobre del 1917 il comitato centrale del partito stabilisce l’intenzione di prendere il potere. La rivoluzione si concretizzerà la notte tra il 24 e il 25 ottobre del 1917 con la presa del Palazzo d’Inverno, portando in pochi anni alla nascita dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Dopo la presa del potere Lenin si occupa di riorganizzare il movimento marxista dal punto di vista internazionale, fondando la Terza Internazionale e scrivendo importanti testi come L’estremismo, malattia infantile del comunismo (1920) o La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (1918). Lenin muore il 21 gennaio del 1924, dopo una lunga convalescenza, lasciando un grande vuoto nel movimento marxista internazionale e nel Pcus [12], dove si aprirà in poco tempo lo scontro sulla strada da intraprendere per portare avanti il processo rivoluzionario.

Il Che Fare?

Prima tra le opere più importanti del rivoluzionario russo, il Che Fare? è passato alla storia come un testo fondamentale nello sviluppo della teoria marxista, segnando il momento di nascita del bolscevismo. Nel testo, Lenin delinea la struttura ed i compiti del partito del proletariato, che si sarebbe dovuto costituire come un partito di quadri [13] composto da rivoluzionari di professione, trovandosi pertanto contrapposto a vari autori ed organi della socialdemocrazia russa, come il Raboceie Dielo e la Rabociaia Mysl. Per argomentare le sue posizioni Lenin cita i più significativi autori del marxismo, come Marx, Engels, Kautsky ed il russo Plekhanov. Esemplificativo di questa contrapposizione è il terzo capitolo, dove le concezioni plekhanoviane di agitazione e propaganda vengono chiamate in causa contro la revisione che ne aveva fatto Martynov [14], definita da Lenin una forma di “Verballhornung” [15]. Nel libro si sviluppa anche una critica a Bernstein [16], attaccandone il tentativo di operare una revisione del marxismo. La critica a Bernstein emerge già all’inizio del testo, dove si analizza la questione della cosiddetta “libertà di critica”, che gli oppositori di Lenin nel POSDR avevano elevato a bandiera di lotta interna. Lenin mostra come tale tentativo celasse in realtà dietro di sé la volontà di far passare anche in Russia le tesi revisioniste bernsteiniane e le conseguenti teorie “economiciste” [17]. Riprendendo poi il Credo [18] e svariati testi di Martynov ed altri, Lenin mostra, con una ricostruzione della storia del movimento operaio russo ed internazionale, come le tendenze di questi gruppi della socialdemocrazia russa siano concretamente opposte al movimento rivoluzionario. In questo testo, Lenin approfondisce anche la critica al populismo ed all’atteggiamento spontaneista, sottolineando, in risposta, la necessità della costruzione metodica e radicata del partito e della coscienza di classe nelle masse. Scrive Lenin, criticando ogni atteggiamento spontaneista: “Per contro, noi, socialdemocratici rivoluzionari, non siamo soddisfatti di questa sottomissione alla spontaneità, ossia a ciò che esiste «nel momento presente». Noi esigiamo la modificazione della tattica prevalsa in questi ultimi anni; dichiariamo che «prima di unirsi, e per unirsi, è necessario innanzitutto definirsi risolutamente e nettamente» (annunzio della pubblicazione dell’Iskra)” [19]. Sempre contro lo spontaneismo, Lenin mostra come, senza l’apporto teorico di un’organizzazione esterna ai lavoratori, questi rimangano alla lotta puramente economica-riformista (tradeunionista) senza arrivare sul terreno più avanzato della lotta propriamente politica (socialdemocratica). Scrive a tal proposito Lenin: “Abbiamo detto che gli operai non potevano ancora possedere una coscienza socialdemocratica. Essa poteva essere loro apportata soltanto dall’esterno. La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia colle sue sole forze è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista, cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria agli operai, ecc.” [20]. Oltre alle considerazioni fin qui espresse, per contribuire alla costruzione del partito, viene sottolineata anche la centralità di un giornale centrale per tutta la Russia, che funga da strumento teorico, di propaganda e di discussione unificante per le varie tendenze del movimento, e che sia di più facile organizzazione rispetto ai tanti giornali locali. Dice Lenin: “Il pubblico ideale per le denunce politiche è precisamente la classe operaia, che ha bisogno innanzitutto e soprattutto di cognizioni politiche vive e multiformi e che è la più atta a trasformare queste cognizioni in una lotta attiva, anche senza la prospettiva di «risultati tangibili». E la tribuna per queste denunce dinanzi a tutto il popolo non può essere che un giornale per tutta la Russia” [21]. Questo concetto viene ribadito e chiarito meglio più avanti, specificando le funzioni del giornale a partire dal creare un collegamento effettivo tra le città: “Per conto mio persisto nel sostenere che questo legame effettivo si può cominciare a crearlo solo per mezzo di un grande giornale comune, iniziativa unica e regolare per tutta la Russia, che farà il bilancio delle più diverse forme di attività ed inciterà quindi i militanti a procedere senza requie lungo tutte le molteplici strade, che conducono alla rivoluzione, come tutte le strade conducono a Roma” [22]. 

Il Che Fare? rimane, a prescindere dalle considerazioni sul suo autore, un’opera cruciale, testimonianza della complessa battaglia teorica in seno al movimento della socialdemocrazia russa che in 15 anni avrebbe portato a compimento la prima rivoluzione socialista della storia. Ed a capo di quella rivoluzione svettava la complessa figura di Lenin.

 

Note:

[1] La “Volontà del popolo”, un’organizzazione rivoluzionaria russa di ambiente populista.

[2] Al tempo si definivano socialdemocratici anche coloro che oggi chiameremmo comunisti, o marxisti.

[3] Scriverà Krupskaja, ricordando l’incontro del 1894: “Vladimir Il’ič venne a Pietroburgo nell’autunno del 1893, ma io non lo conobbi subito. […] Io vidi Vladimir Il’ič per la prima volta a carnevale.” - Krupskaja, N. K. (1989). Воспоминания о Ленине. Moskva: Politizdat (trad. it. La mia vita con Lenin, Red Star, Roma, 2019), pp.17-18.

[4] Le critiche che Lenin rivolgerà a varie tendenze della socialdemocrazia sono molteplici. Inizialmente critica, rispetto alla realtà russa, principalmente il populismo, il revisionismo e l’economicismo.

[5] Il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, di stampo marxista.

[6] L’Iskra era il giornale costituito poco prima da Lenin assieme ad altre importanti figure della socialdemocrazia russa come Plekhanov o Martov con l’obiettivo di omogeneizzare e dirigere il nascente Posdr.

[7] Assemblea rappresentativa russa, istituita nell’ultimo decennio dell’era zarista e in vigore, con alterne vicende, sino alla Rivoluzione d’ottobre (1917).

[8] In russo “consiglio”, si trattava di un’assemblea che aveva la finalità di operare una gestione del potere politico ed economico in una forma di democrazia diretta.

[9] Nel calendario russo (che useremo d’ora in poi per le date della rivoluzione) si tratta del 23 febbraio (da qui Rivoluzione di febbraio).

[10] Il nome della città viene cambiato dallo zar Nicola II per allontanarsi dagli echi tedeschi del nome precedente. Dopo la morte di Lenin la città cambierà nome in Leningrado.

[11] Documento pubblicato sulla Pravda, un giornale diretto da Stalin, dove si descrive il programma dei bolscevichi.

[12] Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

[13] Un partito composto da poche persone dedite alla rivoluzione (i rivoluzionari di professione appunto). Questa tesi si scontrerà con quella menscevica del partito di massa aperto ai simpatizzanti portando alla scissione del secondo congresso.

[14] Membro della componente economicista del POSDR, attivo specialmente nella Rabociaia Mysl.

[15] Si tratta di un termine tedesco per indicare una correzione di un qualcosa che di fatto ne è un peggioramento.

[16] Uno dei due principali esponenti della Seconda Internazionale assieme a Kautsky.

[17] L’economicismo era una corrente della socialdemocrazia russa che riteneva la lotta economica sindacale il fronte centrale di lotta da portare avanti, liquidando sostanzialmente, secondo Lenin, la prospettiva rivoluzionaria.

[18] Testo scritto dalla dirigente dell’Unione degli emigrati russi Ekaterina Kuskova.

[19] Lenin, V. I. (1902). Что делать?: Жгучие проблемы нашего движения. Stuttgart: J.H.W. Dietz Nachf (trad. it. Che fare?: Problemi scottanti del nostro movimento, Editori Riuniti, Roma, 1986), p.53

[20] Ivi, p.63

[21] Ivi, p.125

[22] Ivi, p.208

12/03/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Simone Rossi

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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