La tianxia (天下, tiānxià) o “tutto ciò che è sotto il cielo” è un concetto che, pur risalendo a quattromila anni fa, venne assunto come primaria categoria del pensiero cinese solo nel primo periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.). La tianxia è un concetto complesso, discusso e in continua evoluzione. Incarna una gamma di significati, che vanno dalla geografia (in cui delimita un territorio governato), alla moralità (in cui definisce la legittimità politica), alla soggettività (in cui rappresenta le aspirazioni delle persone), alla politica (in cui fornisce la visione di un sistema mondiale) e molto altro ancora. Proprio come la filosofia sudafricana di ubuntu (“umanità”) o il concetto latinoamericano di buen vivir (“vivere bene” o “vivere in armonia”), la tianxia si incentra sulla comprensione dell’interconnessione dell’intera vita e sul miglioramento della comunità mondiale nel suo insieme.
Qual è il significato di tianxia? Che cosa rende il concetto così duraturo nel corso dei millenni? E, cosa più importante, in quale misura potrebbe aiutare ad affrontare alcune delle più grandi sfide che la Cina e il mondo devono affrontare oggi?
Perché è emerso il concetto di tianxia?
Durante lo Zhou Orientale (771-256 AC), un tumultuoso periodo di continui conflitti interstatuali in Cina, tianxia aveva un significato territoriale; rappresentava un’area territoriale formata da diversi Paesi governati dal “Figlio del Cielo” (天子, tiānzǐ). Gli antichi cinesi non conoscevano con certezza le dimensioni della tianxia – il territorio dei vari Stati ammontava a meno della metà di quello odierno della Cina – ma non avevano dubbi di trovarsi al centro della civiltà. Antichi documenti che risalgono ai saggi monarchi della dinastia Shang (1600-1066 a.C.) suggeriscono che tianxia non si riferisse solo a un’area territoriale, ma fungesse anche da visione politica per un mondo ideale di armonia tra gli Stati.
Durante la dinastia Zhou (1066-256 AC), un periodo di grandi disordini e conflitti militari, la tianxia venne istituzionalizzata mediante la sua trasformazione da visione politica in sistema di governo. Questo sistema è definito da tre elementi: il primo è che il sistema tianxia deve garantire che per tutti gli Stati interessati parteciparvi si traduca in vantaggi superiori rispetto a quelli che avrebbero restando indipendenti. In secondo luogo, il sistema si basa sulla mutua dipendenza e reciprocità tra tutti gli Stati. Infine, il sistema di tianxia deve sviluppare un insieme di interessi, credenze e progetti comuni per garantire il suo carattere di condivisione universale.
Che cos'è il “mandato celeste”?
Sotto la tianxia, il potere politico deriva dal tianming (天命, tiānmìng), un “mandato celeste” o “invocazione di ordine celeste”. Questo mandato, tuttavia, non è né eterno, concesso da Dio, né si basa esclusivamente sulla potenza militare o economica. Durante l’antica dinastia Shang (1600-1066 a.C), si pensava che questo mandato provenisse dalla volontà del cielo, o "il Dio in cielo" o shangdi (上帝, shàngdì). Shangdi non era una divinità monoteista ed era legato agli spiriti degli antenati tribali. Dalla dinastia Zhou in poi, questo mandato celeste si incentrò sul popolo, in particolare sulle “aspirazioni condivise del popolo” o minxin (民心, mínxīn). Per rivendicare la legittimità politica, un governante deve essersi guadagnato il sostegno del popolo della tianxia. La perdita del minxin è una giustificazione per rivolte e rivoluzioni. L'ascesa e la caduta delle dinastie, facilitate vuoi da ribellioni contadine, vuoi da catastrofi naturali o ammutinamenti militari, sono segni della perdita del mandato celeste, e quindi della legittimità politica dei governanti.
Come differisce dai concetti occidentali di governance la tianxia?
Il sistema tianxia emerge da una storia che si distingue sensibilmente da altri antichi modelli di impero o statualità, come la repubblica greca o lo Stato-nazione europeo. Il sistema greco, ad esempio, incentrato sull’idea di polis, o città-Stato, è un sistema di politica nazionale in cui vi è una netta distinzione tra Stati, tra vita privata e sfera pubblica, e tra individuo e Stato. Al contrario, l’idea di tianxia non ha né un “dentro” né un “fuori”, ma definisce un’inclusività tenuta insieme dal dominio del Figlio del Cielo. Il quadro politico delle civiltà occidentali si basa su una struttura in cui l’individuo è il soggetto politico di base e lo Stato-nazione (spesso definito etnicamente) è la più grande unità politica sovrana. Invece, secondo la filosofia politica cinese, è la famiglia – non l'individuo – l’unità politica più piccola, mentre la tianxia, che trascende il livello dello Stato, è il livello più alto.
Nella concezione di tianxia, ogni individuo si relaziona e ha responsabilità nei confronti di una umanità più grande. Nella tradizione confuciana, l'individuo è messo in risalto principalmente nella preziosa pratica dell'apprendimento e dell'auto-coltivazione al servizio della famiglia, dello Stato e del mondo - una tradizione che è stata incorporata dai comunisti cinesi nella prassi di “critica e autocritica”. La tianxia non venne articolata esclusivamente nella tradizione confuciana, ma si estese ad altre scuole di pensiero cinesi. Ad esempio, Mozi (c.470-391 a.C.)(墨子, Mòzi), fondatore del Mohismo durante il periodo delle Cento Scuole di Pensiero (百家争鸣, bǎijiā zhēngmíng), è uno dei filosofi cinesi che ha scritto di più sulla tianxia, usando questa parola più di quattrocento volte nelle sue opere. Testi successivi di Mencio, Xunzi (荀子, xúnzi) e Han Fei (韩非子, hánfēizi) fecero riferimento all'ideale culturale comune di un territorio unificato con un unico sovrano.
Secondo Confucio, il sistema di tianxia è volontario e non coercitivo. Gli Stati al di fuori della tianxia possono partecipare al sistema se lo ritengono vantaggioso per loro, purché seguano volontariamente le strutture e gli standard del sistema tianxia, ovvero “forme e norme” (礼乐, lǐyuè, che letteralmente significa riti e musica). Confucio suggerì che per attrarre le persone che vivono al di fuori del sistema della tianxia si devono soddisfare i bisogni delle persone che ne fanno già parte.
Qual è il ruolo dell’unità multietnica nella tianxia?
Nel 221 a.C., la tianxia venne definitivamente unificata sotto la sovranità di Qin Shi Huang (o “il primo imperatore dell’impero Qin”) (秦始皇, qínshǐhuáng). La successiva dinastia Han (202 a.C.-220 d.C.), elaborò poi il modello di impero che divenne il prototipo del moderno Stato-nazione cinese, o il progenitore della Cina che conosciamo più di duemila anni dopo. Tuttavia, il concetto di tianxia era nato molto prima di quelle dinastie e non è mai stato inteso come un concetto etnico ristretto incentrato sul “popolo Han”. Oggi il popolo Han - una delle 56 etnie ufficiali della Cina – comprende il 92% della popolazione, ma questa identità è stata un’invenzione dei tempi, poiché le persone hanno iniziato a identificarsi con la dinastia Han “dell’età dell’oro”. Tianxia non è solo un concetto politico definito dai confini degli Stati, ma anche un concetto culturale definito da forme e norme. I gruppi etnici della periferia vengono accolti, ma non sono costretti a seguire quelle forme e norme o a diventare parte del sistema tianxia; essi portano anche innovazioni nel sistema. Questo processo dinamico è continuato per duemila anni e ha plasmato la società multietnica della Cina odierna.
In che modo la tianxia ci aiuta a comprendere la Cina moderna?
Questo concetto di tianxia aiuta a comprendere l’emergere della Cina moderna, che è stata in grado di mantenere una relativa integrità territoriale e resistere alla dissoluzione, nonostante diversità e differenze. Nella prima età moderna del XIX secolo, durante un periodo di continuo declino della dinastia Qing (1644-1911) causato da incursioni imperialiste, signori della guerra e declino economico, molti studiosi cercarono nuove idee per trasformare la società cinese. Il riformatore confuciano Kang Youwei (1858-1927), figura chiave della riforma dei cento giorni (百日维新, bǎirì wéixīn) del 1898, prese come riferimento i classici di Confucio. Scrisse il Libro della Grande Unità (大同书, dàtóng shū), pubblicato postumo nel 1935, in cui distingueva lo sviluppo del mondo in tre fasi: una fase “incivile”, una fase intermedia o xiaokang (小康, xiǎokāng), e lo stadio finale della grande unità (太平世, tàipíng shì). Secondo Kang Youwei, che sostenne la restaurazione della monarchia ma rifiutò il modello di stato-nazione occidentale, l’obiettivo più alto era l’abolizione degli Stati e delle disuguaglianze, con la creazione di un mondo comune a tutti (天下为公, tiānxià wèigōng).
Sun Yat-sen (1866-1925), padre fondatore della moderna nazione cinese, aiutò a rovesciare l’ultima dinastia imperiale dei Qing con la Rivoluzione Xinhai del 1911. Piuttosto che voltare completamente le spalle alla tradizione confuciana, egli, come già Kang Youwei, promosse la mobilitazione per fondare la Repubblica di Cina sotto la bandiera di “un mondo comune a tutti” (天下为公, tiānxià wèigōng) - una nuova interpretazione repubblicana del “principio celeste”. Invece di dissolvere le strutture e le idee delle dinastie imperiali, la transizione dall'impero ad uno stato moderno attinse, modificò e costruì sul passato – da principi confuciani come tianxia ad un governo burocratico centralizzato, e a sistemi di istruzione e di esami meritocratici.
Qual è il rapporto tra marxismo e tianxia?
Con il risveglio della coscienza nazionale, stimolato particolarmente dal movimento antimperialista e antifeudale del 4 maggio del 1919, le idee marxiste fiorirono e ispirarono la formazione del Partito Comunista della Cina e dei movimenti ed organizzazioni di massa associati. Durante la guerra di resistenza contro l'aggressione giapponese, Mao aveva già capito che per mettere radici in Cina il marxismo-leninismo doveva assumere un carattere cinese. In I compiti del partito comunista cinese nel periodo della resistenza al Giappone, (1938), egli scrisse: “La nostra storia nazionale risale a diverse migliaia di anni e ha caratteristiche proprie e innumerevoli tesori. Ma in queste cose noi siamo semplici scolaretti. La Cina contemporanea è cresciuta dalla Cina del passato; siamo marxisti nel nostro approccio storico e non dobbiamo amputare la nostra storia. Dovremmo riassumere la nostra storia da Confucio a Sun Yat-sen e raccogliere questa preziosa eredità” (pubblicato nel 1965). A partire dalla visione di Sun Yat-sen di “Cinque Razze, una Repubblica” – Han, Manciù, Mongoli, Hui, Tibetani – fino all’appello di Mao Zedong per una grande unificazione dei popoli di tutte le etnie nella costituzione della Repubblica Popolare Cinese, si può vedere una chiara connessione con la lunga tradizione di costruzione dello stato basata sull'unità e il governo di tutti sotto il cielo.
Mao Zedong ha anche sottolineato che tutti gli imperi della storia hanno attraversato il ciclo di acquisizione e perdita di tianxia, che ha portato alla loro fine. Per interrompere questo ciclo storico, il PCC dovrebbe agire sotto la guida del marxismo. Nel 1945 Mao sottolineò che “il partito al governo dovrebbe accettare la supervisione del popolo”. Settantasette anni dopo, Xi Jinping ha affermato che il partito al governo dovrebbe costantemente rivoluzionarsi per evitare questo ciclo storico. Secondo Marx, una delle cose fondamentali che distingue la rivoluzione proletaria dalle altre rivoluzioni è il processo di autocritica, con il quale essa si rafforza continuamente. Innovando la teoria di Marx e combinandola con la storia della Cina, il PCC e i suoi leader hanno dato un nuovo significato all’espressione "detenzione della tianxia".
Qual è la rilevanza di tianxia oggi?
Alla fine del 2020, con l’eliminazione della povertà estrema, la Cina è entrata nel periodo dello xiaokang – ovvero di una società moderatamente prospera – uno dei due obiettivi del centenario fissati dal Partito Comunista Cinese. Non è un caso che sia stato scelto il termine confuciano di xiaokang, ovvero l”età della crescente pace. La visione attuale delineata dal governo per la sua politica interna è quella di “prosperità comune” (共同富裕, gòngtóng fùyù), quella per il mondo è di “una comunità con un futuro condiviso per l’umanità” (人类命运共同体, rénlèi mìngyùn gòngtóngtǐ). Entrambe le visioni hanno forti nessi con lo spirito incarnato dalla visione confuciana – e comunista – di un mondo in grande unità (天下大同, tiānxià dàtóng). Entrambe le visioni politiche puntano verso un mondo più giusto in cui la ricchezza della tianxia sia condivisa più equamente tra i suoi abitanti, tra Nord e Sud, fra Paesi sviluppati e sottosviluppati, fra ricchi e poveri.
Traduzione dall’inglese di Stefania Fusero