Il tentativo di formare un governo di coalizione tra socialisti, comunisti, sinistra radicale e verdi, già reso difficile dalle differenze di posizioni in particolare rispetto all’Euro e all’UE, è fortemente ostacolato dal presidente della Repubblica, Cavaco Silva, che sta usando l’arma delle consultazioni per allungare i tempi e giocare sul fatto che le elezioni presidenziali, programmate a febbraio 2016, non rendono possibile l’eventuale ricorso a elezioni politiche anticipate.
di Paolo Rizzi
In Portogallo si è aperta la possibilità di un governo guidato dal Partito Socialista (PS) e sostenuto dalla sinistra radicale e dai comunisti. I fatti sono noti: il tentativo del Presidente della Repubblica Cavaco Silva di imporre un governo di minoranza guidato dalla destra è, per ora, fallito. Un’alleanza tra PS, Blocco di Sinistra (BE), Partito Comunista Portoghese (PCP) e Verdi ha sfiduciato il governo. Nel frattempo è stato raggiunto un accordo minimo di programma tra i socialisti e la sinistra comunista e radicale.
Il Presidente Cavaco Silva però non è intenzionato a permettere la formazione di un governo sostenuto da partiti critici dell’Unione Europea e della NATO. Mentre scrivo è già passata una settimana dalla sfiducia al governo di destra, il Presidente non ha ancora affidato un nuovo incarico di governo e c’è ancora la possibilità che tenti di imporre un governo tecnico che porti il paese fino ad elezioni parlamentari anticipate che, però, dovrebbero tenersi necessariamente dopo le elezioni presidenziali di febbraio 2016.
I comunisti e la sinistra in Portogallo
Le due anime della sinistra radicale in Portogallo sono molto diverse tra di loro.
Il Partito Comunista Portoghese (fondato nel 1921, da decenni alleato al piccolo partito dei Verdi) è un partito di tradizione marxista-leninista, con una struttura pesante di 60mila iscritti e un radicamento forte nei luoghi di lavoro tanto che il segretario della CGTP (la più grande confederazione sindacale del paese), Arménio Carlos, è membro del Partito.
A livello internazionale il PCP è sempre stato contrario al processo d’integrazione europea e anche per questo non ha mai partecipato in nessuna forma al Partito della Sinistra Europea. Al Parlamento Europeo i suoi deputati siedono nel gruppo confederale della sinistra GUE/NGL.
Il Blocco di Sinistra è stato fondato nel 1999 dall’unione di vari gruppi con diverse provenienze ideologiche: trotzkisti, post-maoisti ed eurocomunisti fuoriusciti dal PCP. La formazione di sinistra radicale ha una struttura leggera, circa seimila iscritti, e una presenza sporadica nel sindacato. A livello internazionale aderisce al Partito della Sinistra Europea. Come altre forze d’impostazione eurocomunista il Blocco di Sinistra ha mantenuto una posizione di opposizione alle politiche europee ma non all’Unione Europea in sé. Negli ultimi anni il BE ha subito delle scissioni sia di correnti trotzkiste sia di correnti genericamente “di sinistra” che miravano a operazioni populiste in stile Podemos. In questo processo, il BE ha radicalizzato la sua polemica contro l’Unione Monetaria Europea, pur non arrivando a chiederne la rottura come fa invece il PCP.
Le differenze tra le due forze della sinistra si fanno sentire anche sul piano dei risultati elettorali. Mentre il PCP e i Verdi da dieci anni sono stabili attorno all’8% dei voti, la consistenza elettorale del Blocco varia costantemente, passando dal 9,8% del 2009 al 5,2% del 2011 per arrivare poi al 10,2% delle ultime elezioni di ottobre scorso.
L’accordo sul possibile governo di sinistra
I rapporti tra i comunisti e il Blocco non sono quindi facili, permangono grosse differenze nell’impostazione ideologica e nel tipo di lavoro politico svolto. Ancora più grandi sono ovviamente le differenze con i socialisti che, fino a poco più di un anno fa, sono stati sostenitori dell’austerità.
Nonostante questo, una serie di fattori hanno portato alla convergenza su un possibile governo guidato dai socialisti. Senza avere la pretesa di essere esaustivi: l’indebolimento della corrente più liberista dei socialisti, l’ottimo risultato elettorale delle sinistre, l’ostilità totale del Presidente Cavaco Silva, le mobilitazioni di piazza contro il governo di destra e, non ultima, l’imminenza delle elezioni presidenziali. Proprio a causa delle presidenziali che si svolgeranno a febbraio, non è possibile in questo momento tornare a elezioni anticipate.
L’accordo di governo è in realtà formato da due accordi separati: tra socialisti e Blocco e tra socialisti e PCP. Nonostante questo, ci sono delle basi comuni ai due accordi:
- L’aumento dello stipendio minimo e sblocco delle pensioni;
- Il ripristino degli stipendi del settore pubblico e il riavvio della contrattazione collettiva;
- Il rifiuto del progetto di legge per diminuire le tasse alle imprese e aumentarle ai lavoratori;
- Il ritiro da parte dei socialisti della proposta di riforma elettorale sul modello maggioritario uninominale.
In particolare, il PCP ha voluto marcare la propria azione politica cominciando a presentare propri progetti di legge sui punti stabiliti nell’accordo tra socialisti e comunisti:
- Ri-nazionalizzazione dei trasporti pubblici;
- Riduzione dell’orario di lavoro nel settore pubblico a 35 ore settimanali;
- Revoca delle limitazioni imposte alla legge sull’aborto;
- Ripristino delle pensioni del settore pubblico;
- Ripristino di quattro giornate festive nazionali.
I tempi per il possibile governo
Come già accennato all’inizio dell’articolo, il Presidente della Repubblica sta dilatando i tempi per la formazione del nuovo governo. Il governo di destra è stato sfiduciato il 10 novembre, Cavaco Silva ha quindi avviato una lunghissima fase di consultazioni. Talmente lunga che il PCP accusa il Presidente di voler sovvertire la Costituzione, di non riconoscere il risultato delle elezioni democratiche e di essere al servizio dell’integrazione capitalista europea.
La fase delle nuove consultazioni ha incluso un notevole strappo al rituale: prima di consultare i partiti, Cavaco Silva ha deciso di consultare i manager delle più grandi banche del paese e alcuni economisti di stampo liberista per discutere la situazione economica e le sue prospettive. Mentre scrivo, deve ancora tenersi la consultazione con i partiti, il Presidente Silva potrebbe decidere di allungare ancora i tempi aggiungendo ulteriori consultazioni. All’ipotesi dei tempi lunghi pare credere anche il sindacato CGTP che ha convocato per il 24 novembre una manifestazione per chiedere che si dia finalmente il via al governo di sinistra.
Qualunque sia la scelta finale di Silva, il suo intento minaccioso è chiaro: contro un governo a guida socialista, che tenesse fede ai patti conclusi col Blocco e col PCP, si scatenerebbero le forze economiche e i poteri europei in maniera simile a quanto successo col primo governo Tsipras in Grecia. I tempi lunghi non servono solo a snervare le sinistre, il Portogallo in questo momento è ancora senza una legge finanziaria e l’obiettivo di Silva potrebbe essere quello di portare il paese in una situazione di crisi tale da poter imporre un governo tecnocratico con il compito di applicare una finanziaria lacrime e sangue prima di poter tornare a nuove elezioni.