L’India avrà un seggio nel Consiglio di Sicurezza delle UN?

Anche l’India emerge nello scenario internazionale e chiede di sedersi nel Consiglio di sicurezza delle UN.


L’India avrà un seggio nel Consiglio di Sicurezza delle UN? Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Children_eating_kheer_and_puri,_Chambal,_India.jpg

Nei prossimi giorni assisteremo a una nuova significativa iniziativa: l’India organizzerà un vertice virtuale tra il 12 e il 13 gennaio, quando questo articolo sarà già pubblicato, ma credo sia utile fare qualche anticipazione su questo evento. Esso si chiamerà Vertice della Voce del Sud globale e si riunirà sotto lo slogan “Unità della Voce, Unità di propositi”, dato che ormai le trasformazioni economico-sociali degli ultimi tempi ci hanno fatto abbandonare espressioni quali Terzo Mondo. In questa occasione si riuniranno più di 120 paesi per elaborare una piattaforma condivisa, che renderà certamente più complessa la strategia per il futuro.

Questa iniziativa innovativa si ispira alla visione politica del primo ministro dell’India Shri Narendra Modi de Sabka Saath, noto per le sue politiche neoliberiste e antipopolari, e alla filosofia de Vasudhaiva Kutumbakam, basata su un panteismo mistico, che auspica il superamento delle fratture regionali (come?) per farci tutti sentire parte della familia umana, magari seguitando a comprare armi a destra e a sinistra come fa proprio il subcontinente indiano in bilico tra Usa e Cina.

Modi vuole coinvolgere nella sua strategia, che poi ha un obiettivo immediato, tutti questi paesi che non fanno parte del G20 e che non hanno modo di far conoscere le loro esigenze. All’inaugurazione e alla chiusura dell’importante vertice parteciperanno i capi di Stato o di governo dei paesi invitati; le sedute saranno presiedute dallo stesso Modi e dedicate al tema dello sviluppo centrato sullo sviluppo dell’essere umano, magari inteso in salsa orientale. Le altre sessioni si svilupperanno più o meno lungo la stessa linea. 

Come ci comunica da Mosca l’informatissimo Andrew Korybko, questo vertice garantirà all’India l’appoggio dei paesi del Sud del mondo all’agognato conseguimento di un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle UN, a cui un tempo aspirava la Germania, ridimensionata dalla guerra in Ucraina e dal palesarsi del futuro nuovo ordine mondiale. Molto probabilmente otterrà anche l’appoggio del cosiddetto Golden Billion alla conclusione della presidenza indiana del G20.

Le ragioni di questa perentoria e ben preparata richiesta sono già state illustrate da ministro degli Affari Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar, che ha sottolineato quanto ormai sia obsoleto il sistema delle UN, nato sulle ceneri della Seconda guerra mondiale. Inoltre, la politica espansiva e colonialista dell’Europa (degli Usa?) non ne fa un buon arbitro nella politica internazionale, mentre l’India, con il suo passato anticolonialista, sarebbe una società aperta e adeguata a rivestire questo importante ruolo in un panorama mondiale, i cui equilibri stanno cambiando.

L’incontro dei prossimi giorni mette in evidenza che la maggioranza dei paesi del mondo aspira a uno sviluppo reciprocamente vantaggioso e rifiuta la pericolosa competizione geopolitica in atto. Il raggiungimento di questo straordinario obiettivo, che tuttavia richiederebbe radicali cambiamenti strutturali, per ora impensabili, così dicono, può essere solo garantito dall’India, paese pacifico e neutrale, portavoce degli inascoltati. Cina e Russia, che d’altra parte hanno già un seggio, anche se gli Usa lo vorrebbero togliere alla seconda, non possono certo esser considerati neutrali, per i conflitti in cui sono coinvolte.

Inoltre. diciamo chiaramente, l’India ha buoni rapporti anche militari con i paesi imperialisti e sembra optare per riforme graduali in accordo stretto con i primi. Pertanto, essa ha ottenuto la simpatia dei paesi più poveri che vorrebbero imitare la sua strategia bilaterale, senza inimicarsi il Golden Billion.

Ma c’ è un grande però rappresentato dalla Cina che ha con il suo grande vicino ricorrenti dispute territoriali, anche se i dirigenti di Pechino hanno recentemente dichiarato di voler dar avvio a un Secolo asiatico insieme all’India.

Astutamente l’India si sta preparando perché l’assemblea generale delle UN approvi a breve con una straordinaria maggioranza una risoluzione generale con la quale venga richiesto un seggio permanente per questo grande paese. Di fronte a ciò, la Cina che si dichiara per un nuovo ordine internazionale veramente democratico e paritario, sarà messa alle strette e non potrà opporre il potere di veto, mettendo a rischio la sua popolarità nel Sud globale. 

Quello che Korybko non ci dice che un seggio all’India significa attribuire un ruolo internazionale importante a un paese in cui le differenze di casta sono ancora rilevanti, molti settori pubblici sono stati privatizzati, le spese per sanità e istruzione sono irrisorie, le attività sindacali limitate, gli orari di lavoro aumentati.

Concludendo, la nuova mediatrice tra Occidente e Oriente, che dovrebbe avanzare le rivendicazioni dei più poveri, per le sue ambigue complicità internazionali, è abitata dal 16,4 % di poveri, dal 4,2% di poveri estremi, dal 18,7 % da individui a rischio di povertà. Inoltre, 374 milioni di cittadini indiani sono mal nutriti, non godono della sanità, di una civile abitazione, di combustibile, 445 milioni mancano di acqua potabile e elettricità. Tra gli Stati indiani Goa è il più povero seguito da Jammu, Kashmir, Andhra Pradesh, Chhattisgarh e Rajasthan.

In definitiva, occultando il vero volto del suo regime, sorto da antiche forme sanguinose di dispotismo orientale, l’India divenuta ormai la quinta potenza mondiale, al posto della sua esangue metropoli, sta cercando di sistemarsi comodamente tra i grandi. Che ne verrà ai lavoratori del mondo? Difficile saperlo. 

13/01/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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