Negli ultimi anni la scena politica greca ha assistito a una profonda polarizzazione. Da un lato, un governo di destra guidato da Kyriakos Mītsotakīs e dal partito Néa Dimokratía (ND), che ha portato avanti una linea di politica economica e sociale fortemente contraria agli interessi delle classi più deboli, e, dall’altro, forze politiche storicamente impegnate nella difesa degli interessi popolari. Tra queste spicca il Partito Comunista di Grecia (Kommounistikó Kómma Elládas, KKE), il quale, con una posizione coerente e intransigente, critica aspramente le politiche governative e le alleanze internazionali che, a suo avviso, rinforzano il sistema capitalistico globale a discapito del benessere dei cittadini. In questo contesto, l’elezione di Konstantinos Tasoulas, a sua volta membro di ND, alla Presidenza della Repubblica ha rappresentato un ulteriore tassello simbolico nel complesso panorama politico greco.
A tal proposito, l’intervista condotta da Ertnews al segretario generale del KKE, Dīmītrios Koutsoumpas, offre numerosi spunti per comprendere la visione dei comunisti greci sia in tema di politica interna sia di politica estera.
Partendo dalle questioni di politica estera, bisogna tener conto del fatto che la Grecia, situata al crocevia di tre continenti, ha sempre dovuto confrontarsi con dinamiche geopolitiche complesse. Per queste ragioni, la politica interna greca risulta essere strettamente interconnessa a quella internazionale. Muovendo da tali presupposti, il KKE sottolinea come l’attuale scenario internazionale si stia delineando in due grandi blocchi contrapposti: da una parte l’alleanza euro-atlantica, guidata da Stati Uniti ed Europa, e dall’altra un blocco euroasiatico comprendente, tra gli altri, Russia e Cina. Questa divisione, secondo il Partito Comunista, crea un clima di competizione globale in cui le politiche interne dei singoli stati – in particolare quelle adottate dalla Grecia – vengono profondamente influenzate da interessi e pressioni esterne. Tale dinamica, sebbene non inedita, è oggi particolarmente accentuata dall’elezione di figure politiche che rappresentano il “vecchio sistema” e che, peraltro, tendono a rafforzare le alleanze con le potenze occidentali.
Dal punto di vista interno, Kyriakos Mītsotakīs e il suo governo, appartenenti a una destra riformista e pro-occidentale, hanno puntato su una serie di misure economiche e sociali che, secondo il KKE, hanno messo in secondo piano gli interessi dei lavoratori e dei ceti meno abbienti. Per i comunisti greci, infatti, il governo di Mītsotakīs si configura come espressione di un sistema che perpetua la logica del profitto a scapito del benessere collettivo. Tra queste misure, Koutsoumpas ha ricordato in particolare:
- Misure di austerità e tagli ai servizi pubblici: il governo ha implementato politiche di austerità che hanno inciso negativamente sulla sanità, sull’istruzione e sui servizi sociali, aggravando la condizione di chi già vive in difficoltà economiche.
- Riforme in favore degli investimenti stranieri: l’apertura del mercato agli investimenti esteri e la partecipazione ad accordi internazionali sono viste dal KKE come una rinuncia alla sovranità economica nazionale, che si traduce in una maggiore dipendenza da centri decisionali lontani dalla realtà quotidiana del popolo greco.
- Accordi in ambito militare e di sicurezza: particolare attenzione viene posta anche agli accordi con paesi come gli Stati Uniti, che portano la Grecia a sostenere spese militari ingenti, a discapito di investimenti in settori fondamentali quali la salute e l’istruzione.
Un aspetto centrale delle critiche mosse dal KKE riguarda l’adesione della Grecia agli accordi dell’Unione Europea e della NATO. Il Partito Comunista sottolinea infatti come queste alleanze, pur presentandosi ufficialmente come baluardi della sicurezza e del progresso, nascondano interessi che favoriscono la concentrazione del potere e del capitale nelle mani di pochi. In particolare, il KKE rimprovera la gestione delle relazioni con gli Stati Uniti e l’Europa da parte del governo in carica, sottolineando come tali alleanze abbiano condotto la Grecia a sostenere politiche estere aggressive e, soprattutto, a finanziare interventi militari che non trovano giustificazione in termini di reale sicurezza nazionale.
Questa critica si inserisce in un discorso più ampio in cui il partito evidenzia come il modello euro-atlantico sia destinato a rimanere reattivo e incapace di rappresentare i veri interessi dei lavoratori e dei popoli. Al contrario, afferma Koutsoumpas, la politica estera della Grecia dovrebbe essere orientata a tutelare la sovranità nazionale e a promuovere un modello di sviluppo basato su valori sociali e di giustizia, piuttosto che su accordi che rafforzano le gerarchie internazionali consolidate.
L’intervista di Koutsoumpas a Ertnews ha avuto luogo poco dopo l’elezione di Konstantinos Tasoulas alla Presidenza della Repubblica da parte del parlamento ateniese. A tal proposito, il leader del KKE ha sottolineato che indipendentemente dalla persona che ricopre tale carica, il Presidente è destinato a convalidare politiche che, nella maggior parte dei casi, risultano fortemente antipopolari, in quanto orientate a favorire gli interessi delle élite economiche e finanziarie.
Nel corso dell’intervista, Koutsoumpas ha ribadito che il KKE non si pronuncia in merito alla personalità del candidato, ma critica il ruolo istituzionale che esso è chiamato a svolgere. In pratica, il Partito Comunista sostiene che il potere istituzionale, strutturato nel modo attuale, non permette di realizzare cambiamenti sostanziali per il benessere del popolo. Questa posizione si traduce in una critica alla natura “cerimoniale” del ruolo del Presidente, che, pur essendo formalmente una figura di rappresentanza, nella realtà si limita a ratificare decisioni prese al di fuori del consenso popolare.
Le critiche del KKE, così come espresse nell’intervista, si concentrano anche sul concetto di “politica del presente” – ossia quella modalità di gestione degli affari pubblici che tende a riproporre le stesse formule e a mantenere lo status quo, senza tener conto delle esigenze reali della popolazione. L’elezione di Tasoulas viene quindi interpretata come una conferma di un sistema che si auto-riproduce, dove le scelte istituzionali, pur potendo apparire in prima persona come “scelte democratiche”, finiscono per legittimare politiche e decisioni già prese in contesti precedenti.
In risposta a questo scenario, il KKE propone un’alternativa radicale che si basa sulla costruzione di una “Europa dei popoli” – una visione in cui il potere non sia più concentrato nelle mani di un’élite globale, ma sia effettivamente nelle mani dei lavoratori e dei cittadini. Questo progetto, benché ambizioso e controcorrente rispetto alla direzione intrapresa dalle istituzioni europee e dalla NATO, rappresenta per il Partito Comunista la sola via percorribile per superare le disuguaglianze strutturali e per realizzare un modello di sviluppo più equo e sostenibile.
Nel complesso, il KKE formula dunque una critica radicale e coerente con una lunga tradizione di opposizione al sistema capitalistico. Dal rifiuto degli accordi che legittimano politiche antipopolari, alla denuncia delle conseguenze negative delle politiche di austerità, il KKE si propone come un baluardo difensivo degli interessi dei lavoratori e delle classi lavoratrici. Il KKE, infatti, considera il sistema attuale come profondamente iniquo e disallineato rispetto alle reali necessità della società greca, rispetto al quale solo un cambiamento radicale, che ponga al centro il benessere collettivo e la sovranità popolare, potrà permettere di superare le contraddizioni attuali e di costruire una nuova visione in cui le politiche pubbliche siano realmente al servizio dei cittadini.