La banca Nazionale Svizzera abbatte a sorpresa la soglia minima nel cambio con l'Euro. La paura però passa subito, nonostante le difficoltà causate alle esportazioni svizzere. I soldi neri continuano a scorrere verso i forzieri delle Banche svizzere, ma la cosa non fa notizia.
di Corrado Lampe
Durante il 2011, nel periodo più drastico della crisi finanziaria che ancora oggi ci tormenta, la Banca Nazionale Svizzera aveva fissato una soglia minima di cambio di 1,20 franchi per 1 euro.
Molti speculatori finanziari, definiti di solito gentilmente "investitori", nel timore che la moneta unica europea non reggesse, si tuffarono sul Franco svizzero, causandone una forte sopravvalutazione; troppa grazia per l'economia elvetica, che rischiava di veder svanire le proprie esportazioni. Qualora il franco svizzero fosse sceso sotto quota 1,20 rispetto all’euro, la banca centrale sarebbe dunque intervenuta acquistando euro, così da mantenere il tasso di cambio stabile.
A sorpresa, il 15 gennaio scorso, la soglia minima è stata abolita e il tasso d’interesse sui depositi nelle banche commerciali abbassato a -0.75%. Sui motivi reali trapela ben poco per via ufficiale, ma pare evidente il fatto che non era più sostenibile una strategia che richiede l'acquisto di enormi quantità di euro. I grandi gruppi industriali e gli operatori finanziari sono stati colti del tutto di sorpresa, temendo pesanti contraccolpi sulle esportazioni. Si prevedono tra l'altro ripercussioni negative in diversi paesi dell'Europa centrale, nei quali sono stati venduti mutui in franchi, che allora apparivano al sicuro da sbalzi ed aumenti. Si è anche detto che la mossa svizzera ha voluto anticipare la svolta di Draghi che prevede per i prossimi anni una massiccia immissione di euro sul mercato.
Il paese che di più potrebbe risentirne è la Germania, il primo partner commerciale europeo dei confederati. Ma secondo il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble la decisione della Svizzera non avrà un impatto di lungo periodo sull’euro. Questa opinione sembra essere confermata dal fatto che la banca nazionale svizzera continui, alla chetichella, a intervenire per arginare il rafforzamento della propria moneta, visto e considerato che il franco svizzero continua a essere visto da parte degli "investitori" una valuta rifugio e che il flusso di denaro prosegua poderoso, nonostante le annunciate norme restrittive contro i capitali in fuga.
La mossa inaspettata ha, in ogni modo, invertito i ruoli. Se prima i tedeschi andavano a sciare sulle Alpi elvetiche o facevano la propria gita fuori porta in Svizzera, rifornendosi di benzina, orologi colorati, coltellini multifunzione e tavolette di cioccolata, ora sono gli svizzeri a fare la fila verso la Germania per fare il pieno o qualche compera, riempiendo i carrelli oltre ogni limite.
Ha assunto un certo valore simbolico la cittadina tedesca di Büsingen, circa 1500 abitanti, che forma un enclave nel territorio svizzero. In base ad un accordo bilaterale, l'euro vi ha corso legale, ma gran parte dei costi e delle bollette sono da pagare in franchi, rivalutatisi di circa il 20%, non facendo più tornare i conti in tasca. Anche i numerosi studenti tedeschi che frequentano gli atenei svizzeri ora sono nei guai, non bastando loro più i soldi.
E questo è solo ciò che emerge e fa notizia. Dietro le quinte rimane il mai interrotto traffico che porta nei forzieri della Confederazione quantità spaventose di danaro, euro e dollari, patrimoni solitamente sottratti al fisco dei paesi d'origine. Tra i primi ci sono naturalmente i tedeschi, i quali in coro rimproverano gli europei "meridionali" di essere corrotti ed evasori, per poi evadere, essi stessi, allegramente. Il fenomeno è molto esteso, ma appare solamente in modo casuale e sporadico.
Ha fatto scalpore il caso di Gustl Mollath, il quale, dopo aver denunciato traffici illegali verso la Svizzera di una grande banca, si è visto rinchiudere sulla base di una perizia fasulla, ma accettata da un tribunale, in una struttura psichiatrica per ben sette anni. Grazie al suo vero e proprio sacrificio sono venuti fuori grossi nomi coinvolti nel traffico, che poi si sono salvati per prescrizione.
Incredibile anche il caso di quattro funzionari del fisco a Francoforte, città sede della BCE guidata da Mario Draghi, i quali, dopo aver indagato sui traffici della Commerzbank, sono stati anch'essi rinchiusi in manicomio sulla base di perizie taroccate.
Da non dimenticare poi la storia dei CD venduti da parte di anonimi impiegati infedeli delle banche svizzere a vari uffici fiscali tedeschi, contenenti i dati di conti svizzeri di migliaia di evasori fiscali “tedeschissimi”. Tramite autodenuncia centinaia di pesci piccoli hanno pagato - naturalmente solo una parte rispetto ai contribuenti in regola - e hanno ottenuto anche la grazia del silenzio, fatta eccezione per l'ex calciatore Uli Höhneß, il quale nonostante l'autodenuncia si è fatto un bel po' di galera, occupando molto spazio sui media. L'effetto è stato straordinario per gli enti fiscali: 13.000 autodenunce nei tre mesi dopo il processo e il recupero di qualche miliardo. Ora bisogna vedere che piega prenderanno i traffici di danaro nero, a volte sporco, messo al sicuro in Svizzera e come evolveranno i flussi a seguito della tanto agognata ripresa. Comunque i pesci grossi stanno ancora al sicuro.