Classismo e razzismo

Il binomio tra classismo e razzismo è da sempre caratteristico delle società liberali e del modo di produzione capitalistico, fondate sul colonialismo e lo sfruttamento e da sempre volte alla repressione preventiva delle “classi pericolose” per il sistema.


Classismo e razzismo Credits: https://www.sfmoma.org/artwork/91.140/ John Heartfield, Krieg und Leichen - Die letzte Hoffnung der Reichen, 1932

Non volendo fermarsi ai continui fatti empirici – che proseguono a venire alla luce, anche in questi giorni di mobilitazione internazionale contro il razzismo, e che dimostrano il senso di assoluta impunità per cui un poliziotto può, per i più futili motivi, uccidere un giovane afroamericano, quale emblema delle “classi pericolose” – è necessario risalire al concetto di questa violenza apparentemente gratuita.

L’apparente gratuità di questi continui e ripetuti atti di violenza sono tanto alla base della grande mobilitazione internazionale dopo l’assassinio di Floyd, quanto alla base dell’incapacità di reagire a nuovi casi, che costantemente vengono alla luce, caratterizzati sempre dalla più evidente sproporzione fra gli atti compiuti dalle vittime e la reazione degli aggressori. È proprio questa spudorata gratuità a spiazzare e a disarmare, in qualche modo, il movimento internazionale di protesta contro il razzismo. Tanto che nel Regno Unito, dopo due settimane di manifestazioni antirazziste a livello internazionale, sono tornati a occupare le piazze nelle principali città le forze dell’estrema destra sciovinista. Al centro del contendere – rappresentato simbolicamente dalle statue sorte per celebrare i fasti del colonialismo – vi è, a ragione, ciò che costituisce l’origine strutturale di questa cieca violenza razzista che continua a mietere vittime innocenti, ossia il colonialismo quale fondamento e origine, al contempo, dell’accumulazione originaria del capitale, che ha prodotto nel mondo coloniale il neoschiavismo e nella civile Europa il proletariato moderno.

Dunque, volendo risalire alle cause di fondo che rendono solo apparentemente gratuita la spaventosa persecuzione da parte degli apparati repressivi dello Stato di chi costituisce il prototipo delle classi pericolose – dalla oppressione e sfruttamento delle quali origina la ricchezza delle nazioni capitaliste – occorre, necessariamente, ricostruirne la storia.

Alle origini si trovano gli apparati repressivi istituiti dai liberali britannici per reprimere nel modo più violento il popolo irlandese, in quanto il colonialismo britannico era così predatorio da lasciare ai cattolici irlandesi esclusivamente le loro catene. A tale modello si ispirerà Robert Peel per creare anche in patria un analogo strumento repressivo, volto a reprimere il nascente proletariato moderno – generato proprio con l’accumulazione capitalista attraverso la depredazione delle colonie – il quale si trovava nell’identica situazione di non aver altro da perdere che le proprie catene. In quanto tale, il proletariato moderno era considerato in sé e per sé una classe pericolosa, anzi potenzialmente eversiva già da Hegel, proprio perché non aveva nulla da guadagnare dallo sviluppo della società civile borghese, di cui costituiva perciò il più minaccioso nemico. Su questa base è sorta la polizia nel regno del liberalismo, che servirà a sua volta da modello per i corpi di polizia di cui si doteranno in primo luogo gli Stati Uniti d’America, dove si è affermata per la prima volta la democrazia moderna e dove avevano trovato rifugio i più ferventi cristiani inglesi.

Del resto, riprendendo il modello originario antico, anche questa democrazia era una democrazia per i proprietari di schiavi del sud, i quali dovevano trovare una modalità di convivenza con i padroni industriali liberali del nord, che esercitavano nei luoghi di lavoro il loro dominio dispotico su interi eserciti industriali, rimpinguati costantemente dall’arrivo di emigrati disoccupati. Queste due forze, che diedero vita al modello liberal-democratico oggi dominante a livello internazionale, erano unite dal colonialismo, che renderà gli Stati Uniti una grande potenza liberale e cristiana mediante il sistematico genocidio della popolazione autoctona. Su tali basi il sistema repressivo britannico è stato importato negli Usa con gli stessi obiettivi, ovvero la strenua difesa dei proprietari e delle proprietà del popolo dei signori e la repressione di tutte le “classi pericolose”, composte in primo luogo dagli autoctoni, in secondo luogo dagli afroamericani, in terzo luogo dai più recenti immigrati, prima cattolici, poi cinesi. Gli sceriffi importati dal sistema britannico hanno il compito di difendere gli enormi privilegi accumulati dal popolo dei signori, grazie al genocidio degli amerindi, la schiavizzazione degli africani e il selvaggio sfruttamento dei più recenti immigrati, in particolar modo se non condividevano il fanatismo cristiano dei coloni più antichi.

Dunque, come del resto in tutte le liberal-democrazie, gli apparati repressivi dello Stato borghese sono funzionali alla difesa a ogni costo delle grandi proprietà degli oligarchi attraverso la repressione preventiva e generalizzata delle classi pericolose, in quanto avevano tutto l’interesse a mettere in discussione gli enormi, irrazionali e ingiusti privilegi della classe dominante. Con il grande vantaggio che, negli Stati uniti, gli esponenti delle classi pericolose sono più facilmente individuabili, essendo in primo luogo gli amerindi, in secondo luogo gli schiavi o ex schiavi afroamericani, in terzo luogo gli immigrati più recenti, prima provenienti dal sud Europa, poi dall’Asia e, in particolare, dalla Cina e oggi, principalmente, dall’America latina.

Così ancora ai nostri giorni gli individui più di frequente fermati a soggetti a violenze di ogni tipo da parte degli apparati repressivi dello Stato sono in primo luogo i nativi. Seguono, immediatamente dopo, i discendenti degli schiavi neri e, in terzo luogo, i più recenti e poveri immigrati, ovvero i latinos. Così, anche oggi che, il secondo gruppo, gli afroamericani, dopo decenni di durissime lotte, hanno conquistato gli stessi diritti formali del popolo dei signori, questi ultimi hanno reagito con la ricostruzione delle case di lavoro, ossia gli antenati liberali dei campi di concentramento per le classi pericolose, ulteriormente perfezionati in epoca coloniale. Così gli Stati uniti, attraverso principalmente la criminalizzazione dei tossicodipendenti – creati ad arte con la diffusione delle sostanze stupefacenti, utilizzate dapprima per mantenere il dominio sui proletari in divisa durante l’aggressione imperialista all’Indocina, e poi sistematicamente diffuse nei ghetti afroamericani per sedarne la ribellione – sono divenuti il più spaventoso universo concentrazionario del mondo, su basi rigorosamente classiste e razziste, con una enorme quantità di manodopera in uno stato semi servile a disposizione dei proprietari privati delle stesse carceri.

Così la polizia in tutti i paesi capitalisti continua a svolgere la funzione per cui è sorta ed è stata di fatto addestrata, ossia difendere l’acquisizione privata, sempre più monopolistica, della ricchezza sempre più prodotta dalla divisione e cooperazione del lavoro a livello internazionale, mediante la repressione preventiva delle classi pericolose, sfruttando a questi fini i pregiudizi antiscientifici razzisti.

Non si tratta, dunque, di un problema specifico dei soli Stati uniti, anche se in questo paese il fenomeno si manifesta nel modo più puro, anche perché è il paese in cui più evidente e chiara è la dittatura della borghesia. Come per altro si è visto anche in occasione del virus, in cui le classi “più pericolose”, nativi, afroamericani e più recenti immigrati hanno avuto dei tassi di mortalità nettamente superiori a quelli della popolazione caucasica. In primo luogo in quanto costoro costituiscono la componente più ampia di quel sottoproletariato o proletariato degli working poor che non può permettersi di stare in quarantena e di pretendere degli standard minimi di sicurezza nei luoghi di lavoro. In secondo luogo perché le riserve indiane, i ghetti neri e le zone abitate dai più recenti immigrati sono anche le zone più inquinate e dove più sono stati sotterrati rifiuti tossici di ogni tipo.

Per altro problemi analoghi, anche se su scala minore, si sono presentati nel Regno unito di Gran Bretagna. Anche qui, ad esempio, la parte nettamente più colpita dalla pandemia è la popolazione afro discendente, che è anche la più perseguitata dagli apparati repressivi dello Stato. Situazione analoga di repressione preventiva da parte di apparati repressivi dello Stato, anche qui fomentata dai soliti pregiudizi razzisti, si ha nelle banlieu francesi abitate principalmente dai discendenti dei popoli colonizzati. La situazione francese è aggravata dal fatto che la politica coloniale assimilazionista, da sempre dominante in Francia, impedisce di realizzare statistiche differenziate per gruppi etnici. Così mancano i dati eclatanti che sono invece pienamente riscontrabili negli Stati uniti e in Gran Bretagna.

In quanto a razzismo e repressione preventiva delle “classi” pericolose, non sono da meno gli apparati repressivi dello Stato tedesco o italiano. Come si vede in particolare nella repressione degli immigrati più poveri e recenti. Anche in questi casi la situazione è aggravata dal fatto che i benpensanti sono pieni di pregiudizi classisti e razzisti, per cui tendono ad avere un’attitudine apologetica per gli apparati repressivi dello Stato, proprio per la funzione di repressione preventiva che svolge nei confronti delle classi potenzialmente “pericolose”.

Certamente le cose non vanno affatto meglio nei paesi dell’est Europa, in cui le forze della controrivoluzione negli ultimi anni hanno avuto la meglio. La repressione preventiva portata avanti dagli apparati repressivi dello Stato nei confronti degli immigrati più poveri o dei rom, raggiunge dei livelli di crudeltà inaudita in paesi governati spesso da forze di destra animosamente anticomuniste, come la Croazia, la Slovenia, l’Ungheria o l’Ucraina, per citare solo i casi più eclatanti.

D’altra parte sempre meno immuni da tali fenomeni sono i paesi con più forti tradizioni liberaldemocratiche e socialdemocratiche come, in primo luogo, l’Austria, l’Olanda e gli stessi paesi scandinavi. In tutti questi paesi le forze razziste e xenofobe sono da anni in crescita e aumenta la repressione verso le classi, spesso razzisticamente individuate, considerate più pericolose.

Le cose non vanno certamente meglio né in Canada o in Oceania, dove anche vi è stato un genocidio dei nativi e uno stadio di costante repressione dei sopravvissuti. Tanto meno in Israele dove ancora più violenta e razzista è l’attività degli apparati repressivi dello Stato, in particolare verso i palestinesi, ma anche verso gli immigrati, in particolare africani, e gli stessi ebrei autoctoni. Altrettanto spaventosa è la repressione preventiva delle classi pericolose nei paesi arabi “moderati”, da sempre alleati dei paesi imperialisti. Dal Libano alle petro-monarchie del Golfo persico vi è una spaventosa repressione degli immigrati, ridotti in uno stato di semi-schiavitù, dipendendo completamente dai loro proprietari di lavoro per quanto riguarda gli stessi documenti.

La situazione non è certo migliore nei paesi capitalistici dell’Asia, dal Giappone alla sud Corea, da Singapore a Taiwan.

Discorso analogo vale anche per i paesi dei Brics, in particolare dove le forze di destra e filo capitaliste hanno conquistato il governo. Il razzismo del governo brasiliano verso nativi e afro discendenti e, più in generale, verso tutte le “classi pericolose” delle favelas è particolarmente cruento, come del resto quello del governo indiano nei confronti della minoranza mussulmana o delle caste più basse. Per non parlare del Sud Africa in cui le ricchezze continuano a essere concentrare nelle tasche dei discendenti dei colonialisti e cresce il razzismo e la repressione preventiva verso gli immigrati ancora più poveri dei paesi limitrofi, per quanto in questo paese ci sia un governo progressista.

Per non parlare, infine, degli stessi paesi africani o centro-americani filo capitalisti e filo imperialisti, in cui la repressione su basi razziali o classiste raggiunge spesso dei livelli spaventosi, anche se è talmente ampio il razzismo-classista dei ceti dominanti nei paesi europei, che non fanno più notizia. A meno che non siano funzionali a orchestrare una qualche forma di (contro-)rivoluzione colorata.

20/06/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.sfmoma.org/artwork/91.140/ John Heartfield, Krieg und Leichen - Die letzte Hoffnung der Reichen, 1932

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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