L’assemblea delle scuole di Roma, lanciata per sabato 15 maggio dai lavoratori autoconvocati della scuola, rischiava seriamente di essere un flop. La data sembrava essere stata bruciata dalla convocazione di un’assemblea, appena due giorni prima, da parte di tutti i sindacati maggiormente rappresentativi della scuola. Un’assemblea ufficiale di cui tutte le scuole avevano prontamente avvisato i lavoratori della scuola, gli studenti e le famiglie e alla quale era possibile partecipare anche in orario di servizio, anche se tale termine con l’attuale didattica d’emergenza ha perso buona parte del suo significato.
Peraltro, era da prima della chiusura della scuola, a inizio marzo, che i sindacati non indicevano un’assemblea e c’era moltissima attesa in quanto il governo non aveva comunicato nulla sulle decisive operazioni di chiusura dell’anno scolastico, ma aveva da poco convocato i sindacati. Perciò, vi era un interesse per questa assemblea molto più ampio del consueto, anche da parte di lavoratori interessati ad avere semplici ragguagli su quanto li attendeva. Così le assemblee dei sindacati firmatari di contratto hanno avuto una partecipazione molto significativa, al punto che, in alcuni casi, la piattaforma messa a disposizione non si è dimostrata sufficiente ad accogliere tutti gli interessati.
D’altra parte l’assemblea, al di là della partecipazione, è stata alquanto deludente. Tali assemblee unitarie portano generalmente i sindacati maggiormente neocorporativi a essere egemoni rispetto all’unico sindacato, fra quelli firmatari di contratto, che non si è ancora ridotto a una agenzia che offre una serie di servizi agli iscritti e che, al massimo, porta avanti rivendicazioni di tipo corporativo. Per altro, come avviene sempre più spesso, anche dal punto di vista dei servizi offerti, i “sindacati” firmatari di contratto hanno sostanzialmente deluso le aspettative, dal momento che oramai i ministri danno le informazioni più importanti sui social media o all’interno di trasmissioni televisive. D’altra parte l’esigenza di unità dall’alto fra burocrazie sindacali porta a far prevalere del tutto le istanze concertative, rispetto alla volontà di mobilitare i lavoratori per poter modificare i rapporti di forza e portare a casa dei reali avanzamenti.
In tal modo, dinanzi agli scenari sempre più sinistri per i lavoratori e per la scuola statale, che i membri del governo tramite i mass media – sempre pronti a fare da cassa di risonanza – lanciano provocatoriamente, per sondare la capacità di reazione della controparte, i sindacati maggiormente rappresentativi sono apparsi spaesati e impreparati ad approntare una reazione adeguata alla gravità dell’attacco in corso. Tanto più che il governo – del tutto incurante che tutto il resto è stato riaperto e che in quasi tutto il mondo anche le scuole sono ripartite – non fa altro che ragionare su come far proseguire anche l’anno prossimo la didattica di emergenza posta in campo all’ultimo momento, senza alcuna capacità di prevenzione da parte delle autorità, e praticata grazie all’ammirevole abnegazione di molti docenti che, con mezzi propri e senza le necessarie competenze, sono riusciti in un modo o nell’altro a non interrompere il dialogo educativo. Al punto che, nonostante l’attuale ministro debba la sua carriera politica essenzialmente all’aver fatto propria la decisiva lotta del movimento della scuola contro le classi pollaio, il governo invece di sfruttare l’attuale pandemia che le rende del tutto inaccettabili e irrazionali, punta esclusivamente a sfruttare la situazione per rendere permanente la didattica d’emergenza cui sono dovuti ricorrere gli insegnanti, completamente abbandonati a se stessi in questo stato d’eccezione.
In tal modo, si è evitato di finanziare, come sarebbe stato necessario, la scuola statale al fine di eliminare le classi pollaio e far ripartire la scuola come negli altri paesi europei, e si sono spostate le misere risorse stanziate per potenziare ulteriormente la didattica d’emergenza, al solo fine di consentire alle grandi multinazionali che controllano il settore di continuare a fare extra-profitti, dal momento che lo Stato, invece di mettere a disposizione una piattaforma pubblica per la didattica di emergenza, ha fatto esclusivamente pubblicità alle grandi multinazionali, consentendogli di mettere le mani sui preziosi dati di moltissimi giovani, oltre naturalmente su quelli degli insegnanti e dei genitori.
Dinanzi a questa surreale situazione, i sindacati firmatari di contratto non hanno saputo ideare altro che la richiesta – nemmeno suffragata, come al solito, da uno straccio di mobilitazione – per normare la didattica d’emergenza, portando, paradossalmente, a rendere permanente lo stato d’eccezione. Uno stato d’eccezione che mira esplicitamente a una drastica meccanizzazione dell’insegnamento pubblico, con una altrettanto drastica riduzione del personale e alla sua conseguente dequalificazione, in quanto i docenti che riusciranno a mantenere il posto saranno ridotti a semplice personale necessario a far funzionare le tecnologie al solito utilizzate per aumentare l’esercito industriale di riserva e il conseguente ricatto sugli occupati. D’altra parte, con la normalizzazione e la stabilizzazione della didattica d’emergenza si realizza un altro obiettivo da sempre rivendicato dal padronato, ovvero l’introduzione del lavoro a cottimo, a progetto, che impedisce la possibilità stessa di contenere il costante aumento dei carichi di lavoro.
Peraltro la modalità d’emergenza con cui si è svolta l’assemblea ha impedito, ancora più del solito, la possibilità di interventi critici, che cercassero di supplire alla clamorosa abdicazione al proprio ruolo dei sindacalisti, spingendo i lavoratori alla lotta per difendere i loro diritti e, in prospettiva, il loro stesso posto di lavoro. Inoltre, come di consueto, i pochi interventi critici consentiti sono stati gli unici strumenti efficaci a far prendere alle burocrazie sindacali qualche vago impegno in merito alla mobilitazione dei lavoratori.
Tutto ciò è decisamente istruttivo per comprendere il pericolo della deriva neo-corporativa dei sindacati maggiormente rappresentativi, sempre più ridotti ad agenzie di servizi per gli scritti e, al contempo, l’impostazione del tutto controproducente dell’anarco-sindacalismo, che porta a separare i pochi lavoratori che sono riusciti a conservare un minimo di coscienza di classe e di volontà di lotta dalla grande maggioranza sempre più spaesata e sempre più facile preda delle posizioni antipolitiche e qualunquiste, che inducono sempre meno lavoratori, soprattutto fra le giovani generazione, a iscriversi e a militare nel sindacato. Infine, tale situazione non può che confermare il limite in sé dello strumento sindacale che mira, per la sua stessa natura, a concertare e a normare lo sfruttamento, per altro sempre più massiccio, della forza lavoro, senza mettere in questione una società che proprio su tale sfruttamento si fonda. Così oggi, invece di mirare a eliminare il prima possibile la didattica d’emergenza, le forme di cottimo e la dequalificazione della scuola statale e dei suoi lavoratori, non trova di meglio che normalizzarle, mediante la concertazione, con il rischio di farle apparire oggi necessarie e un domani addirittura “naturali” – come la riduzione a merce della forza lavoro e lo sfruttamento del lavoro salariato.
Questi limiti oggettivi – oltre ai limiti soggettivi propri dello sconfortante panorama italiano – spiegano la profonda necessità intuita da diversi lavoratori, ma anche da genitori e studenti, di dotarsi di strumenti maggiormente efficaci e radicali necessari a tener testa al pensiero unico liberista e alla costante dequalificazione della scuola statale. Da qui l’inatteso successo dell’assemblea autoconvocata, pur organizzata con pochissimi mezzi – per quanto svoltasi solo due giorni dopo le grandi assemblee sindacali tenutesi, più o meno in contemporanea, su tutto il territorio nazionale di cui sopra. Al punto che persino l’efficace piattaforma prescelta per permettere la più ampia partecipazione, si è rivelata da subito del tutto inadeguata, dal momento che prima ancora che l’assemblea potesse iniziare già i posti a disposizione erano terminati.
Anche perché l’assemblea delle scuole di Roma, promossa dai lavoratori autoconvocati della scuola ha visto una significativa partecipazione di lavoratori da altre parti d’Italia e di una notevole e inconsueta partecipazione di rappresentanti di genitori e di studenti, anche in questo caso non solo romani. Segno che c’è una reale necessità di rilanciare strumenti consiliari, come le assemblee autoconvocate, da affiancare agli altrettanto indispensabili sindacati e partiti politici volti a difendere gli interessi dei subalterni.
Peraltro ci sono stati moltissimi interventi e praticamente tutti molto più avanzati e combattivi di quanto gli stessi lavoratori autoconvocati della scuola avevano potuto immaginare, tanto che dopo aver introdotto l’assemblea non hanno praticamente più sentito il bisogno d’intervenire in quanto – cosa del tutto inusuale – praticamente tutti gli interventi, sia dei lavoratori, che degli studenti e dei genitori erano decisamente avanzati non solo al livello di analisi critica delle misure del governo e dei sindacati maggiormente rappresentativi, ma anche nella capacità di legare alle necessarie critiche le indispensabili mobilitazioni. Così gli organizzatori dell’assemblea hanno potuto ridurre il proprio ruolo al segnare gli interventi, far rispettare i tempi e raccogliere le analisi e le proposte di mobilitazione espresse dagli interventi dell’assemblea in una sintesi avanzata e lanciare le prime reali forme di mobilitazione che cercano di divenire adeguate alla gravità e alla pericolosità dell’attacco in atto contro la scuola statale.
Si è innanzitutto deciso di fare proprio – cosa anche questa del tutto inconsueta, ma estremamente positiva – l’appello venuto da un coordinamento, di fatto, autoconvocato di genitori che chiedevano un primo stop generalizzato a ogni forma di didattica emergenziale, la sola al momento possibile, per il giorno 3 giugno. Allo stesso modo si è deciso di scendere, non appena possibile, in piazza per rendere ancora più visibile la totale contrarietà del mondo della scuola statale a ogni tentativo di normalizzazione della didattica emergenziale. Pretendendo al contrario, un serio investimento da subito nella scuola, per far passare di ruolo immediatamente tutti i precari indispensabili a eliminare le classi pollaio, quale unica misura per giungere, il prima possibile, alla completa eliminazione della didattica d’emergenza.
Infine si è deciso di programmare da subito una nuova assemblea con degli strumenti all’altezza, che diano modo di partecipare e di esprimersi a tutti coloro che hanno vanamente tentato di partecipare all’assemblea del 15, cercando di razionalizzare gli interventi di lavoratori, studenti e genitori delle altre parti d’Italia, dando la precedenza agli interventi rappresentativi di realtà collettive.