La resistibile ascesa della destra radicale

Solo rilanciando un programma e una prassi per un superamento in senso socialista della crisi del capitalismo sarà possibile arrestare la resistibile ascesa della destra radicale.


La resistibile ascesa della destra radicale Credits: http://actualites.ecoledeslettres.fr/arts/theatre/la-resistible-ascension-darturo-ui-de-bertolt-brecht-mise-en-scene-de-katharina-thalbach-dhier-a-aujourdhui/

In meno di due anni il panorama politico internazionale è drammaticamente mutato. Per quanto ci fossero diversi campanelli d’allarme, nessuno avrebbe potuto prevedere in un lasso temporale così breve uno scenario tanto inquietante. A inizio 2017, contro tutti i pronostici, una campagna elettorale iniziata per caso porta alla presidenza della più potente e aggressiva potenza imperialista un esponente di una destra talmente radicale, aggressiva, retriva e impresentabile da far inorridire e passare addirittura per moderato un presidente ultra-imperialista come Bush Junior.

Neanche un anno dopo si instaura nel nostro paese un governo il cui asse portante è costituito da esponenti di una destra reazionaria, altrettanto retriva, aggressiva e impresentabile di quella al governo degli Stati Uniti. Così un paese che era stato caratterizzato dal più forte e influente partito comunista del mondo occidentale, si ritrova con ministeri chiave sotto il controllo della destra radicale – che fanno apparire persino Berlusconi un moderato – e una sinistra radicale che non riesce nemmeno a entrare in parlamento. Inoltre, a dieci mesi dalla sua formazione, non solo il governo non perde popolarità, nonostante non rispetti nessuna delle sue demagogiche promesse elettorali, ma al suo interno si rafforza sempre più la componente più impresentabile della destra radicale, nonostante quest’ultima sdogani, a partire da un aperto e sbandierato razzismo, gli impulsi più biechi e beceri della popolazione. Anzi, scatenando la guerra della plebe contro i nuovi schiavi extracomunitari, ossia la guerra dei poveri contro i poverissimi, conquista, nonostante misure economiche sfacciatamente oligarchiche come la flat tax, la prima posizione nei sondaggi e, nonostante continui a rivendicare l’autonomia economica e amministrativa delle regioni del centro-nord, continua a mietere risultati elettorali impensabili ancora un anno fa in tutte le elezioni locali.

Nel frattempo anche nel paese guida dell’Unione europea, la Germania, in cui a causa dei propri trascorsi nazisti la destra radicale era rimasta per circa ottant’anni di fatto ininfluente, quest’ultima è oggi il partito che cresce in proporzione di più in tutte le elezioni locali, al punto che non solo ha ormai una nutrita rappresentanza in tutti i parlamenti locali, ma è data da più di un sondaggio a livello nazionale al di sopra della stessa Spd, da sempre principale partito della “sinistra” tedesca e seconda forza politica del paese. Mentre in Francia solo con la creazione di un fronte ampio di praticamente tutte le forze antifasciste, a favore di un candidato che esprime nel modo più plastico il grande capitale finanziario, si è riusciti a impedire alla destra radicale, a lungo in testa nei sondaggi, di conquistare la presidenza del paese.

Persino in Svezia, paradiso della socialdemocrazia internazionale, mentre i socialdemocratici raggiungono il loro minimo storico, la nuova forza politica in netta ascesa è anche qui la destra radicale, nonostante sia la filiazione diretta di un minuscolo partitino filo nazista.

Infine anche in America Latina la maggioranza dei governi di sinistra sono stati rovesciati o sono alle corde, mentre tornano al governo in Cile gli eredi di Pinochet e in Argentina la destra ultraliberista che aveva portato appena un quindicennio fa il paese a dichiarare bancarotta, in Colombia si afferma la forza politica della destra radicale più compromessa con il narcotraffico e gli squadroni della morte.

Per concludere questa breve panoramica, in cui ci siamo limitati a citare solo i casi più eclatanti nei paesi più importanti a livello internazionale, occorre far riferimento alla netta affermazione nelle elezioni in Brasile, il più grande paese dell’America Latina – l’unico continente in cui vi era stata una controtendenza rispetto alla restaurazione liberista impostati a livello internazionale dopo il crollo dell’Urss e dei suoi alleati – di un presidente che si richiama esplicitamente alla dittatura militare brasiliana, che storicamente ha aperto la strada all’affermazione di dittature di estrema destra in quasi tutto il continente negli ultimi decenni del secolo scorso.

Nel frattempo, per non dimenticare l’Asia, bisogna ricordare che non solo in India e in Turchia si sono affermati partiti religiosi di destra, che non mancano di sostenere formazioni fondamentaliste o di governare con i voti dell’estrema destra, ma anche la Cina, il più importante paese ancora governato da un partito comunista, con lo spostamento su posizioni di destra radicale della maggiore potenza mondiale, ha finito con il divenire la maggiore sostenitrice a livello internazionale del libero mercato e della globalizzazione.

Dinanzi a un quadro nazionale e internazionale così disperante, occorre innanzitutto domandarci come si è potuti, in tempi così rapidi, tornare a una situazione di crisi così nera della sinistra – emblematica a questo proposito è la tragica condizione in cui è precipitato il Venezuela, paese simbolo negli ultimi anni della riscossa della sinistra – e di una così repentina e apparentemente inarrestabile affermazione della destra radicale sul piano internazionale.

Evidentemente questo stravolgimento a livello politico, che va di pari passo a un analogo stravolgimento sul piano delle altre sovrastrutture – con il rilancio su scala internazionale delle religioni storiche e positive che mirano a restaurare, di contro alla moderna visione del mondo filosofico-scientifica, l’antica concezione mitologico-religiosa – non può che essere in ultima istanza che il portato di uno stravolgimento a livello delle strutture socio-economiche. Su tale piano strutturale il venir meno dell’Urss e dei suoi alleati e il progressivo aprirsi dei paesi socialisti residui, in primis della Cina, all’economia di mercato, ha tolto gli ultimi ostacoli alla realizzazione dello scopo finale del modo di produzione capitalistico, ovvero l’affermazione del mercato mondiale.

Ciò ha portato a un ulteriore sviluppo della dimensione sociale e internazionale delle forze produttive, con un lavoro sempre più organizzato e diviso su scala globale, a cui fa riscontro un ulteriore appropriazione privatistica e monopolistica dei profitti. I rapporti di produzione e di proprietà si sono infatti sviluppati in questi stessi ultimi decenni in una direzione ostinata e contraria alla socializzazione delle attività produttive, con una costante crescita a livello internazionale del settore privato a spese di quello pubblico, della quota della produzione di cui si appropriano capitali e rendite con la conseguente restrizione della quota parte destinata ai salari, con l’affermazione dei monopoli sui piccoli e medi produttori e, infine, con l’altrettanto costante affermazione del capitale finanziario e speculativo su quello produttivo, a eccezione dell’enorme sviluppo del settore militare.

In tal modo la contraddizione fondamentale del modo di produzione capitalistico, comune a tutti i precedenti modi di produzione, ovvero la contraddizione strutturale fra lo sviluppo dei mezzi di produzione e il mancato sviluppo, o lo sviluppo in senso opposto dei rapporti di produzione e di proprietà ha fatto emergere a livello internazionale la crescente irrazionalità e ingiustizia di un sistema produttivo in crescente crisi. Una crisi che colpisce da decenni i paesi a capitalismo avanzato e che non ha ancora impedito lo sviluppo economico sul piano internazionale solo grazie all’apporto sempre più decisivo delle economie in via di sviluppo e, innanzitutto, della Cina. Tuttavia anche queste ultime, seguendo uno sviluppo sempre più improntato al modo di produzione capitalistico, stanno progressivamente vedendo decrescere la prodigiosa crescita del decennio precedente. Lo sviluppo in senso capitalistico dell’economia cinese non potrà che portare anche lì a una progressivamente crescente crisi di sovrapproduzione.

Dinanzi al fatto che a livello internazionale lo sviluppo del modo di produzione capitalistico tende a formare sacche sempre più ampie di plebe moderna, ovvero gruppi sociali sempre più ampi che non hanno nulla da guadagnare, ma sempre più da perdere con il persistere di tale sistema economico e sociale – con la parziale eccezione di paesi come la Cina, dove ancora rappresenta un modo di produzione razionale e progressivo – non può che aumentare la domanda di una struttura socio-economica alternativa al modello imperante. D’altra parte, l’alternativa non è necessariamente un’alternativa progressista che mira a un modo di produzione più razionale e giusto di quello esistente, ma vi sono in tali fasi di crescente crisi anche riproposizioni più o meno praticabili di un ritorno a modi di produzione e a strutture socio-economiche del passato, ancora meno giuste, libere e democratiche di quelle capitaliste.

Così ovunque le forze del progresso hanno smesso di battersi per il superamento in senso socialista del capitalismo, riducendosi a gestire in modo meno furfantesco delle destre la progressiva crisi dell'attuale sistema, hanno finito nei fatti con il lasciare uno spazio sempre più ampio alle forze della reazione che si presentano come un’alternativa più radicale rispetto all’incipiente crisi dell’odierno modo di produzione.

Così tanto negli Stati Uniti, che in Italia, in Germania, in Francia, in Svezia, in Cile, Argentina, India e Brasile, per limitarci ai casi più emblematici da noi citati, è stato proprio il governo di forze di “sinistra”, che hanno abbandonato la prospettiva di un modo di produzione più razionale e di una società più giusta, a favorire, per quanto inconsapevolmente, la attuale resistibile ascesa su scala globale della destra radicale.

Si tratta di un’ascesa resistibile proprio perché il rilancio di una reale alternativa di sinistra alla crescente crisi strutturale del modo di produzione capitalistico sarebbe in grado di contrastare realmente le prospettive reazionarie, come dimostra la storia degli Usa, ovvero del paese in cui per prima si è affermata la destra estrema, dopo le cocenti delusioni dei governi di “sinistra” che avevano portato avanti un programma liberista dal “volto umano”. Come la candidatura di Sanders, pur con tutti i suoi limiti, avrebbe potuto impedire l’affermazione di Trump, così oggi le candidature di esponenti sinceramente di sinistra sembrano le uniche in grado di contrastare e di sconfiggere le forze della destra radicale.

03/11/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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