La Teoria Monetaria Moderna: un’illusione che abbaglia

Nota critica alla raccolta di testi di Michael Roberts in uscita presso la casa editrice Asterios di Trieste


La Teoria Monetaria Moderna: un’illusione che abbaglia

La pubblicazione di una serie di testi critici sulla MMT (Modern Monetary Theory), prodotti da Michael Roberts e apparsi nel suo blog [1], è risultata necessaria in quanto possiamo osservare che negli ultimi anni, come reazione ad una “austerity” prolungata, sono sempre di più coloro che fanno affidamento su politiche economiche definite rozzamente come “sovraniste”. Ma tale “teoria” mescolata ad un keynesismo rinnovato, ha preso piede anche negli ambienti della sinistra progressista, mentre molti intellettuali ultrasinistri sono stati abbagliati dalle contorsioni monetariste, dopo aver sostenuto lo “stimolo della domanda”, e confondono con estrema leggerezza Marx con Keynes. Gratta gratta sotto un marxista troverai troppo spesso un keynesiano.

La Teoria Monetaria Moderna è stata ideata da Warren Mosler [2], Bill Mitchell e Randy Wray, mentre James K. Galbraith è uno dei suoi maggiori sostenitori [3]. La MMT si basa sostanzialmente sull’idea, in passato sostenuta dai cartalisti, che sia lo Stato a creare moneta, di conseguenza il denaro circolante è denaro emesso dal governo per cui non occorre la tassazione dei cittadini perché lo Stato possa disporre della valuta corrente. Caso mai la tassazione potrebbe contribuire al regolare funzionamento del sistema in quanto permetterebbe di attenuare una eventuale inflazione.

Michael Roberts sviluppa inizialmente la teoria dei cartalisti collegandola, giustamente, alla Teoria Monetarista Moderna che ne è l’erede, facendo un raffronto con la teoria della moneta di Marx secondo la quale il denaro è inconcepibile se viene separato dallo scambio di merci. Lo Stato non crea moneta dal nulla ma sono “le banche (che) fanno prestiti e di conseguenza vengono creati depositi e debiti per finanziare tali prestiti, non viceversa”. Roberts insiste nel sottolineare le differenze sostanziali tra la teoria marxista e quella cartalista/MMT e dichiara “Per Marx, nel capitalismo, il denaro è la rappresentazione del valore e quindi del plusvalore”.

Ma il problema non consiste nel confutare la MMT, e i neokeynesiani che la caldeggiano, sostenendo che: “A meno che i sostenitori della MMT non siano pronti a passare a una conclusione politica marxista: vale a dire l'appropriazione del settore finanziario e il comando del settore produttivo attraverso la proprietà pubblica e un piano di produzione, ponendo così fine alla legge del valore in economia, la politica della spesa pubblica attraverso la creazione illimitata di denaro fallirà”. Quindi cartalisti, keynesiani e seguaci dell’MMT dovrebbero fare delle “scelte politiche” verso l’abbattimento del capitalismo e non impegnarsi a trasformarlo in qualcosa di più stabile e definitivo, un invito che credo i loro sostenitori non si sognano minimamente di considerare.

Alla fine tutte queste tendenze più o meno nuove nel panorama economico si riducono alla solita proposta di una espansione della spesa pubblica con l’obiettivo di stimolare la domanda. È la solita storia che viene continuamente spacciata per una soluzione mentre osserviamo che il deficit gigantesco degli Stati Uniti, per non parlare di quello delle altre economie avanzate, non ha minimamente stimolato i consumi o favorito l’espansione dell’occupazione. Purtroppo riformare il capitalismo non è possibile. Ma torniamo alla questione di fondo della MMT secondo la quale lo Stato può stampare denaro a piacimento.

Vorrei segnalare a tale proposito un intervento descrittivo-critico di Anwar Shaikh sui neo-cartalisti, presente nel volume corposo Capitalism: Competition, Conflict, Crises del 2016, in quanto, a mio avviso, va più a fondo nell’analisi delle Teorie Monetarie Moderne riconoscendo loro una opposizione ben strutturata all’economia classica. A Charles Albert Eric Goodhart, un economista britannico della London School of Economics ed ex funzionario della Banca d’Inghilterra, viene riconosciuto un approccio più approfondito alla teoria del denaro nel quale vi è un approccio alla teoria neoclassica, definita come M Theory (Metallista), secondo la quale il valore di una moneta è dato, intrinsecamente, dal metallo con il quale essa viene coniata e gli agenti economici fanno scelte ottimali soggette ai vincoli di bilancio e il denaro (visto principalmente come mezzo di scambio) facilita il commercio riducendo i costi.

Secondo l’approccio metallista “il denaro è una creatura del mercato”, lo Stato ha la funzione di garantire la qualità del denaro, la moneta sonante sostenuta dal metallo con cui viene coniata, e l'economia nel suo complesso si “auto-stabilizza normalmente ad un livello ottimale”. Dall’altro lato Goodhart si avvicina alla C Theory (Cartalista) di Knapp secondo la quale “il denaro è una creatura dello Stato” emesso dallo Stato per fare i suoi acquisti e normalmente accettato dal settore privato, cosa necessaria perché vengano pagate le tasse. Come nella teoria keynesiana e classica anche nella C Theory il capitalismo viene visto come soggetto a fasi ricorrenti di boom e crisi e pertanto è necessaria una politica fiscale per stabilizzare il sistema ma dato che, in caso di crisi, è improbabile che la politica monetaria (definita come stabilizzazione dei tassi d'interesse) sia sufficiente, allora si focalizza l’attenzione sulla moneta a corso legale, che è ritenuta valida se lo Stato è abbastanza forte e la sua continuità assicurata.

Le argomentazioni di Goodhart contengono caratteristiche molto simili a quelle dei cartalisti, una sorta di cartalismo moderno, infatti egli afferma che “lo Stato ha generalmente giocato un ruolo centrale nell'evoluzione e nell'uso del denaro”. Ma dal momento che egli fa una distinzione tra “valuta” e “denaro”, quest'ultimo definito come monete o strumenti monetari emessi dallo Stato, richiedere il coinvolgimento dello Stato nel denaro (statale) è una tautologia (Goodhart 2003, 1). Goodhart non sostiene che lo Stato abbia inventato il denaro, infatti ammette esplicitamente che le monete metalliche e le banconote provengono in origine dal settore privato, così come alcuni conii e persino interi sistemi monetari. Egli osserva che alcune monete nazionali hanno funzionato come moneta internazionale senza il coinvolgimento, e persino contro i desideri, dei governi che le hanno emesse.

Goodhart inoltre afferma che se lo Stato dovesse abdicare al suo ruolo di emettitore di denaro, questo vuoto verrebbe colmato dal settore privato, infatti sostiene che gli individui accettano il passaggio dalla moneta metallica al denaro a corso legale, perché il denaro dello Stato viene associato ad una valuta a corso legale e fiscale (Goodhart 2003) ed afferma che le tasse fanno aumentare la domanda di moneta statale, il che, ovviamente, implica che vi siano altre ragioni per accettare il denaro statale. Tuttavia, quando esamina le società preindustriali, ritorna alla fantasticheria coloniale secondo cui le società preindustriali non sono monetarie, cosicché il pagamento delle tasse in moneta porta gli attori non monetari “verso una relazione monetaria con un’economia capitalista”.

Resta il fatto che il denaro, nelle sue varie forme, esiste sin dagli albori della civiltà, ossia da più di 4.000 anni, mentre i neo-cartalisti fanno riferimento principalmente al denaro creato dallo Stato secondo un meccanismo di debiti-crediti nei confronti di quest’ultimo e basta. Secondo loro “Un governo sorge quindi spontaneamente e, con l’obiettivo di garantire dei benefici alla popolazione, impone una tassa monetaria su quest’ultima al fine di farla lavorare per il denaro legale che il governo sta utilmente stampando per suo conto. Poiché questo è denaro legale, il governo può spendere quanto vuole e le tasse servono solo a far lavorare i singoli per il proprio miglioramento”. Questa è una fantasia molto rivelatrice: popolazioni passive, nessuna classe, uno Stato benevolo e neutrale e l’imposizione sia del denaro che delle tasse per il bene comune. Ma noi sappiamo benissimo che gli Stati sono sorti dopo il denaro, non sono mai stati neutrali e raramente benevoli; le tasse poi esistono da molto prima.

In passato, la Banca Centrale era un istituto che aveva la funzione di ricevere in deposito sociale del denaro-merce che nella circolazione assumeva la forma di banconote emesse dalla Banca Centrale stessa. Oggi la sua funzione è cambiata, infatti la quantità di moneta disponibile per il sistema economico viene regolata dalla Banca Centrale attraverso le compravendite di titoli di Stato definite Operazioni di Mercato Aperto (OMA) che possono essere di due tipi: permanenti o temporanee. Attraverso le OMA permanenti la Banca Centrale accresce semplicemente la quantità di moneta in circolazione (il “denaro circolante”, appunto), mentre le OMA temporanee assumono generalmente la forma di repurchase agreements, più famosi come repo, ossia vendite di titoli a pronti, con un simultaneo accordo di riacquisto a termine ad un prezzo prefissato, effettuate da intermediari sul mercato secondario dei titoli di Stato. Grazie a queste modalità la Banca Centrale fornisce liquidità al sistema bancario a fronte di titoli di Stato, o obbligazioni garantite da quest’ultimo, che le banche cedono come garanzia alla Banca Centrale. Si tratta di operazioni a breve termine, che vanno di norma da un giorno a due settimane. Alla scadenza, le banche sono obbligate a riacquistare i titoli ceduti in garanzia e pagare un interesse.

Di conseguenza, è abbastanza scorretto affermare che la Banca Centrale attraverso le OMA possa far aumentare la liquidità nel sistema economico ossia la base attraverso la quale le banche possono aumentare i prestiti concessi. Infatti le banche sono obbligate ad avere delle riserve che corrispondono ai depositi a vista e tali riserve sono piuttosto limitate mentre i prestiti accordati ammontano a decine di volte l’ammontare delle riserve bancarie. Tali riserve ovviamente non consistono in sacchi di contante che gli istituti di credito tengono nel caveau, ma in titoli del tesoro, obbligazioni di vario tipo e simili che, in caso di necessità, essi possono dare in garanzia alla Banca Centrale ottenendone liquidità. Ora, a differenza di quanto credono e scrivono i giornalisti, quando la Banca Centrale abbassa il tasso ufficiale di sconto, o il tasso al quale le banche si prestano i soldi tra di loro overnight, ossia “da un giorno all'altro”, (in USA sono il discount rate e il fed fund rate, in Europa sono il discount rate e il libor) non lo fa iniettando nuova liquidità nel sistema bancario, ma semplicemente annunciando che quei tassi sono, da adesso in poi, più bassi.

Dunque, non è sufficiente, come fa Roberts, sottolineare il fatto che nella teoria MMT il circuito del denaro sia “un modo rovesciato di analizzare le cose” sostenendo la proposizione di Marx secondo la quale “D può essere aumentato a D’ solo se ha luogo la produzione capitalista per aumentare il valore delle merci che vengono vendute per più denaro”. Il criterio della MMT secondo il quale “il denaro D (in valore) può essere aumentato a D’ esclusivamente in base alla volontà dello Stato” è fuor di dubbio un’illusione, anzi più che un’illusione sembra una chiromanzia paragonabile alle proprietà della pietra filosofale degli alchimisti. Non basta quindi semplicemente sottolineare le differenze tra la teoria marxiana e quella della MMT ma occorre analizzare empiricamente la relazione tra credito e produzione capitalista, poiché è questo il nodo della questione.

La forma di credito più diffusa è quella che i capitalisti industriali e mercantili si concedono attraverso degli effetti (titoli) sottoscritti con l’obiettivo di velocizzare la circolazione delle merci e del capitale; è questa la funzione primaria del credito. Quando i capitalisti non riescono a coprire in tal modo tutte le operazioni allora possono intervenire le banche che attraverso l'operazione di sconto “conferiscono loro un grado di validità superiore ossia un carattere sociale” [4]. Quindi l’utilizzo di tali effetti (come i bills o i receivable ecc.) garantiscono al capitalista una maggiore velocità della circolazione mentre il denaro contante viene mantenuto a disposizione per qualsiasi evenienza o per un investimento di altro genere (come avviene attualmente in maniera più frequente).

Inoltre, la possibilità di ricevere denaro creditizio dalle banche, a garanzia di una profittabilità accettabile dagli investimenti effettuati, rende disponibile ulteriore capitale da investire in altro modo in maniera da accrescere la propria profittabilità e così via. Quindi “la concessione del credito da parte delle banche non viene garantita da una qualche miracolosa creazione di moneta ma dal giro d’affari dei capitali industriali e commerciali ovvero come anticipo di fatto degli esigibili commerciali da essi incassati con la vendita delle merci” [5]. Quindi le operazioni che avvengono nell’economia sono sempre meno regolate dal denaro contante e sempre più dagli effetti scambiati tra i diversi capitalisti trasformati in titoli a breve che sono commerciabili e che vanno ad integrarsi nel denaro creditizio delle banche, così “le banconote diventano semplicemente inutili potendo venire surrogate direttamente fin dall’origine dai depositi” costituiti sempre di più da questi effetti generati nella circolazione delle merci. Per cui “la possibilità di [questo] prestito non risiede nel potere creativo dal nulla della banca, che deve essere a sua volta liquida, ma in una circolazione precedente, in buona misura fatta di restituzioni di prestiti, che era a sua volta basata su crediti concessi ancora anteriormente e così via senza poter trovare un atto iniziale del tipo della creazione divina del mondo” [6]. La Banca Centrale in definitiva è l’unica banca che presta ma non prende a prestito, e come tale non è più una banca.

Un aspetto interessante sollevato da Roberts nella sua critica alla MMT è il rapporto positivo che tale teoria stabilisce tra spesa pubblica e disoccupazione. I sostenitori della MMT dichiarano senza avere alcun dubbio, ma la stessa cosa vale per i neokeynesiani, che “in un'economia, più alta è la quota di spesa pubblica, minore è la disoccupazione”. Shaikh sottolinea poi che: “Come i keynesiani, [i sostenitori della MMT] credono che la sottoccupazione sia normale nelle economie capitaliste non regolamentate, pertanto, risulta necessario il persistere del deficit pubblico per mantenere un livello di occupazione socialmente accettabile, così essi propongono che lo Stato impieghi direttamente tutta la manodopera che il settore privato non è in grado di assorbire, con un salario monetario fisso. Questo programma di Employer of Last Resort (ELR - datore di lavoro di ultima istanza) genererebbe un’efficace piena occupazione a prezzi stabili (Wray 1998, 8-9, 13, 108, Bell 2000, 2001, Wray 2003b)”.

Roberts presenta un grafico illuminante sulla questione dal quale si può rilevare che: “Le economie capitaliste più avanzate con quote di spesa pubblica più elevate mostrano tassi di disoccupazione più elevati. Ciò dimostra che in tali economie sono altri i fattori, oltre la carenza di spesa pubblica, a determinare il livello di disoccupazione”.

Roberts fa riferimento all’adozione del programma di quantitative and qualitative easing da parte dell’ex governatore della Banca del Giappone Iwata ma “sebbene il governo giapponese abbia continuato a produrre deficit di bilancio pubblico, ciò non è servito a rilanciare la crescita nominale del PIL o i redditi reali delle famiglie”. In Giappone permane il ristagno dell’economia e i fondamentali non danno alcun segno di ripresa. Iwata insiste nelle politiche di deficit e di aumento della spesa pubblica ma, convertitosi alla MMT, ora spinge verso la pura emissione di denaro. In realtà le politiche di quantitative easing promosse dalla Fed di Bernake o dalla BCE di Draghi nel decennio scorso hanno garantito un flusso di capitali che si sono diretti immediatamente nel settore bancario e in quello finanziario in profonda crisi per poi “rimettere in moto, come se nulla fosse accaduto, l’espansione speculativa, ma con una grossissima differenza rispetto al passato. La crisi del 2008 non ha risolto né cancellato nulla, l’indebitamento resta altissimo e l’associata probabilità di nuovi crack altrettanto elevata proprio oggi che i sostenitori della MMT sembrano avere successo nel favorire politiche monetarie “allegre” che possono tranquillamente soddisfare nuovamente le esigenze del capitale speculativo.

Ma Shaikh tocca un altro punto interessante, ossia che la particolare affermazione dei seguaci della MMT secondo cui è l’emissione di moneta legale da parte dello Stato moderno a determinare il livello nazionale dei prezzi perché stabilisce il salario monetario tramite l'ELR (Wray 1998, 40). Tale l'analisi, riferita ai nostri tempi, dipende in modo cruciale dall'affermazione secondo cui il governo può fissare il salario monetario nel settore privato (cioè che il salario privato consiste in un premio fisso oltre alla retribuzione ELR) e che il livello dei prezzi dipende dal salario monetario (piuttosto che dalla domanda e dall'offerta). Queste sono affermazioni contestabili anche all'interno della tradizione keynesiana, infatti l’ipotesi di Wray ci farebbe pensare che il deficit pubblico al servizio dell'ELR non dovrebbe causare inflazione e nemmeno far innalzare i tassi di interesse. Cosa estremamente discutibile ma che richiederebbe ulteriori approfondimenti.

Comunque Wray sostiene anche che l'esistenza di monete nazionali a corso legale “non ci dice molto sulle origini del denaro”. In effetti, alcune nazioni non stabiliscono nemmeno un'unità di conto nazionale, ma piuttosto "scelgono di adottare valute estere come proprie” cosa che mette seriamente in discussione le affermazioni dei neo-cartalisti.

Come i keynesiani anche i nuovi sostenitori della MMT ritengono che è proprio un peccato che il capitalismo non si renda conto che funzionerebbe senza problemi se solo i politicanti non fossero così stupidi nel non accorgersi che è indispensabile piazzare i keynesiani o i sostenitori della MMT nei posti di comando della politica fiscale e monetaria e utilizzare solo loro come consiglieri del re. È la solita storia degli intellettuali emarginati che bramano un ruolo in un sistema economico e sociale che ormai non li considera più.

Ringrazio Paolo Giussani per i suggerimenti e le discussioni che abbiamo avuto su questo argomento.
antonio.pagliarone [@] fastwebnet.it - http://www.asterios.it/

Note:

[1] La teoria della moneta moderna: prima parte (cartalismo e marxismo); seconda parte (i trucchi della circolazione monetaria), terza parte (una rete di protezione a favore del capitalismo); MMT, Minsky, Marx e il feticcio del denaro; Il modello macroeconomico della MMT.

[2] Economia della Valuta Moderna (libro in italiano che raccoglie sia Soft Currency Economics che Soft Currency Economics II), Edizioni Sì, 2016.

[3] In Italia la MMT è stata introdotta nel 2012 da Paolo Barnard ed ha ricevuto qualche simpatia da Federico Rampini il giornalista super keynesiano onnipresente sullo schermo televisivo.

[4] Paolo Giussani “È il mondo che fa girare il denaro. Il credito moderno da un punto di vista classico”. Paper non pubblicato Giugno 2005.

[5] Ibidem

[6] Ibidem

15/06/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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