E' un congresso che si svolge nell'indifferenza generale anche se per i comunisti e le comuniste si tratta di un congresso importante. Il PRC è infatti in Italia l'unica organizzazione comunista diffusa su tutto il territorio nazionale e che ha quindi la possibilità di creare conflitto e promuovere lotte sia a livello locale che a livello nazionale. Mai come ora c'è il bisogno di un rilancio di un'organizzazione comunista che riorganizzi i lavoratori ormai alla completa mercé di una borghesia che sembra aver vinto per adesso la lotta di classe.
Alcuni compagni e alcune compagne del PRC sostengono che andava fatto un congresso con un unico documento a tesi emendabili, ma questo tipo di considerazione viene fatta da chi non si rende ben conto di ciò che gli accade intorno e sopratutto del vero significato di questo congresso.
Siamo infatti chiamati ad esprimere un chiaro giudizio sul risultato della gestione Ferrero e siamo tutti noi, compagne e compagni del PRC, chiamati a decidere se vogliamo continuare nella “direzione ostinata e contraria” di Ferrero, oppure intendiamo cambiare radicalmente linea politica.
Ci sono dunque due documenti il documento uno: SOCIALISMO XXI, PER UN NUOVO UMANESIMO che sostiene la linea dell'attuale maggioranza e il documento due: RIVOLUZIONE E RIFONDAZIONE. IL PARTITO CHE VOGLIAMO che le si oppone radicalmente.
Diciamo subito che entrambi i documenti hanno il difetto di essere troppo lunghi, sono di difficile lettura e non rappresentano una linea di pensiero omogenea. Già questo aspetto è preoccupante perché i dirigenti del CPN sembra scrivano per loro stessi e non per i compagni e le compagne del PRC. Se avessero girato per i circoli, se fossero realmente in contatto con la “base” potrebbero facilmente rendersi conto che la maggioranza dei compagni e delle compagne, leggono molto poco, sono poco formati, e per invogliarli a leggere occorre essere chiari e concisi. L'altro aspetto negativo da registrare è che i documenti sono il frutto dell'elaborazione nelle segrete stanze di membri dei CPN che non si sono (o si sono confrontati pochissimo) con la base, anche nei casi in cui questo era possibile, poiché ci sono compagni e compagne che si sono riuniti ( penso alla realtà romana) mesi prima del congresso per cercare di dare un loro contributo alla discussione intorno ai temi congressuali. Questo ci riporta a ragionare su un tema importante, che purtroppo ha caratterizzato la vita del PRC fino dalla sua fondazione. Il dirigente eletto al CPN non si relaziona mai con la sua base e vive una sua vita politica propria, non è un “portavoce” di quell'intellettuale collettivo che dovrebbe essere il partito comunista, ma un individuo che che prende decisioni in modo del tutto personale e si sente legittimato a farlo. In alcuni casi pensa persino di essere un grande intellettuale e leader politico e si auto-elegge capo di una microcorrente con cui si relaziona solo quando deve chiedere: nel momento elettorale e durante i congressi. Purtroppo registriamo che nel partito non ci sono più grandi intellettuali, ma solo uomini molto confusi spesso con un “ego” smisurato rispetto alle loro reali capacità.
Ritengo quindi che, anche se purtroppo i documenti congressuali non sono stati stilati come era auspicabile fosse (coinvolgendo tutto il corpo militante del partito), il congresso ci dia comunque la possibilità di cambiare almeno in parte la classe dirigente di questo partito.
Alcuni compagni hanno commentato leggendo i due documenti che sono molto simili e che le differenze tra i due sono minime. Questi compagni si sbagliano di grosso.
In realtà i due documenti, contengono dei punti che li differenziano radicalmente.
Innanzitutto l'analisi del lavoro fatto dal PRC dal 2009 ad oggi. Appare disarmante l'atteggiamento ottimista dell'attuale segreteria di questo partito che come espresso da Ferrero nell'intervista al manifesto del 24/01/2017 e nel documento 1 vuole continuare con la stessa linea politica e non si assume nessuna responsabilità per l' attuale stato del partito.
Il documento 2 invece parte, come dovrebbe fare un militante marxista, dall'analisi della realtà che purtroppo è a dir poco catastrofica: dal 2009 ad oggi il partito ha perso oltre 30000 isctitti/e da 47000 iscritti del 2009 siamo calati a poco più di 15000.
Questi otto anni sotto la guida Ferrero possono descriversi come gli anni della diaspora comunista.
Migliaia di compagni hanno abbandonato il partito per migrare in altre organizzazioni o semplicemente per ritirarsi a vita privata. Ma quali sono le ragioni di questo disastro ?
Come sempre le ragioni sono diverse e le cause sono interne ed esterne, ma il dovere di una classe dirigente comunista è quello di interrogarsi sulle ragioni della sconfitta.
Ferrero si è circondato di uomini e donne a lui fedeli e ha cercato di realizzare la sua linea politica senza rendere conto al corpo militante del partito. I CPN e i CPF sono stati chiamati esclusivamente a ratificare decisioni già prese ed il partito è stato sempre ostaggio delle “organizzazioni di sinistra “ che eravamo di volta in volta chiamati a supportare. Il risultato di questa politica “illuminata” è stata un' emorragia costante di energie militanti e di passione politica. Le riunioni degli organismi dirigenti nazionali – Comitato politico nazionale e Direzione nazionale – avvengono ormai in seconda convocazione per quasi costante mancanza del numero legale.
Quindi il partito è stato “svuotato” ma il sogno di Ferrero quello di creare una sinistra antiliberista in cui lui personalmente giochi un ruolo “egemone” è naufragata in un disastro politico di immense proporzioni: il PRC è scomparso da 10 anni come forza politica “visibile” in tutto il territorio nazionale; ci siamo presentati alle elezioni politiche con Ingroia un giudice presuntuoso ben caratterizzato da Crozza nei suoi spettacoli, ottenendo come coalizione il 2%; abbiamo trattato con il ceto politico di SEL (quelli che hanno distrutto il PRC) per presentare una lista unitaria alle elezioni europee (l'altra europa per Tsipras), ci siamo lasciati “egemonizzare” per questo dalla Spinelli ed altri sei saggi della “società civile” e per un colpo di fortuna siamo riusciti ad eleggere una sola deputata europea di sinistra Eleonora Forenza (che sottoscrive e vota il documento 2) ma abbiamo anche eletto due piccolo-borghesi socialdemocratici Maltese e Spinelli che non seguono le indicazioni del GUE; infine, alle elezioni amministrative, abbiamo cercato sempre il nostro alleato “SEL” e a Roma abbiamo anche rischiato di non presentare alcuna lista per presentare le indicazioni di Paolo Cento e quello che l'attuale maggioranza del partito celebra come una vittoria è l'elezione di Fassina (ex sottosegretario del governo Monti).
L'aspetto positivo del documento due è quindi quello di voler cambiare radicalmente questa linea politica e la classe dirigente che l'ha portata avanti riportando democrazia e dialettica all'interno del PRC.
Quindi, il partito deve essere rilanciato e per farlo deve essere presente nella società reale. Il partito deve essere “sociale” ma anche esistere nelle organizzazioni in cui si genera conflitto nei movimenti e nei sindacati. Il partito deve essere organizzato anche nei luoghi di lavoro e a questo proposito io ed altri compagni abbiamo proposto un emendamento che propone che il partito si impegni per creare nei luoghi di lavoro strutture di tipo consiliare (i consigli di fabbrica che proponeva Gramsci)
I comunisti devono avere una linea politica sindacale e quindi il documento due propone nel punto 8.1: “Le lavoratrici e i lavoratori iscritte/i al PRC devono operare nel proprio luogo di lavoro secondo gli orientamenti discussi e decisi nel partito, intesi non come “ordini di servizio” al sindacato, ma come proposte e ipotesi di lavoro da verificare nel conflitto insieme agli altri lavoratori/trici. Da troppo tempo il partito non svolge più questa funzione: diventa quindi urgente convocare almeno una volta all'anno la “Conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori” del partito e prevedere una commissione nazionale, articolata territorialmente, che affronti tali questioni.”
Abbiamo assistito in questi anni a compagni che hanno fatto sindacato come singoli senza avere alcuna direttiva da parte del partito. Il risultato è stato disastroso. I nostri iscritti non hanno egemonizzato nessun sindacato e sono andati sempre in “ordine sparso” portando le politiche dei loro sindacati all'interno del partito.
Abbiamo poi visto compagni fare carriere nei sindacati confederali e giustificare l'ingiustificabile pur di far parte delle burocrazie sindacali.
Questo non è più possibile. Occorre tornare a “fare i comunisti” e per farlo dobbiamo avere una politica del lavoro del PRC da portare in tutti i sindacati, da quelli “di base” ai confederali per generare conflitto e rimettere in piedi un grande movimento di lavoratori e lavoratrici.
Non si può marciare da soli, non ne abbiamo la forza, ma non si può reiterare la stessa politica fallimentare di Ferrero. Per questo il documento due propone la creazione di una sinistra anticapitalista a partire “dal basso” che parta dai movimenti reali presenti nella società e non si basi su accordi pattizi con ceti politici ormai compromessi.
Anche in questo caso un emendamento aggiuntivo di compagni e compagne di Roma specifica come si debba creare un Fronte anticapitalista che parta dal basso e dalle lotte realmente esistenti in cui il partito sia presente come intellettuale collettivo.
L'altro aspetto che viene affrontato è quello dell'unione europea. In questo caso la questione è complessa. Se infatti in tutti e due i documenti si analizza bene come l'unione europea sia uno strumento nelle mani dell'alta borghesia per distruggere lo stato sociale e cancellare i diritti di lavoratori e lavoratrici, entrambe i documenti non si esprimono chiaramente sulla necessità di uscire dall'euro ed esistono in entrambi due tesi. Il documento 2 presenta la Tesi A che propone la disobbedienza ai trattati generando conflitto, senza uscire dall'euro e la Tesi B che propone l'uscita dall'euro per riprendere da un lato una politica di investimenti pubblici nell'economia (nazionalizzazione di banche energia, investimenti in scuola università e ricerca) e dall'altro alleanze politico-economiche diverse dalle attuali.
Avendo assistito a diversi congressi di circolo posso dire che alcuni dibattiti interessanti e che i compagni e le compagne si confrontano nel campo delle idee e delle proposte politiche, ma ancora troppo spesso si ha la sensazione che la silenziosa maggioranza delle iscritte e degli iscritti legga troppo poco i documenti e si affidi troppo, senza capacità critica, alle indicazioni e i giudizi della classe dirigente.
Questo antico vizio, che ha consentito la distruzione del PCI, può essere corretto solo con la formazione, che aiuti i compagni a sviluppare uno spirito critico marxista necessario per affrontare le tante sfide che ci aspettano in questi anni.