I was only a working-class boy from a Nationalist ghetto,
but it is repression that creates the revolutionary spirit of freedom.
I shall not settle until I achieve liberation of my country,
until Ireland becomes a sovereign, independent socialist republic.
Bobby Sands
Nel 2008, prima della Brexit e dieci anni dopo l’Accordo del Venerdì Santo del 1998 che ha sancito il processo di pace in irlanda del Nord, uscì silenziosamente nelle sale un film tanto meraviglioso quanto sconvolgente e crudo, Hunger, opera prima di un regista londinese sconosciuto ma pregno di talento visivo. È affascinante che Steve McQueen, artista nero nato e cresciuto in una terra che si definisce “country first” abbia creato un film che rivela, sottilmente, l'ipocrisia del suo paese natìo. Perché gli inglesi credono nel “country first” solo quando quel paese è il Regno Unito, ed è per questo che il nazionalismo repubblicano irlandese è stato storicamente così brutalmente represso.
Se gli Stati Uniti sono sempre stati la patria di una di politica identitaria, definendo i vari gruppi etnici come "afro-americano", "messicano-americano", "ebreo-americano", in cui la parola "americano" viene sempre secondo per importanza, nel Regno Unito, e soprattutto in Inghilterra, tutto è sempre prima "Anglo" (McQueen non è né "caraibico-britannico" né "afro-inglese"). Un velo offensivo che l'IRA ha combattuto da sempre.
Hunger si focalizza sul famigerato sciopero della fame di Bobby Sands, magistralmente interpretato da Michael Fassbender (probabilmente la sua migliore interpretazione insieme all’aLtro film di McQueen, Shame del 2011), nel carcere Long Kesh, ribattezzato dagli inglesi “Maze” (labirinto), dopo la revoca dello status speciale di prigioniero politico dello stesso Sands e dei suoi compagni di prigione, conosciuti come i Provisional dell’IRA.
Tecnicamente parlando, Hunger è un’opera d’arte, con un sound design sconvolgente e una sceneggiatura da palcoscenico teatrale che lascia stupefatti. Il termine “film d'arte” è stato affibbiato a molti film negli ultimi anni, forse anche troppi. Hunger invece, con tutti i suoi elementi sonori, visivi, che ricordano i quadri di Goya, e di montaggio (straordinari sono i piani sequenza ricorrenti per tutto il film) che scorrono in armonia tra loro, rientra perfettamente in quella categoria. Ma soprattutto, il film di McQueen è un capolavoro ricco di sfumature, che non ostenta mai la sua abilità artistica, ma la usa umilmente per servire la storia più importante, lo sciopero della fame che porterà inevitabilmente Sands ad una morte tremenda ed inevitabile.
McQueen utilizza il film per documentare in silenzio la complessità quotidiana di commettere un crimine, in questo caso la piccola e potente rivoluzione da una cella di una prigione. I visitatori che nascondono il contrabbando negli orifizi delle pareti, i prigionieri che contrabbandano informazioni tra le celle, ritrasmesse ai loro cari in una catena sotterranea ininterrotta. Ogni mossa, apparentemente innocua, nasconde un'agenda segreta e la possibilità di essere catturati. Il ritmo di McQueen è mozzafiato (dall'immobilità assoluta all'estrema violenza). I metodi di tortura usati dalle guardie e le reazioni estreme dei detenuti rendono la prigione del labirinto teatro e palcoscenico di un gigantesco gioco delle parti in cui nessuno esce vittorioso; e in cui la morte non è nemmeno un obiettivo, visto che le guardie non vogliono annientare ed uccidere, ma consegnare semplicemente un messaggio di sottomissione che i repubblicani irlandesi non devono mai dimenticare. Il che, storicamente, rispecchia da sempre l'atteggiamento del Regno Unito verso l'Irlanda stessa.
È importante qui notare come le tematiche della violazione britannica dei diritti civili e politici nell’Irlanda del Nord è stata spesso assente dal dibattito istituzionale europeo. I media e le istituzioni europee diffondono pochissime informazioni sull’evolversi del dominio coloniale del Regno Unito su quelle terre. La questione nordirlandese è stata trattata “troppo spesso e troppo a lungo secondo una visione distorta e guidata da fonti filogovernative inglesi, riprese ciecamente dai media internazionali, tanto che questo conflitto viene spesso ottusamente etichettato come “terrorismo irlandese” e mai come lotta di liberazione nazionale” (Walker C.).
Oltre al cinema (non solo Hunger, pensiamo anche a Michael Collins di Neil Jordan, a Nel Nome del Padre di Jim Sheridan, a Il Vento che Accarezza L’Erba di Ken Loach, a Bloody Sunday di Paul Greengrass, solo per citarne alcuni), la reazione al silenzio dei media europei è stata tanto grandiosa quanto visivamente straordinaria, un fenomeno sociale ed artistico che in Europa non ha eguali, ovvero quella dei “murales da combattimento” di Belfast e Derry creati dal collettivo chiamato The Bogside Artists. Arte e impegno civile che si fondono, creando una forma di comunicazione potentissima agli occhi delle persone. Vere e proprie opere d’arte che “con i loro colori tentano di rompere il silenzio internazionale, di perpetuare la memoria storica e rivendicare un futuro migliore di giustizia sociale ed autodeterminazione” (Jarman N.).
Grido artistico di affermazione identitaria e ribellione. Questo fenomeno raggiunge i suoi apici espressivi proprio in concomitanza del sacrificio degli Hunger Strikes guidati da Bobby Sands (1980-1981), ai quali la comunità nordirlandese mostra il suo supporto “attraverso murales di drammatica bellezza” (Jarman N.). I murales di Derry e Belfast rappresentano ancora oggi dei punti di incontro della comunità, le persone si incontrano nei luoghi in cui sono state realizzate queste opere per riappropriarsi della propria storia che viene da sempre ignorata o distorta dai media inglesi ed europei.
Uno degli eventi più drammatici della storia nordirlandese è sicuramente il Bloody Sunday (1972), quando il 1º Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili, colpendone ventisei e uccidendone quattordici. Questa storia drammatica è stata raccontata da un’opera murale straordinaria, riproduzione quasi fedele della fotografia scattata dal fotoreporter Fulvio Grimaldi. L’opera ritrae la morte di uno dei manifestanti ed i soccorsi per salvargli la vita. Come una moderna pietà michelangiolesca, si vede il corpo inerme tra le braccia di quattro manifestanti. Le figure si stagliano in bianco e nero, in modo tale da far risaltare il rosso del sangue che macchia lo striscione situato nella parte inferiore dell’opera.
C’è una componente marxista decisamente importante all’interno dell’ideologia nazionalista irlandese, legata da un forte senso di antiamericanismo e di disprezzo del potere e del denaro. Ciò si riflette in un antagonismo verso lo stato capitalista e gli Stati Uniti in particolare. Nelle strade di Derry e Belfast sono presenti murales che esprimono dunque “il dissenso nei confronti della politica americana di ingerenza nelle scelte dei vari paesi del mondo e del fatto che gli Stati Uniti siano i migliori alleati di Israele e complici, quindi, della discriminazione del popolo palestinese” (Nicola Guerra), al quale i nazionalisti si sentono vicini (le opere dedicate alla Palestina e alla sua lotta sono estremamente drammatiche ed efficaci nel loro messaggio politico).
La figura classica di Che Guevara viene in questo caso presa come modello per la liberazione nazionale e di autodeterminazione di tutti i popoli oppressi dalle potenze capitalistiche. Chiaramente, in questa connotazione non poteva non rientrare la vicinanza alla battaglia di indipendenza del popolo Basco. In un murales di Derry dedicato a Batasuna (il principale partito nazionalista di estrema sinistra Basco), la bandiera irlandese e quella basca si fondono e fanno da sfondo ad una mappa dell’Europa nella quale le terre basche si staccano dalla Spagna e dalla Francia con uno slogan che recita “Not Spain, Not France. Self determination for the Basque country”.
L’ultima tematica da prendere in considerazione è relativa alla figura della donna che opera per la Patria e lotta per l’indipendenza. Il movimento femminile irlandese (Cumann na mBan) ricorda molto quello contemporaneo delle combattenti curde in Siria. La rivoluzione sessuale, l'influenza marxista nei movimenti postcoloniali e il femminismo nell'era post-1968, ha dato più potere alle donne nelle organizzazioni politiche, le ha rese consapevoli che il loro ruolo non era più solo quello di allevatrice all’interno della famiglia tradizionale. Tuttavia, pur considerandosi come combattenti per la liberazione, molti dei membri uomini delle organizzazioni nazionali e anti-coloniali, sono cresciuti in un ambiente sociale decisamente conservatore, mantendendo questi valori tradizionali e reazionari all'interno delle loro organizzazioni. In tali circostanze, è chiaro che le donne hanno dovuto lottare per la parità di genere all'interno di tali organismi politici. Solo negli anni '70 e '80 le donne sono state accettate come combattenti, nei principali movimenti anticoloniali, in paesi come il Kurdistan, la Palestina, i Paesi Baschi o lo Sri Lanka.
Il murales che più di tutti omaggia le donne combattenti dell’IRA e che colpisce lo spettatore è sicuramente quello di Belfast. L’opera è dominata dalla figura femminile, quasi intera e sulla destra di chi guarda, che imbraccia un mitra. Sullo sfondo, sfilano le altre combattenti che sventolano i vessilli di lotta. È interessante notare l’uso dei colori, un contrasto acceso tra il rosso delle figure e il giallo del sole che le illumina da dietro, come ad omaggiare “l’alba di una nazione nascente” (Nicola Guerra). Intorno, il ritratto di sei donne combattenti che hanno sacrificato la propria vita: Dorothy Maguire, Maura Meehan, Anne Parker, Anne Marie Pettigrew, Eileen Mackin, Catherine McGartland.
Che cosa rimane oggi della battaglia dell’IRA? Cosa succederà ora che il Regno Unito ha deciso di lasciare la Comunità Europea, sottovalutando enormemente il voto nordirlandese per il remain, e di conseguenza il ricordo di una guerra civile che ha lasciato ferite profondissime e che ancora oggi può tornare? Difficile prevederlo. Proprio il ritorno di un confine “duro” potrebbe minacciare l'accordo del Venerdì Santo che ha ridotto il conflitto settario nel Nord. E questo è esattamente ciò che alcuni temono che Brexit possa fare, a meno che la Gran Bretagna non rimanga parte del mercato unico dell'Unione Europea e di un'unione doganale - un'opzione che la premier britannica Theresa May ha escluso fin dall’inizio dei negoziati di uscita dall’Unione. Le bombe recenti di Derry sono passate quasi inosservate dai media, ma sono i primi segni che l’accordo che comincia a scricchiolare.
È bene ricordare che i Provisional dell’IRA cominciarono la loro lotta rispondendo ad un bisogno difensivo, ad un pericolo immediato. Agli occhi dei Provisional, la divisione era stata un’ingiustizia sociale, un’intervento artificiale contro la maggioranza nazionalista dell’isola, e aveva creato uno Stato che negava la democrazia in Irlanda, che doveva essere riunificata poiché storicamente e culturalmente rappresentava una singola unità. L’IRA dunque ha sempre lottato per l’unità e l’autodeterminazione nazionale. L’errore più grande del Regno Unito è sempre stato quello di considerare i membri dell’IRA come terroristi religiosi, quando invece hanno sempre combattuto una guerra di liberazione nazionale dalla schiavitù colonialista britannica. Colonialismo che rischia oggi di riapparire ancora più evidente dopo il parere sulla Brexit da parte dell’Irlanda del Nord e di riaprire odi e rancori reciproci.
E l’arte è sempre stata lì ad insegnare la storia, con tutta la sua sfrontatezza e potenza espressiva. Come affermava Sironi nel suo Manifesto della pittura murale (1933), “la pittura murale è pittura sociale per eccellenza. Essa opera sull’immaginazione popolare più direttamente di qualunque altra forma di pittura”. E i murales meravigliosi dei The Bogside Artists sono proprio lì, a derry e a Belfast, ancora una volta, ad affermare che la storia non è affatto conclusa. Tutt’altro.
Filmografia
Michael Collins (1996) di Neil Jordan
Bloody Sunday (2002) di Paul Greengrass
Nel Nome del Padre (1993) di Jim Sheridan
Il Vento che Accarezza L’Erba (2006) di Ken Loach
Hunger (2008) di Steve McQueen
Bibliografia
L’IRA dei murales di Nicola Guerra
La vera storia dell’IRA di Richard English
The Irish Rebellion: What Happened and why di Frederick Arthur McKenzie
The partition of Ireland 1911-25 di Michael Laffan