Ragione, istinti e modi di produzione

Ragione, istinti e modi di produzione si sviluppano storicamente in stretta interdipendenza fra di loro. In particolare, i desideri plasmati dall’inconscio, sia individuale che collettivo, tendono a modificarsi adeguandosi ai diversi ambienti sociali, economici e politici di fondo. La “razionalità”, in questo contesto, non è neutra, ma svolge la funzione di supporto giustificativo alle istintive scelte comportamentali.


Ragione, istinti e modi di produzione

Analogamente agli altri animali e anzi a tutti gli altri esseri viventi, siamo emersi dalla selezione come sofisticatissime macchine di sopravvivenza, presupposto indispensabile di crescita e riproduzione. Siamo infatti tutti portatori di quei geni che, costruendo attorno a sé tali macchine, sono riusciti, attraverso infinite modificazioni, a riprodursi fino ad oggi nella successione temporale degli ambienti in cui erano immersi, ambienti geologici, storici, sociali e anche culturali nel caso dell’umanità.

Non sfuggono a questo meccanismo selettivo il cervello, la mente razionale, la coscienza, gli istinti e i loro correlati neurali, che affondano le loro lontane radici nello sviluppo di un complesso meccanismo percettivo-comportamentale funzionale alla sopravvivenza e alla crescita degli organismi stessi, messi così in grado di traghettare il loro patrimonio genetico alle generazioni successive. Non è dunque il corpo, ossia l’organismo, a selezionarsi e svilupparsi in funzione del cervello, del sistema neuro-ormonale e quindi della “ragione”, ma (come dice Damasio) [1] è vero esattamente il contrario.

In questo contesto lo sviluppo della “mente razionale” e della coscienza, non può essere compreso se non nello stretto rapporto che le lega indissolubilmente alla “mente emotiva”, cioè agli istinti, i quali a loro volta si possono definire come associazioni geneticamente trasmissibili di tonalità edonistiche [2] positive o negative (ovvero sensazioni piacevoli o dolorose) con percezioni e comportamenti in passato risultati, rispettivamente, favorevoli o sfavorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione. Il sistema è congegnato in modo che le sensazioni di benessere, o di malessere, rappresentino una sorta di indici inconsciamente utilizzati dall’organismo per adottare i comportamenti più adatti alle varie circostanze cui è esposto, evitando cioè il dolore e ricercando il piacere.  Il centro della gratificazione, posto all’interno delle aree cerebrali evolutivamente più antiche del sistema limbico, gioca in questo senso un ruolo fondamentale in quanto determina le scelte che la ragione s’incarica, elaborandole, di giustificare.

Questo complesso sistema, tuttavia, si è evoluto non solo in funzione di sopravvivenza, crescita e riproduzione dei singoli individui, ma anche delle aggregazioni più vaste cui l’individuo appartiene, fino a comprendere quella sorta di “super-organismo” [3] costituito dal genoma della specie, con cui l’organismo individuale è indissolubilmente legato nella misura in cui, negli animali a riproduzione sessuata, il singolo e la collettività rappresentano i due poli complementari, dialetticamente interdipendenti e interagenti, della specie. È questo il motivo per cui nelle specie sociali, gli istinti “altruistici”, legati alla sopravvivenza della collettività, assumono un rilievo tanto maggiore quanto più ad essa è legata la sopravvivenza del singolo. In generale, la forza dell’altruismo genetico è direttamente proporzionale al grado di condivisione del patrimonio genetico di chi lo esercita con quello di chi ne beneficia, com’è osservabile, ad esempio, nel caso degli insetti sociali. Nelle specie più vicine a noi e in particolare nella nostra, tutto ciò però non è meccanicamente e riduzionisticamente applicabile alle situazioni concrete, ma rappresenta solo una potenzialità, che va compendiata con l’influsso esercitato da fattori ambientali, sociali e culturali contingenti. E ciò, grazie al marcatissimo grado di plasticità cerebrale, geneticamente predisposto, che ci caratterizza e che si è evoluto parallelamente alla complessità dei rapporti sociali.

Il contesto economico-sociale dei diversi modi di produzione svolge in questo contesto un ruolo fondamentale nell’indirizzare le pulsioni istintuali mediante l’impianto ideologico (la “mente collettiva”) elaborato a giustificazione di esse. D’altra parte, l’etica stessa, risultante dallo stadio di coscienza raggiunto dall’umanità, non è che il complesso di regole che lega dialetticamente la razionalità della scienza descrittiva alla prescrittività della scelta istintuale. La ragione dunque non è neutra, ma tende ad assecondare istinti solidali nelle società di cacciatori e raccoglitori in cui prevale il valore d’uso delle risorse, mentre tende a codificare i concetti di proprietà privata e di sfruttamento del lavoro dipendente nelle società di classe e, in particolare, di proprietà privata dei mezzi di produzione nella fase del capitalismo industriale e tecnologico avanzato. Ma la coloritura emotiva e le motivazioni etiche della mente, grazie alla sua estrema plasmabilità possono essere reindirizzate verso altri obiettivi come oggi, ad esempio, è il caso di popolazioni attivamente coinvolte nella costruzione di una società socialista come a Cuba, o nei movimenti di resistenza antifascista, o ancora nelle lotte di liberazione anticoloniali ecc. In altre parole, varia “l’oggetto del desiderio” (Umschaltung), ma i meccanismi di base che lo suscitano e lo orientano rimangono gli stessi. 

L’ideologia, infatti, non è solo un’astratta costruzione intellettuale di tipo logico-matematico, ma piuttosto un complesso di argomentazioni razionali che affondano le loro radici in impulsi etici motivanti, espressione da un lato delle condizioni materiali della classe d’appartenenza, ma dall’altro anche dell’assorbimento inconscio delle narrazioni propagandistiche della classe dominante. 

Rientra pienamente in questa logica il fenomeno sempre più pervasivo del consumismo, cioè del desiderio compulsivo di acquisire ogni sorta di beni disponibili sul mercato, funzionale e anzi indispensabile allo sviluppo del neocapitalismo [4]. L’insaziabilità del centro della gratificazione si sposa con le esigenze di crescita tendenzialmente illimitata della produttività e quindi dei profitti privati. L’istinto all’accumulazione può poi essere deviato e, per così dire, dirottato anche su beni che, all’apparenza allettanti, in realtà possono produrre, come vere e proprie droghe psicotrope, dipendenza, assuefazione e necessità continua di aumentarne la dose per ottenere il massimo grado di soddisfazione. Ad esempio, il potere d’attrazione esercitato dai cibi dolci come la frutta, selezionatosi in base alle necessità metaboliche degli organismi animali, può essere dirottato verso lo zucchero industriale, nocivo agli stessi organismi. Lo stesso vale per i molti beni di consumo o di lusso sapientemente propagandati, nel mondo capitalistico, mediante tecniche quali la neuropromozione [5]. In generale, l’istinto all’accumulazione fine a sé stessa del denaro, indipendentemente dall’uso che se ne farà (o meno), finisce per rappresentare un surrogato del piacere, il soddisfacimento di un desiderio distorto, comunque in grado di stimolare attraverso una sua continua reiterazione il centro della gratificazione attorno a cui necessariamente s’impernia il nostro agire. A livello politico, è la demagogia, sia essa nazional-razzista che su base religiosa integralista, a giocare un ruolo importante nella manipolazione degli istinti di lontana origine tribale [6] “sequestrando” le menti delle popolazioni in modo che esse stesse siano convinte sostenitrici di un ordinamento gerarchico repressivo che garantisca lo status quo.

In definitiva, non è il capitalismo a riflettere “la natura”, ma è quest’ultima che, piegandosi grazie alla sua estrema malleabilità alla logica circolare del binomio produzione-consumo, finisce per essere presa in ostaggio dal capitalismo. Si evince da tutto ciò la necessità di un superamento del sistema distruttivo del capitale mediante un modo nuovo di produzione, quello socialista, in cui dialetticamente si compenetrino una diversa struttura socioeconomica e politica, e un riorientamento in senso altruistico della mente collettiva in entrambe le sue componenti fra loro interagenti, ossia quella istintiva e quella razionale.

Note

[1] Damasio, A.: The Strange Order of Things. Random House Vintage Books, New York (2019) pp. 117-142

[2] Johnston, V.: Why We Feel. The Science of Human Emotions. Perseus Books, Reading (1999), pp.61-62

[3] Wilson, E.O., Hölldobler, B.: The Superorganism. The Beauty, Elegance, and Strangeness of Insect Societies. W. W. Norton & Company Inc., New York (2009)

[4] Ciattini, A.: Riflessioni sul libro di Clouscard, Neofascismo e ideologia del desiderio. In: https://www.youtube.com/watch?v=Z7qEynOuJ2M

[5] Cherubino, P., Martinez-Levy, A.C. et al.: Consumer Behaviour through the Eyes of Neurophysiological Measures: State-of-the-Art and Future Trends. Computational Intelligence and Neuroscience, 2019: Art. Ident.1976847 (2019)

[6] Crocchiolo, P.: Social media: surrogate tribes? In: The Logic of Social Practices, Springer Verlag, Cham Switzerland (2020), pp. 69-76

03/01/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Paolo Crocchiolo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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