Manuali fascisti - parte V

Prosegue l’analisi di alcuni testi scolastici, diffusi in epoca fascista.


Manuali fascisti - parte V

Prosegue l’analisi di alcuni testi scolastici, diffusi in epoca fascista, sulle più vistose omissioni e censure storiche operate dalla propaganda di allora. A cura di Lelio La Porta. 

di Lelio La Porta

Segue da Manuali Fascisti - parte IV

 

MANUALI UTILIZZATI

P. Silva, Corso di storia ad uso dei licei ed istituti magistrali, Messina, 1940

N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1937

N. Rodolico, Sommario storico per licei ed istituti magistrali in letture di documenti contemporanei, Firenze, 1959

A. Manaresi, La civiltà contemporanea, Torino, senza data

B. Lizier, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Milano, 1940

L. Simeoni, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Bologna, 1940

A. Bazzola, Roma, Torino, senza data

F. Cognasso, Storia d’Italia per licei ed istituti magistrali, storia contemporanea, Torino, 1935

N. Cortese, Corso di storia per licei ed istituti magistrali, Firenze, 1942

A. Valori – U. Toschi, L’età contemporanea, Torino, 1927

17. IL TOTALITARISMO FASCISTA

Il manuale del Silva, a pag. 400, chiarisce quali sono le basi e le conquiste dello Stato fascista.

Appare da ciò una tendenza caratteristica del Fascismo; quella di essere movimento totalitario; il che è espresso dalla formula: “tutto il potere a tutto il Fascismo”. Siffatta tendenza si estrinsecò in pieno dal gennaio 1925 quando, attraverso una serie di leggi fascistissime, venne creato lo Stato totalitario. Ma già nel 1923 la legislazione fascista e il suo spirito avevano avuto manifestazioni di importanza essenziale. Nel gennaio 1923 era stato infatti costituito il Gran consiglio, formato dagli esponenti principali del Fascismo, anche all’infuori del Governo e del Parlamento, perché fosse l’organo della rivoluzione in atto. Qualche mese dopo, fu organizzata la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, nella quale vennero immessi e inquadrati con i loro ufficiali i battaglieri elementi delle squadre d’azione.

Va detto che l’autore coglie con precisione nel totalitarismo l’essenza dello Stato fascista. Dimentica di scrivere, però, come si arrivò all’uso del termine totalitarismo. Il termine, infatti, venne usato per la prima volta (quindi si tratta di un vero e proprio neologismo) da Giovanni Amendola, ossia da un antifascista, che con esso voleva caratterizzare negativamente l’azione politica dei fascisti. A Mussolini, invece, la cosa piacque talmente tanto che si appropriò del termine dandogli un’accezione positiva (ovviamente dal suo punto di vista). Se ci si fa caso, nessun regime con le caratteristiche del fascismo ha mai usato per se stesso il termine totalitarismo, proprio perché, in genere, il suo significato è inteso in senso negativo. Le leggi fascistissime sono il cuore dello Stato totalitario, ossia la completa negazione di ogni libertà, la fine dei partiti politici, l’annullamento della più piccola parvenza di vita e di dialettica democratica.

18. LA PATRIA

A pag. 402 il Silva mette in evidenza l’importanza centrale della Patria per il fascismo.

Anche titolo altissimo di onore per il Fascismo, ed elemento essenziale della nuova atmosfera spirituale da esso creata nella Patria, è il culto dedicato alle testimonianze gloriose della guerra e della vittoria. Come lontani i tempi in cui quelle testimonianze venivano o trascurate o irrise! Oggi ogni italiano sa e sente che cosa abbia significato lo sforzo eroico e vittorioso della guerra nella storia della resurrezione della Patria, e del suo potenziamento fra le grandi Nazioni del mondo.

Si nota con chiarezza come il fine del ragionamento sulla Patria sia il raggiungimento di un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale usando l’unico strumento che un regime fondato sulla violenza potesse utilizzare: la guerra. Si dimentica, però, di mettere in evidenza come la trascuratezza e l’irrisione furono gli strumenti usati dal potere nei confronti di quei giovani soldati mandati al fronte (la leva del 1899) dopo la rotta di Caporetto con la promessa che a guerra conclusa vittoriosamente avrebbero avuto un riconoscimento sociale al loro impegno per la Patria. Sono gli stessi che occupano le terre e le fabbriche e vengono selvaggiamente aggrediti dai fascisti. Allora, chi difese e onorò la Patria? Non certo i fascisti picchiatori di coloro che la avevano difesa al fronte!

19. LA CONCILIAZIONE

Il Rodolico del 1959, a pag. 337, cerca di spiegare cosa fu la Conciliazione fra lo Stato e la Chiesa, sottoscritta l’11 febbraio del 1929 da Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri, a nome di Pio XI.

Mussolini volle e compì la Conciliazione. Fu opera di saggezza politica, fu elemento di pacificazione, di concordia per milioni d’Italiani. In verità Mussolini, politico, non da fervore religioso era mosso: la Conciliazione serviva a lui ad accrescere prestigio al partito fascista, e a convogliare in esso milioni di cattolici italiani. L’opera spiegata da Mussolini e da suoi consiglieri fu facilitata dalla preparazione dell’opinione pubblica del trentennio precedente: molti pregiudizi erano caduti da una parte e dall’altra. Né ciò basta: senza la forte tenace volontà di un grande Papa italiano, Pio XI, la Conciliazione non sarebbe stata possibile. Egli intese, sua missione, ricondurre – come egli disse – l’Italia a Dio.

L’accordo con la Chiesa garantiva una crescita di consenso al regime da sfruttare sul piano politico viste la disponibilità e la simpatia di cui il fascismo godeva presso una percentuale non minima dell’alto clero. Ciò che sfugge all’autore è quanto segue: ci furono momenti di attrito fra lo Stato fascista e la Chiesa, soprattutto nel 1931, quando vennero sciolte le associazioni cattoliche fasciste e Pio XI levò alta la sua protesta con l’enciclica Non abbiamo bisogno (29 giugno 1931). Subito, però, fu raggiunto il compromesso con l’accordo del 2 settembre del 1931 che prevedeva l’impegno delle associazioni cattoliche, in primis l’Azione cattolica, in un’opera di apostolato religioso e di appoggio politico allo Stato fascista senza ricorrere a dirigenti del Partito popolare che, essendo antifascista, non godeva di certo delle simpatie del regime. I testi dell’epoca fascista affrontarono il discorso in termini non dissimili come è possibile evincere dal passo seguente tratto da pag. 242 del manuale di Manaresi.

Dicemmo come dopo il 1870 tra l’Italia e la Santa Sede i rapporti fossero sempre ostili a causa della questione romana. Di questa ostilità aveva profittato la massoneria per creare tra il popolo uno spirito anticlericale, che il Fascismo, rispettoso della grande forza spirituale e morale del Cattolicismo, non poteva tollerare. Ciò che ad altri governi non era riuscito, riuscì invece a S.E. Mussolini, il quale nel febbraio 1929 potè portare a compimento l’opera della Conciliazione fra lo Stato italiano e la Chiesa (…) .Così si è chiusa la lunga e dolorosa questione romana per l’illuminata bontà di Pio XI, che gl’Italiani ricorderanno sempre come il papa della Conciliazione.

20. MUSSOLINI

Nelle letture in appendice al capitolo XIII del manuale di Manaresi, a pag. 256, è possibile avere un ritratto di Mussolini, di seguito riportato, tratto dal volume di P. Gorgolini (Il fascismo spiegato al popolo).

Mussolini riassume in sommo grado le più schiette qualità della stirpe. E’ uomo d’azione; logico e a un tempo acuto pensatore; d’intuizione rapida; temperamento esuberante, polemico, passionale, volitivo, moderno. Egli campeggia nella scena politica italiana sovrastando “dalla cintola in su” tutte le figure più popolari del Fascismo italiano, di cui è anima, cuore e cervello. Possiede larga e profonda dottrina, genialmente assimilata. Oratore efficacissimo, tribuno di trascinante eloquenza, agitatore di grandi risorse. Mussolini incarna virilmente la superiore espressione del sentimento nazionale. Egli odia la bolsa retorica, i chiacchieroni, i saccenti, i pessimisti, gli infingardi, tutte le persone in mala fede. Detesta i traditori d’Italia, e, quando può, esemplarmente li punisce. La sua generosità è senza limiti. Taciturno, lavoratore, coraggioso, tenace, coerente nella sua apparente incoerenza. Fascinatore di folle. Terribile nello scatto. Nell’amicizia fedele. Tremendo nella vendetta e inesorabile. Nella buona e nella mala sorte tutto d’un pezzo. Il trionfo non l’ha mai inebriato, come la sconfitta mai abbattuto. E’ giovane nel senso più assoluto del termine. E’ instancabile e di vulcanica attività. Possiede poi in alto grado il senso della misura.

Il passo è esplicativo di come si crei il mito del Capo attribuendogli capacità in grado di guarire i mali del popolo e della nazione. Alla menzogna di questa descrizione serva come cura la descrizione gramsciana di seguito riportata.

Conosciamo quel viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato dovevano, con la loro feroce meccanica, far venire i vermi alla borghesia e oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia. Conosciamo tutto questo meccanismo, tutto questo armamentario e comprendiamo che esso possa impressionare e muovere i precordi alla gioventù delle scuole borghesi; esso è veramente impressionante anche visto da vicino e fa stupire. (…) Egli era allora [quando militava nel Psi, n.d.c.], come oggi, il tipo concentrato del piccolo borghese italiano, rabbioso, feroce impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci quando ridiventa borbonica, che spera di vedere nella classe operaia lo stesso terrore che essa sentiva per quel roteare degli occhi e quel pugno chiuso teso alla minaccia. (A. Gramsci, Capo in L’Ordine Nuovo, marzo 1924, poi in L’Unità, 6 novembre 1924)

21. IL FASCISMO COME RELIGIONE DELLA POLITICA

Il Lizier, a pag. 463, sottolinea i caratteri per cui il fascismo va inteso come una religione della politica.

Mediante la trasformazione degli istituti e la ricostruzione economica, il Fascismo mirava alla rigenerazione spirituale degli Italiani: si proponeva di formare l’Italiano nuovo già auspicato dai grandi educatori politici del Risorgimento, saldo nelle sue persuasioni e consapevole delle sue responsabilità, votato alla Patria come a un ideale religioso, e disposto a sacrificarsi per essa senza badare a rischi e scomodità. Si intese dare alla vita non più un semplice valore economico, ma il significato austero e combattivo di una milizia, in cui il fervore intimo degli ideali desse vigore alla disciplina e alla forza collettiva.

Quali in definitiva i caratteri dell’Italiano nuovo? L’autore non dice che per italiano nuovo doveva intendersi un individuo privo di coscienza il cui controllo era affidato totalmente all’ideologia che aveva nel Duce il suo sacerdote massimo. Achille Starace, segretario del Pnf dal dicembre del 1931, dirà senza mezzi termini che la base dello stie di vita del fascista perfetto sarà un’«educazione guerriera come modo di pensare e di sentire». Tale progetto pedagogico sarà realizzato nelle organizzazioni, soprattutto giovanili, appositamente create da fascismo ed avrà il suo compendio nel comandamento che recita: «credere, obbedire, combattere».

22. L’ANTISEMITISMO E LE LEGGI RAZZIALI

A pag. 465 del Lizier c’è un riferimento alla politica razziale del fascismo e alla sua attuazione grazie alle apposite leggi promulgate nel 1938.

(…) fu resa possibile, infine, la prospettiva di costruire una razza italiana sana e forte, preservandola da commistioni nocive capaci di alterarne i caratteri fisici e morali, come quelle con gli indigeni dell’impero coloniale che intanto si andava formando. Nacque così nel 1938 la politica razziale, la quale ha assunto specialmente carattere di contrapposizione fra la razza ariana e la razza ebraica, carattere cioè di antisemitismo.

L’antisemitismo non ebbe soltanto uno scopo biologico e di pura e semplice discriminazione razziale; esso nascondeva un fine politico esplicitato da Starace durante un incontro con gli estensori del Manifesto della razza nel corso del quale dichiarò l’impegno ufficiale del Partito nella campagna antisemita poiché, ovunque, gli ebrei rappresentavano lo stato maggiore dell’antifascismo. Questo aspetto sfugge all’autore che, peraltro, al problema dedica soltanto le righe appena riportate.

23/10/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Lelio La Porta

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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