LOCARNO. Sapremo il 12 agosto il titolo del film vincitore del concorso internazionale e tutti i nomi (registi, attori) cui sarà assegnato il “Pardo”, premio del festival internazionale del cinema di Locarno, uno dei più prestigiosi nel panorama mondiale di filmografia.
A quattro giorni dalla giornata inaugurale si conoscono già i destinatari di alcuni importanti riconoscimenti.
Lunedì 7 il Festival omaggerà il regista, sceneggiatore e produttore statunitense Todd Haynes. Nelle sale destinate alle visioni e nella piazza Grande con il più ampio schermo all’aperto d’Europa il pubblico di appassionati e centinaia di critici e giornalisti accreditati al Estival Locarno vedranno oltre al suo ultimo film “Wondestruck” anche “Poison”, uno dei titoli che compongono la sezione Locarno70, dedicata alla celebrazione della tappa dell’evento.
Il Locarno Festival assegna il Pardo d’onore Manor a Todd Haynes, ricordando che nel 1991 tra i 19 film che si contesero il Pardo d’oro c’era “Poison”, esordio cinematografico di Haynes, realizzato dopo alcuni sorprendenti cortometraggi. “Poison”, tratto da opere di Jean Genet, segnala la cifra stilistica dell’autore americano che non fa del suo cinema uno strumento di propaganda, ma semplicemente uno strumento al servizio di una realtà da scoprire, capire, raccontare: gli anni ’50 americani, quando la difesa della moralità era spesso violenta. Successivamente Haynes diresse Julianne Moore in “Safe” (1995), “Far from Heaven” con 4 nomination agli Oscar nel 2002 e “Wonderstruck” (2017) che vedremo qui a Locarno. Haynes diresse anche Cate Blanchett in “I’m Not There” dieci anni fa, un film corale sulla vita di Bob Dylan e “Carol” (6 nomination agli Oscar del 2015).
Carlo Chatrian, Direttore artistico del Locarno Festival ci tiene a sottolineare che “in sette lungometraggi Todd Haynes ha saputo dare forma a un universo originale dove la conoscenza del cinema americano ed europeo, l’amore per i film di Sirk e Fassbinder, si sposa con una sensibilità moderna”. In altre parole nei suoi personaggi, interpretati da attrici straordinarie, rivive la magia del grande cinema, arte che sa sublimare la realtà senza diventare disincantata.
Nella sezione Locarno70 si potranno seguire 11 opere prime presentate al Festival in 70 edizioni. Sarà ricordato che Locarno ha avuto il merito di essere la base di partenza di carriere importanti: da Éric Rohmer con “Le signe du lion” (1962), a “Tres Tristes Tigres” (1968) di Raoul Ruiz, passando per Marco Ferreri con “El Pisito” (1959) e il ritratto della famiglia in “Der siebente Kontinent” (1989) di Michael Haneke.
Un altro riconoscimento di cui si conosce già il ricevente è il Premio Raimondo Rezzonico che andrà al produttore svizzero Michel Merkt.
Da quindici anni Locarno dedica ai protagonisti della produzione indipendente internazionale il Premio Rezzonico Dopo Mike Medavoy, Christine Vachon e David Linde, tra gli altri, il Premio andrà al produttore svizzero che con la sua abilità ha dato un importante contributo alla realizzazione di diversi successi internazionali riuscendo anche di recente a portare la Svizzera sotto i riflettori della cinematografia mondiale.
Originario di Ginevra Michel Merkt ha scoperto il mestiere di produttore lavorando per la trasmissione “Le Journal des sorties” di Canal+. Nel 2008 co-produsse il cortometraggio “Person to Person” di Wim Wenders. E’ conosciuto soprattutto come produttore di “Maps to the Stars” di David Cronenberg. Un “fiuto” quello di Michel Merkt che si riassume con gli otto lungometraggi presentati alla scorsa edizione di Cannes, tra cui: “Elle” di Paul Verhoeven, César 2017 per miglior film e a Isabelle Huppert come miglior attrice protagonista. Eccellente uomo di cinema, intelligente produttore che con la sua attività ridisegna un mestiere nell’industria cinematografica. Per Michel Merkt “il produttore è chi facilita il percorso di un regista, portando le sue visioni e idee sullo schermo, trovandogli poi un pubblico e che vede nel lavoro di squadra la via più efficace”. Il tutto nel campo di una produzione cinematografica che “dovrebbe riguardare la comunicazione di nuove visioni, rendere visibili nuove culture”, senza mai perdere di vista il fine: “ciò che il pubblico vuole”.
Carlo Chatrian, Direttore artistico del Locarno Festival: “Da David Cronenberg a Walter Hill, Xavier Dolan e Philippe Garrel, per non citare due dei film evento della stagione appena trascorsa Ma vie de Courgette e Toni Erdmann: in pochi anni Michel Merkt ha saputo ritagliarsi un ruolo di primo ordine nel panorama del cinema indipendente internazionale. Ciò che mi piace nella sua attività è il saper sorprendere, andando oltre quelle frontiere di genere o di nazione che spesso hanno contraddistinto la pratica dei suoi colleghi. La sua curiosità, unita a un fiuto indiscutibile, ne fanno uno degli attori di rilievo della scena contemporanea”.
Locarno70, poi, rinnova il suo legame con il cinema italiano. Sullo schermo di Piazza Grande serata con il nuovo film di Francesca Comencini, al Concorso Cineasti del presente con l'esordio di Andrea Magnani, al Fuori Concorso con il corto di Daniele Gaglianone. “Amori che non sanno stare al mondo” della Comencini sarà proiettato domenica 6 agosto: trasposizione dell'omonimo libro scritto dalla regista, il film è una commedia dall’ironia tagliente con la grande lucidità con cui le donne affrontano la fine di una storia d’amore.
Un ultimo cenno al Pardo d’onore Manor che venerdì 11 sarà consegnato al regista Jean-Marie Straub, riconosciuto a livello mondiale per il rigore delle sue scelte e per la forza delle sue proposte, un autore “faro” per generazioni di spettatori e registi.
Classe 1933, in oltre sessant’anni di carriera Jean-Marie Straub ha riscritto il cinema. Nato in Francia, vissuto in Germania e in Italia e oggi residente in Svizzera, Straub ha percorso il cinema con la compagna d’arte e di vita Danièle Huillet (1936 – 2006). Sbocciato cinematograficamente come assistente sui set di Jean Renoir e Robert Bresson, Straub, insieme a Huillet, ha tracciato un solco nel cinema del Novecento ponendo al centro il reale e gli strumenti espressivi attraverso cui mostrarlo e comunicarlo: un cinema radicale, di rigore, dove il superfluo lascia spazio all’essenziale. Spesso coinvolgendo attori non professionisti, tavolozze ideali per un rapporto diretto con il testo, l’opera di Straub e Huillet è anti-spettacolare e profondamente politica, senza però scivolare nel propagandistico.
Di lui ricordiamo l’esordio nel 1963 con il cortometraggio anti-militarista “Machorka-Muff”. E quello che ci dice Carlo Chatrian, Direttore artistico del Locarno Festival: “i film di Straub e Huillet occupano un posto imprescindibile nella storia del cinema moderno e hanno tuttora un’influenza innegabile su diversi registi. Spesso è stato usato il termine ‘rigore’ per parlare della loro pratica; rivedendo i loro film si sente anche quanta libertà palpita in ogni inquadratura – cosa di cui il cinema “digitale” ha un assoluto bisogno”. I film di Straub e Huillet hanno molto da dirci, forse per questo le recenti retrospettive a loro dedicate, nel 2016 al MoMA di New York, al Centre Georges Pompidou di Parigi e a Madrid al Museo Reina Sofia, sono state così bene accolte.
“La Città Futura” seguirà il Festival di Locarno con gli inviati che scriveranno sui numeri 138 (5 agosto), 139 (12 agosto) e dal 2 al 12 sulla pagina Facebook ogni giorno.