Che male c'è se metto “mi piace”?

Noi mettiamo “Like” e le multinazionali ci fanno i soldi sopra.


Che male c'è se metto “mi piace”?

Noi mettiamo “Like” e le multinazionali ci fanno i soldi sopra. Due accorgimenti e due suggerimenti per evitare di passare da utili idioti del web.

di Spartaco Milleluci

Pare che George Soros, fuoriclasse della speculazione finanziaria mondiale, un giorno ebbe a dire:“la lotta di classe esiste, e la stiamo vincendo noi”. Chi scrive potrebbe aggiungere: “sì, e spesso vi diamo pure una mano!”.

Ad esempio quando mettiamo un social like sulla pagina o su un post di un quotidiano mainstream, quando decidiamo di diventare follower di qualche sedicente intellettuale borghese o di certe trasmissioni televisive che riempiono dimunnezze il cervello di chi è capitato lì per caso mentre si sta preparando la cena, quando siamo uomini o donne della Politica che dovrebbero difendere le ragioni delle classi sfruttate ma ci apriamo un bel blog -“perchè bisogna essere visibili!” sul giornale di qualche questurino, magari filiosionista.

Qualcuna-o si chiederà: “ma come, che c'è di così sconveniente a mettere mi piace ? Sì, d'accordo, saranno anche nemici di Classe, ma è pur sempre una banalissima pagina, uno stupido post!”

Ed ancora: “non è forse una conquista di democrazia poter leggere il blog di una-un comunista su un giornale dalla linea editoriale liberista?”

Apparentemente le cose sembrano stare così: “che male c'è?” ma purtroppo la realtà è un'altra: nell'informazione asservita al potere delle classi dominanti nessun dato è gratis! I dati, le informazioni, creano margini di profitto per miliardi di euro e dollari; manipolarli, falsificarli, ri-orientarli, artefanno il consenso.

Un “like” significa “+1”, maggiore visibilità per chi lo riceve, che si traduce innuovo traffico pesato economicamente. Per essere chiari senza girarci troppo a lungo, uno scenario tipo è il seguente: più sono i like inconsapevoli ad un giornale mainstream e più aumentano i suoi introiti pubblicitari perchè la pagina ed il sito accrescono il numero difans. Dei maggiori introiti una parte viene reinvestita, accrescendo la potenza informativa, che magari si paleserà in una nuova crociata a favore del TAV di turno.

Idem per le curatrici ed i curatori di blog su testate avversarie di classe: non è democrazia informativa né tantomeno “sfruttare gli spazi gratuiti che ci vengono concessi”: nella migliore delle ipotesi si tratta di utili idioti politici che fanno il gioco del nemico, portandogli della visibilità un tanto al chilo e senza incidere né sulle loro fortune elettorali né sulla linea editoriale di chi li ospita.

Acquisire dunque consapevolezza delle conseguenze che si nascondono dietro gesti e decisioni apparentemente insignificanti se non addirittura visti come favorevoli a chi li agisce è fondamentale per potere poi affrontare criticamente unospazio infinito come il web.

Ci permettiamo di suggerire due accorgimenti e due suggerimenti:

- cominciare a cambiare abitudini quotidiane: aprendo il browser non ce lo ordina mica il medico di avere come pagina predefinita quello di uno dei tre o quattro maggiori quotidiani italiani asserviti al Governo o a Confindustria. Esiste tutta una serie di ottimi portali di quotidiani e riviste, in qualsiasi lingua del mondo, che offrono un resoconto antagonista delle vicende più importanti, nazionali ed internazionali: li si sostenga!

- se proprio non è possibile generare notizie originali o interpretarle ex-novo secondo una visione utile agli interessi delle classi subalterne, quando su unSocial si rilancia una notizia da un quotidiano mainstream se ne eviti almeno la condivisione tout-court, in quanto genera traffico malevolo: il suggerimento che si da è fare il copia-incolla del pezzo o delle sue parti essenziali e, per rispettare i diritti d'autore, citarne la fonte aggiungendovi il link: così facendo si abbattono i flussi in ingresso per quel giornale;

- è falso che esista un solo motore di ricerca, quello lì insomma, avete capito! Ne esistono decine, alcuni in fase di sviluppo, come il russo Yandex. Si tratta di sperimentare nuovi percorsi, magari all'inizio una volta ogni tanto, perché le abitudini consolidate, lo sappiamo, sono dure a morire. Così come non è detto che bisogna avere una mail che vada a finire direttamente nelle mani della NSA, National Security Agency, leggi: “Washington”. Anche qui Yandex mette già a disposizione una piattaforma per l'assegnamento di un indirizzo di posta elettronica;

- visto che oltre il 90% dei computer del mondo gira sulle piattaforme dell'uomo più ricco del pianeta, Bill Gates (patrimonio personale di 80 miliardi di Dollari – o 80.000.000.000 $: forse così si capisce meglio), siamo dispensati dal sostenerlo economicamente e possiamo, laddove possibile, montare sistemi operativi Linux.

Il tema di come rilanciare la comunicazione e l'informazione delle classi oggi subalterne, che non può certamente essere affrontato in questa sede, è come si vede ineludibile anche sotto l'aspetto di prendere coscienza dei segreti dell'avversario e prevenire comportamenti scorretti che favoriscono l'avversario.

06/11/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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