Dalla visione mitologica alla concezione scientifica del mondo

Vicine alle civiltà orientali, ma da esse indipendenti, legate più ai commerci che ai tradizionali cicli della natura, nelle colonie laiche dell’Asia minore si afferma la prima visione laica, razionale e potenzialmente democratica del mondo.


Dalla visione mitologica alla concezione scientifica del mondo

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi.

1. I fisiologi di Mileto

Nel VI secolo a. C. si sviluppa sulla costa della parte meridionale dell’Asia Minore, sulla costa occidentale dell’attuale Turchia, colonizzata dagli Ioni, una fiorente civiltà che ha come suo centro la città di Mileto, in cui viene introdotto per la prima volta in Grecia l’uso del denaro mediante il conio della moneta. Nella Ionia, ai confini con l’Impero persiano, si era sviluppata un’intraprendente classe mercantile che, con un’ampia flotta, commerciava dall’Egitto al Mar Nero. Lo sviluppo economico favorisce la crescita demografica e la creazione di nuove colonie di insediamento in quella che diverrà la Magna Grecia, in particolare a Elea, Crotone e in Sicilia, dove si svilupperanno i successivi padri della filosofia. I contatti con le civiltà del Vicino Oriente favoriscono l’allargarsi della mentalità, lo sviluppo di diverse usanze, credenze, attività umane e di forme politiche democratiche. Sorge così l’esigenza di una nuova cultura che si libera dalle credenze magiche, mitiche, religiose della tradizione, sviluppando un’analisi razionale dei fenomeni naturali. Si affermano così nuovi intellettuali, spesso espressioni della nuova classe mercantile, che riuniscono in sé quelli che, in seguito, diverranno i filosofi e gli scienziati.

1.1 L’arché ovvero il fondamento, l’origine, la causa prima e la sostanza primordiale

Gli antenati della filosofia – definiti fisici da Aristotele – intendono comprendere, al di là dei fenomeni naturali multiformi e in perpetua trasformazione, la loro unità, la loro totalità in una natura intesa come una realtà primaria e originaria di cui tutto ciò che esiste è un modo di essere particolare, finito di tale causa primordiale. Tale principio unitario era chiamato arché, termine che indica la sostanza, la materia originaria da cui tutti i fenomeni derivano, la forza che li anima e la legge che spiega il loro divenire, il loro nascere e perire. Tali padri della filosofia sono monisti, da monos unico, in quanto tendono a ricondurre a un unico principio primo il molteplice divenire del mondo fenomenico. Tale principio è la razionalizzazione di ciò che ricercava la religione in forme ancora mitologiche con il termine divino. I nuovi intellettuali di Mileto sono ilozoisti, in quanto ritengono che la materia originaria abbia in sé una forza che la fa muovere, facendone una materia vivente, senza dover ricorrere a un primo motore esterno. Sono, inoltre, panteisti in quanto tendono a unificare, come faranno i filosofi, quello che i religiosi chiamavano dio con la natura, ovvero con la totalità dei fenomeni naturali e umani.

2. Talete

Vita e aneddoti: vissuto fra la fine del VII e la prima metà del VI secolo dell’era antecedente la nostra, Talete di Mileto in quanto politico spinge i greci della Ionia a unirsi in uno Stato federativo, in quanto astronomo predice un’eclissi solare, come matematico scopre teoremi geometrici, come fisico individua le proprietà del magnete. Talete è, perciò, ricordato fra i sette savi ed è l’unico presente in ogni differente lista tramandata. Platone ci narra che era talmente preso dalle questioni intellettuali che, guardando il cielo, sarebbe caduto in un fosso. A proposito della serva Tracia che ride dell’intellettuale, osserva Hegel che mentre un intellettuale se anche finisce in un fosso ne è cosciente e ne può venir fuori, le persone digiune di scienza vivono sguazzando nel fosso, senza neppure rendersene conto. Inoltre Aristotele racconta che Talete, osservando il cielo, sarebbe riuscito a prevedere il tempo e, dunque, i raccolti agricoli, riuscendo così, con abili operazioni economiche, ad arricchirsi, cosa impossibile a chi aveva riso di lui, non alzando mai lo sguardo dalle occupazioni quotidiane. Quindi, commenta Aristotele, la scienza è utile, anche se i filosofi non la sfruttano per arricchirsi.

2.1 L’acqua come arché

Pare che Talete non abbia lasciato scritti filosofici. La fonte essenziale per il suo pensiero è Aristotele, che ci ha tramandato che Talete individuava il principio primo nell’acqua (leggi testimonianza Aristotele pag. 33 – Con-filosofare), presumibilmente in quanto tutto è sorto dall’acqua, poiché il nutrimento di ogni cosa è umido e anche noi siamo composti essenzialmente di acqua. Quindi l’acqua è il principio della natura in senso costitutivo, in quanto sostanza da cui dipende l’esistenza di ogni cosa e si basa sull’idea che la natura sia un grande organismo vivente e sull’osservazione che tutto il vivente ha bisogna di acqua. Quindi offre una spiegazione razionale, logica. D’altra parte Talete sviluppa l’antico mito omerico che ha posto Oceano e Teti come principi della generazione, in quanto l’acqua è fonte di vita. Dunque, la filosofia dà una spiegazione scientifica ai miti religiosi. Inoltre Aristotele testimonia che per Talete “la terra sta sopra all’acqua”, nel senso che l’acqua è la sostanza, ciò che sta sotto, ciò che la sostiene, quindi è il fondamento spaziale e materiale della natura. Talete si basa su una visione della natura come unico spazio formato da cielo, terra e mare; del resto Mileto è una città marinara circondata dall’acqua e l’acqua è indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo, ma anche di una polis sempre più legata allo sviluppo del commercio.

2.2 L’ilozoismo e il panteismo di Talete

Talete avrebbe inoltre osservato che “tutto è pieno di dèi”, ponendosi dunque in un’ottica panteista propria della visione del mondo filosofica, in quanto l’acqua, l’arché – equivalente filosofico del dio della religione – è presente in ogni essere vivente. Tale tesi potrebbe essere indizio dell’ilozoismo di Talete, termine composto da hyle = materia e zoon = vivente, visto che l’acqua è l’elemento vitale primordiale che pone in movimento la materia.

Bilancio conclusivo sull’odierna eredità del pensiero di Talete

Anche se noi oggi, grazie alle acquisizioni scientifiche odierne, siamo in grado di criticare le teorie di Talete, le conoscenze che ci permettono di stabilire su quali punti si sbagliava costituiscono l’esito di un lungo processo di indagine razionale sulla natura nel suo complesso. Il punto di partenza di tale processo può essere individuato proprio nella riflessione di Talete, in quanto il suo modo di procedere e i suoi ragionamenti formalmente corretti sono alla base della visione scientifica del mondo. 

3. Anassimandro

Concittadino e contemporaneo di Talete, Anassimandro nasce alla fine del VII secolo e muore alla metà del VI. È ricordato per esser stato, oltre che un padre nobile della filosofia, anche un uomo politico e uno scienziato. È stato il primo autore di uno scritto ispirato a quella che sarà la visione del mondo filosofico-scientifica in prosa, cui sarà dato il titolo Intorno alla natura, quale principio primo di tutti i fenomeni, di cui ci è stato tramandato solo un frammento. Anassimandro prende le mosse dalla stessa questione fondamentale che si era posto Talete, ovvero qual è il principio fondamentale della natura? Anassimandro pare sia stato il primo a definire la sostanza unica primordiale arché. Anassimandro non individua più l’arché in un elemento naturale, come l’acqua, ma nell’apeiron, un principio illimitato e indeterminato, “che abbraccia e governa ogni cosa”, una sorta di materia informe dove tutto è ancora indistinto. Come poteva essere il mondo prima del Big Bang.

Quindi, Anassimandro propone una spiegazione del mondo basata su un principio che appartiene al mondo stesso ma si sottrae all’osservazione diretta, non è fondata sulla conoscenza empirica, ma si lascia cogliere solo mediante il ragionamento. Le cose osservabili, determinate hanno una durata temporale limitata e finita, mentre il principio di tutto deve avere delle proprietà speciali, è un sostrato indifferenziato che si estende illimitatamente nello spazio e nel tempo. Heisenberg, uno dei massimi scienziati del XX secolo, lo considera precursore della fisica contemporanea, in quanto: “tutte le differenti particelle elementari potrebbero essere ridotte a una qualche sostanza universale che potremmo egualmente chiamare energia o materia. Questo punto di vista corrisponde alla dottrina di Anassimandro e io sono convinto che in fisica moderna sia il punto di vista corretto” (Fisica e filosofia).

L’apeiron è l’equivalente del Caos originario del mito, da cui ogni cosa ha origine determinandosi, ma a differenza delle teogonie la spiegazione di Anassimandro è razionale e non mitologica. In tale arché ogni cosa determinata torna a dissolversi dopo aver concluso il ciclo proprio ciclo vitale, stabilito da una legge necessaria. Non c’è più posto per l’intervento arbitrario del divino.

3.1 L’apeiron

L’apeiron come assoluta indeterminazione abbraccia ogni determinato che governa come punto di partenza e di conclusione del suo ciclo vitale. Esso ha caratteristiche analoghe a quelle che la religione attribuisce alla divinità, come l’immortalità, l’illimitatezza. L’assoluto indefinito riunifica nella propria indistinzione ogni determinazione particolare. 

3.2 La derivazione delle cose dall’apeiron

Ogni determinazione procede dall’indefinito mediante la separazione da esso. L’arché è sostanza primordiale animata da un eterno movimento, che consente di separare dal suo interno i contrari. In tal modo si genera un numero indefinito di mondi che si succedono in un ciclo eterno, per cui ogni determinazione si toglie superandosi nella successiva. In tal modo Anassimandro delinea la prima cosmologia che cerca di spiegare in modo scientifico il processo di formazione e generazione di ogni cosa.

3.3 La giustizia cosmica

Anassimandro sembra ripensare filosoficamente la legge di giustizia che Solone aveva posto come regolatrice del mondo umano. In effetti, nel frammento di Anassimandro possiamo leggere: “tutti gli esseri devono secondo l’ordine del tempo, pagare gli uni agli altri il fio [le tristi conseguenze] della loro ingiustizia”. C’è, in effetti, un parallelo tra il divenire cosmico della natura e la vita politica della città: la realtà osservabile con i suoi molteplici individui ciascuno per proprio conto è dominata dalla conflittualità, quindi l’arbitrio dei singoli deve essere subordinato a una legge universale.

Secondo una fuorviante interpretazione romantica, cara a Nietzsche e Heidegger, ma fondata su una errata traduzione del frammento, tutti gli esseri commetterebbero e, quindi, dovrebbero espiare l’ingiustizia (adikia), dovuta al loro stesso sorgere come esseri determinati. Il nascere di un essere determinato implicherebbe la scissione dalla sostanza indefinita, che segna una rottura dell’uno-tutto originario, una rottura dell’armonia. Entrerebbe così in gioco la diversità e di conseguenza l’opposizione, mentre originariamente tutto era omogeneo. Con la separazione dall’Uno-tutto si determina la condizione propria agli essere finiti che sono molteplici e, quindi, diversi, e perciò, in contrasto fra loro. Perciò ogni determinato, ogni finito, espierà con la morte, che lo riconduce alla sostanza primaria indefinita, il suo sorgere lacerando l’indefinito.

In realtà il senso del frammento è che tutti gli esseri commettono e, quindi, devono espiare l’ingiustizia verso gli altri. Determinandosi devono infatti contrapporsi al proprio altro, divenendo necessariamente unilaterali. Con la separazione dall’Uno-tutto si determina la condizione propria agli esseri finiti che sono molteplici e, quindi, diversi e, perciò, necessariamente in contrasto fra loro. Ma tale separazione è necessaria, è un momento decisivo di sviluppo, di superamento del caos indefinito e non certo una sorta di peccato originale come vorrebbe la sopra citata interpretazione religiosa-reazionaria. Tanto che ognuno si determina in contrapposizione al proprio contrario ed escludendo tutto l’altro da sé. Come dirà Spinoza omnis determinatio est negatio

3.4 I mondi, la terra e l’uomo

Nonostante le poche testimonianze che abbiamo, è da esse intuibile lo spessore di Anassimandro, fra i padri nobili della scienza e della filosofia. La natura stessa dell’apeiron porta, in effetti, Anassimandro a ipotizzare l’infinità dei mondi, che si succedono secondo un ciclo eterno. La terra non è più una superficie piatta, ma è pensata come un corpo tridimensionale sospeso in uno spazio celeste. Anassimandro introduce la visione del mondo scientifica in quanto mostra che la realtà non è come appare; il fatto che la terra non sia piatta lo intuisce, infatti, dal sole che sorge a oriente e tramonta a occidente e, dunque, deve girare intorno alla terra che deve avere un volume.

3.5 La spiegazione naturalistica dell’origine degli uomini

Allo stesso modo, visto che gli uomini appena nati non sono in grado nutrirsi da sé, Anassimandro sostiene che non potrebbero essere sopravvissuti se fossero nati come sono ora. Essi devono aver tratto origine da altri animali, in particolare dai pesci, dentro cui vivevano sino a che sono divenuti in grado di badare a se stessi – come i figli degli squali – e conquistarono la terra. Per quanto ingenue tali teorie possano apparire, mostrano l’esigenza di dare una spiegazione in termini puramente naturalistici del mondo senza dover ricorrere alla sfera del trascendente, del misterioso, dell’incomprensibile proprio del modo mitologico-religioso di vedere il mondo. Un modo di vedere il mondo che era proprietà privata di una casta chiusa di sacerdoti, che si tramandava un sapere unicamente fondato sulle tradizione. Alcuni interpreti hanno riscontrato nella teoria naturalistica di Anassimandro, in cui è escluso ogni intervento della divinità, l’abbozzo di una prima ipotesi evoluzionistica.

4. Anassimene

fiorisce alla metà del VI secolo a.C., è autore di un’opera in seguito intitolata Sulla natura, è anche lui fra i padri nobili della visione scientifico-filosofica del mondo. Anassimene realizza una sintesi delle tesi di Talete e Anassimandro. Torna a porre come arché una sostanza determinata come l’aria, ma al contempo gli attribuisce le caratteristiche dell’apeiron di Anassimandro: l’illimitatezza e il movimento incessante. Inoltre l’aria mediante la rarefazione e la condensazione permette di intendere il passaggio dall’uno al molteplice e viceversa

4.1 Rarefazione e condensazione

L’aria sarebbe la forza che anima il mondo, che è pensato da Anassimene come un essere gigantesco che respira e vive d’aria come l’uomo. Più in generale l’aria tutto pervade e come anima e soffio (pneuma) dà origine negli animali alla vita. L’aria è il principio del movimento e di ogni mutamento, esclusivamente mediante il processo di rarefazione e condensazione. Rarefacendosi l’aria diviene fuoco, condensandosi diventa vento, poi nuvola e, condensandosi ancora, acqua e terra. In tal modo Anassimene pone le basi logiche per lo sviluppo della concezione meccanicista del mondo.

4.2 Il divenire ciclico del mondo

Anche Anassimene teorizza il divenire ciclico del mondo, il suo dissolversi nel principio originario e il suo periodico rigenerarsi da esso.

19/02/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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