Perché una controstoria del medioevo?

Nel nostro corso di formazione stiamo affrontando la storia universale e i momenti salienti della storia della filosofia cercando di intenderli, come intellettuale collettivo, nel modo più scientifico e critico possibile, cioè nella prospettiva del marxismo quale materialismo storico e dialettico e filosofia della prassi.


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Marx ed Engels sostengono che l’unica vera scienza, capace di ricomprendere in sé tutte le altre, è la storia. Quest’ultima, come dimostra Hegel, è sempre e solo storia universale, la quale costituisce l’unico reale giudizio universale che stabilisce la ragione e i torti anche nelle grandi guerre fra Stati, non aventi altro tribunale cui fare appello. All’interno della storia universale gli aspetti più significativi e determinanti sono raccolti in particolare nella storia della filosofia, in cui sono preservate le perle prodotte dal genere umano e, in particolare, le riflessioni su loro stesse delle grandi civiltà storiche che hanno, di volta in volta, fatto da avanguardie dello sviluppo e del progresso storico.

La nostra non sarà semplicemente una storia come tante, ma aspira a divenire una vera e propria controstoria della storia universale e della storia della filosofia in particolare. Per quale motivo? Perché la storia necessariamente la fanno sempre i vincitori e nella presente epoca storica è chiaro che i vincitori, che hanno per il momento vinto la guerra per l’egemonia sulla società civile, sono le grandi potenze imperialiste. Queste ultime sono delle vere e proprie oligarchie, in quanto caratterizzano l’attuale forma di dominio dei più ricchi di contro alle classi sociali meno agiate e, in particolare, di contro ai lavoratori e proletari in senso lato, che comprendono tutti coloro che per vivere debbono vendere la loro forza lavoro come merce. Mentre i proprietari monopolistici dei mezzi di produzione e riproduzione della forza lavoro costituiscono la classe dominante, sugli interessi della quale si forma l’ideologia dominante. Del resto, la critica il più possibile radicale e rigorosa di quest’ultima costituisce il primo e decisivo compito dei marxisti.

Inoltre la coscienza di classe, fondamentale per ogni sviluppo storico, sociale, morale e culturale, significa innanzitutto comprendersi scientificamente e, a tale scopo, fondamentale è una conoscenza critica della propria storia e delle lotte che in essa sono state combattute contro gli oppressori.

In tale prospettiva per arrivare a delineare i lineamenti fondamentali di una controstoria, in quanto narrata dal punto di vista degli oppressi, degli sfruttati, dei proletari, non si può che fare affidamento sul marxismo, l’unica reale alternativa, almeno in senso progressista, all’ideologia dominante neoliberale e liberista. Peraltro il marxismo non può che essere un sapere critico e antidogmatico. Perciò non è un insieme di nozioni rivelate una volta per tutte dai grandi classici del marxismo, né si può ridurre a quanto hanno detto e fatto questi ultimi. Il marxismo, in effetti, a differenza di tutte le visioni del mondo precedenti è una filosofia della prassi, che intende comprendere la realtà e renderla perspicua allo scopo di trasformarla radicalmente, in modo cioè rivoluzionario. Del resto essere radicali significa saper risalire alla radice delle problematiche e delle questioni che si affrontano con lo scopo finale di poterle trasformare. Alla radice vi sono quei concetti che sono decisivi per comprendere in modo critico il proprio tempo, per trasformarlo, e ciò costituisce il fine ultimo e teleologico dell’autentico sapere filosofico.

Fare una controstoria della storia e della filosofia in senso marxista significa affrontare queste due fondamentali scienze dal punto di vista degli sfruttati ancora oggi subalterni. Ciò significherà in primo luogo una comprensione della storia e della filosofia da un punto di vista materialista e dialettico. Ciò significa comprendere lo sviluppo del genere umano a partire dalle strutture economiche e sociali e dai conflitti sociali, dalle lotte fra le classi che costituiscono il motore della storia, ossia di questa preistoria che abbiamo fino a ora vissuto, prima di poter accedere alla storia vera e propria che inizierà quando il comunismo si affermerà.

La comprensione dialettica consiste nell’avere innanzitutto chiara la direzione dello sviluppo storico, cioè i successi che hanno ottenuto nel corso del tempo le forze che si sono battute per l’ulteriore emancipazione del genere umano, di contro a coloro che si sono schierati dalla parte di chi milita per la disemancipazione, cioè per la deemancipazione dell’umanità. Si tratta di una epica lotta millenaria, che si combatte a tutti i livelli lungo tutto lo sviluppo storico, e la riflessione filosofica su di esso.

Tornando alla concezione dialettica del processo storico e concettuale si tratta di uno sviluppo che non può che muoversi lungo la spirale descritta dal progressivo superamento dialettico dei momenti storici e filosofici precedenti, che implica tesaurizzare quanto di progressivo, di ancora vivo, di utile è presente nel passato storico e filosofico, mettendo via via da parte ciò che è ormai superato, che non è più attuale, che ha perso la sua funzione progressiva, cioè gli aspetti transeunti, esistenti ma non reali-razionali, unilaterali e, perciò, adialettici del passato.

Nell’epica lotta storica e filosofica fra conservazione/reazione e progresso/rivoluzione si sono e continuano a scontrarsi chi vuole risolvere i problemi che insorgono dal punto di vista della natura preumana e chi si sforza di seguire la natura propriamente umana, razionale, sforzandosi di risolvere contrasti e contraddizioni con gli altri attraverso il dialogo. Perciò nei nostri seminari il momento più importante e significativo sarà la seconda parte dell’incontro, quando dopo la relazione iniziale si svilupperà il confronto dialogico, in cui entra in azione l’unico reale intellettuale contemporaneo, cioè l’intellettuale collettivo.

Ci si potrebbe domandare perché non limitarci a comprendere il nostro tempo in modo concettuale? Perché una reale comprensione del nostro tempo, che resta lo scopo finale di tutti i corsi di formazione, per poter contribuire a cambiarlo in modo radicale, implica una conoscenza dei lineamenti fondamentali della storia precedente, che è la base e ha dato il contributo determinante alla formazione della nostra epoca storica.

Dal momento che ogni grande evento come ogni grande filosofo, che ha contribuito in modo determinante a comprenderlo con il concetto e – nell’epoca contemporanea – a trasformarlo in modo radicale, è comprensibile solo a partire dai momenti o dai grandi pensatori precedenti che ha superato dialetticamente (tesaurizzando il loro contributo fondamentale per il mondo attuale e criticando, per metterli da parte, gli aspetti non più progressivi o poco dialettici), una effettiva comprensione non può prescindere da una conoscenza degli aspetti principali e delle riflessioni fondamentali del mondo precedente.

Proprio per questo nel nostro corso di formazione stiamo affrontando la storia universale e i momenti salienti della storia della filosofia cercando di intenderli, come intellettuale collettivo, nel modo più scientifico e critico possibile, cioè nella prospettiva del marxismo quale materialismo storico e dialettico e filosofia della prassi. Certo la storia e la filosofia di epoca distanti dalla nostra possono apparire superflui. In realtà non è e non può essere così, perché ragionando in tal modo si potrebbe sostenere che gli anni della formazione dell’individuo siano superflui, rispetto al suo fiorire. Mentre quest’ultimo non potrebbe esistere senza il precedente percorso, a tratti anche tortuoso e persino oscuro, della propria formazione.

In caso contrario si cadrebbe nell’errore di considerare come vero solo il risultato finale, senza tutto il percorso che vi ha condotto. In realtà il risultato finale, staccato da tutto il processo della sua formazione, rischia di essere un guscio completamente vuoto, svuotato di significato e incomprensibile.

Perciò in questo percorso collettivo di apprendimento stiamo ripercorrendo i momenti maggiormente salienti e determinanti per la conoscenza e la possibilità di trasformare, in modo auspicabilmente rivoluzionario, il nostro mondo storico e filosofico, nel senso della lotta delle idee per la sua interpretazione (concettuale).

Inoltre un momento particolarmente complesso, cioè tortuoso e per alcuni aspetti persino oscuro, di tale processo di sviluppo potrebbe apparire del tutto superfluo. In realtà senza percorrere insieme questo tratto di strada impervio non sarà possibile comprendere realmente i momenti precedenti, di cui rappresenta in qualche modo il risultato, il compimento, né i momenti successivi di cui costituisce il presupposto, quel fondamento nascosto che permette di squarciare la tenebra dell’immediato, prigioniera di un presunto e preteso eterno presente.

Del resto, come dovremmo sapere, la cesura adialettica con il socialismo precedente, utopistico, ha portato il socialismo scientifico a perdere se stesso, il proprio concetto. In effetti il socialismo scientifico ha senso solo come superamento dialettico del socialismo utopistico. Del resto lo stesso Engels ricercherà la causa più radicale e profonda della debolezza delle forze rivoluzionarie del suo paese in un evento apparentemente molto distante dal suo mondo storico e per diversi aspetti contraddittorio quando non oscuro, come la grande rivolta, purtroppo troppo presto abortita, dei contadini in seguito alla Riforma protestante.

Mutatis mutandis anche i secoli apparentemente oscuri che affronteremo nel corso dei prossimi mesi hanno un loro rilievo, perché ci permettono di comprendere a cosa ha portato la contraddizione fondamentale del mondo precedente, della grande civiltà classica, un gigante dai piedi di argilla in quanto fondata sul modo di produzione schiavistico. Allo stesso mondo, affrontando proprio questi decisivi secoli di transizione a un superiore mondo storico, quello medievale-cristiano fondato sul modo di produzione feudale, di cui studieremo i lineamenti fondamentali del suo primo sviluppo storico, sarà poi essenziale per comprendere la successiva transizione al mondo attuale, ancora largamente dominato dal modo di produzione capitalistico, con significative sacche di feudalesimo, che conoscono un inquietante riemergere proprio in questa epoca fondamentalmente reazionaria.

Infine, risulta utile per l’attualità lo studio dei nodi salienti di quest’epoca di passaggio necessariamente oscura, in cui un grande mondo storico con il suo modo di produzione sta vivendo una lunghissima ed estremamente travagliata agonia, senza che il nuovo mondo riesca ancora veramente ad affermarsi. Da questo punto di vista si tratta di un’epoca che presenta inquietanti analogie con la nostra e con cui è indispensabile, per quanto criticamente, fare i conti.

24/08/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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