Abbiamo ricevuto dall’Autore un agile saggio sul concetto di egemonia in Gramsci [1] e lo abbiamo trovato di interesse sia per la ricostruzione di un concetto gramsciano complesso, sia soprattutto per l’uso che anche qui e ora possiamo farne nello scontro in atto fra le ideologie imperialiste e il movimento che aspira a “cambiare lo stato di cose presenti”.
Antonio Gramsci, uno dei fondatori del Pci, grande uomo politico e straordinario intellettuale, che il regime fascista volle far marcire in carcere nell’illusione di poter “impedire a questo cervello di pensare” (parole di Mussolini), ha dato un contributo non sufficientemente apprezzato allo sviluppo del marxismo e del leninismo. E, per ironia della sorte, è letto e studiato maggiormente all’estero che in Italia.
Superando una lettura dogmatica delle pagine marxiane sul materialismo storico, Gramsci cercò di approfondire i nessi non sempre lineari fra struttura e sovrastruttura e pose in rilievo il ruolo che anche il sapere, la cultura e le ideologie possono svolgere negli assetti materiali delle società.
L’elaborazione del concetto di egemonia è uno dei frutti più significativi della sua ricerca e Schinello, nella prima parte del suo saggio, ricostruisce in maniera organica questo pensiero, attingendo ai frammentari spunti presenti sia nei Quaderni del carcere sia in articoli di Gramsci pubblicati nell’Avanti!, l’Ordine Nuovo, La Città Futura, Il Grido del Popolo e altri periodici.
Questa parte, di lettura assai scorrevole e quindi adatta anche ai militanti e ai quadri in formazione, mette ordine a una serie di acquisizioni teoriche che già questo giornale ha cercato di far conoscere, sia come materiale delle lezioni dell’Unigramsci sia nella forma di articoli. In essa vi troviamo il ruolo degli intellettuali e la distinzione fra intellettuale organico e intellettuale tradizionale, e l’educazione, con considerazioni sul ruolo per essa esercitato dalla scuola, dal teatro e dal giornalismo. Considerazioni ancora valide per quanto riguarda l’individuazione delle finalità, anche se ovviamente alcuni “contenuti e rubriche” che Gramsci individuò per la stampa comunista risultano oggi superati. Mentre l’autore rileva con comprensibile sorpresa che Gramsci in questi scritti non attribuì l’importanza che avrebbero meritato ai nuovi media di allora: la radio e il cinema.
Ancora più utile è la seconda parte del saggio dove l’Autore tratta dell’attualità del concetto di egemonia e mette a nudo l’uso che ne fanno, senza rivelarlo, gli ideologi del capitalismo e dell’imperialismo, dalle strategie di marketing e pubblicitarie, volte a diffondere stili di vita consumistici, alla personalizzazione della politica e alle “fiction politiche” delle campagne elettorali.
A proposito dei social media, se Schinello è consapevole del grado di imbecillità che vi viene “ospitato” (e io aggiungerei coltivato), non gli sfugge che essa va combattuta “proprio in quegli stessi luoghi”. Quindi niente chiusura, ma gramscianamente impegnarsi a far giungere le nostre idee presso più persone possibili.
Un altro tema affrontato è il cosiddetto Soft Power (potere morbido, o dolce), definito dal politologo americano J. S. Nye Jr., che raccomandava di utilizzarlo, in luogo della più costosa guerra (Hard Power), per l’identico scopo di affermare e conservare nel mondo l’egemonia statunitense. A dimostrazione che purtroppo e spesso il nemico di classe fa ricorso alla strumentazione marxista più proficuamente dei “marxisti”, questa strategia deve moltissimo al concetto gramsciano di egemonia e non riesce a nasconderlo del tutto. L’invasione subita in tutto il globo dell’American way of life (li stile di vita statunitense), attraverso cinema, Tv e media, fa pienamente parte di questo disegno egemonico.
Inoltre questa strumentazione è stata utilizzata per preparare le cosiddette rivoluzioni colorate, rivelatesi funzionali alle esigenze dell’imperialismo, ma anche per demonizzare i nemici degli Usa, col pretesto dei diritti umani e simili, preparando così l’opinione pubblica ai numerosi interventi militari degli ultimi decenni. In questo caso, viene da osservare, il Soft Power non è un’alternativa all’Hard Power, ma un elemento ad esso funzionale.
Il libro termina con il paragrafo Che fare?, in cui si cerca di dare alcune risposte alla domanda fondamentale per chi ritiene che la teoria debba essere strettamente legata alla prassi politica. E anche a questo proposito Schinello ci rivela l’utilità del lascito gramsciano, prendendo le distanze da quegli intellettuali che fanno una “filosofia senza prassi” o da quelli che fanno uso linguaggio sgrammaticato e infarcito di anglicismi. L’indicazione è invece che gli intellettuali si costituiscano come classe e come avanguardia, abbandonino ogni forma di snobismo salottiero, costruiscano un discorso “nazional popolare” e traducano “l’atto culturale in atto economico”, cercando di immettere nel mercato i propri prodotti e sottraendo spazio di mercato alle produzioni apologetiche del capitalismo. Quindi intellettuali “agenti di una produzione alternativa” e masse “agenti di un consumo alternativo”.
In appendice sono stati posti alcuni interessanti articoli di Gramsci.
Unico appunto: la separazione di ruoli fra intellettuali produttori e masse consumatrici non convince. Se è importante il ruolo del gramsciano intellettuale organico, articolo sempre più difficilmente reperibile sul mercato, lo è in quanto funzionale anche all’elevamento culturale delle masse, di modo che anche i proletari abbiano l’opportunità di essere loro stessi intellettuali.
Note:
[1] Salvatore Schinello, Tutta la nostra intelligenza. Il concetto di Egemonia in Gramsci, Gog edizioni, 2017, pp. 124, ISBN 978-88-942787-2-9, € 12.