Gli storici, così come i poliziotti e i criminali e di conseguenza gli scrittori di libri gialli, giustamente non credono alle coincidenze. Nel nostro caso sicuramente non è casuale che questo libro esca in coincidenza con un movimento di protesta radicale, di massa e di giovani come non se ne vedevano da decenni. Un fatto storico.
Giorni che valgono anni, ma anni in cui quotidianamente qualcuno ha lavorato con la pazienza della vecchia talpa a scavare per trovare nuove parole, per ridare senso alle vecchie e per questo nonostante decenni di pensiero dominante anticomunista e russofobico migliaia di giovani bloccano stazioni, autostrade e tangenziali cantando Fischia il vento, la sovietica Katiuscia, contro il genocidio del popolo palestinese.
Altra coincidenza: l’autore del libro è anche curatore della mostra Free free Palestine. 23 artisti per Gaza. Così come ha curato recentemente, con l'ANPI, le mostre La Crociata dei bambini. Artisti per il Disarmo e 80 volte Bella ciao sulla Resistenza.
Ciò che muove in tutto il mondo questa generazione è la necessità di una rivoluzione che salvi il genere umano dalla guerra, dalla distruzione, dalla totale disumanizzazione. Per avere concretamente un futuro hanno bisogno astrattamente di pensare e praticare urgentemente il cambiamento. Con le antiche frasi diremmo hanno bisogno di una teoria perché “non c’è rivoluzione senza teoria rivoluzionaria”.
Questo bisogno è nell’aria da tempo. Gramiccia, che aveva già scritto due libri per dare spessore e senso alla parola fragilità, un elogio e un almanacco di fragili eroi, e che dunque avrebbe potuto ritenersi, e noi lettori con lui, ampiamente soddisfatto dei risultati raggiunti e della serie importante di iniziative a esse collegate, non ha potuto fermarsi e si è costretto all’arduo cimento di fare un ulteriore salto di qualità e di scrivere della fragilità una teoria della trasformazione.
Se dunque nel primo libro aveva dimostrato come l’idea di fragilità non va dileggiata da chi si crede superiore e invece può esprimere una forza persino maggiore, e nel secondo ha illustrato questo concetto con la biografia di personaggi importanti, con questo terzo ha approfondito ulteriormente i concetti e le biografie con un movimento a spirale di scavo, come i minatori poeti di Caproni.
Fragilità infatti è parola polisenso, un prisma non uno specchio, che può essere declinata in diversi aspetti, sfaccettature. A ogni declinazione coincide un girone in cui si scende per capire meglio, per avvicinarsi per approssimazione a una teoria accettabile, cioè utilizzabile: la luna è nel pozzo, nel profondo il paradiso della comprensione. Il tesoro, appunto, di un potere nascosto.
Procedendo ciclisticamente a tappe possiamo sintetizzare il libro in 7 traguardi essenziali, solidamente raggiunti non esaustivi della ricchezza complessiva del testo e del ragionamento.
1.Esistono e vengono definiti diversi tipi di fragilità, viene descritta la modalità dialettica con cui si esprimono le sue modalità operative.
2. Fragilità come matrice dell’uguaglianza, che informa di sé il concetto di sinistra diversamente da come fa Bobbio; fragilità quindi come “condizione naturale” che tutti gli uomini fa uguali in quanto fragili.
3. Il Thauma aristotelico, inteso come sgomento, è all’origine non solo della filosofia, come dice Aristotele, ma dell’arte, della techne, della politica. Fragilità quindi vera, unica origine del tutto. Perciò “fragile ergo sum”, o più prosaicamente “in fragile veritas”.
4. C’è una fragilità sociale passiva che favorisce la nascita e persistenza del fascismo e di qualsiasi dittatura, ma c’è una fragilità sociale attiva all’origine della lotta di classe e delle rivoluzioni. Quest’ultima è in relazione feconda e dialettica con il giacobinismo, il Leninismo, questione correlata al Moderno Principe sviluppato da Gramsci a partire dal pensiero di Machiavelli
5. Viceversa la rivoluzione tecnologico digitale può essere gramscianamente interpretata come la più grande rivoluzione passiva della storia dell’umanità; secondo Gallino la causa principale dell’efficacia della lotta di classe dei padroni contro il proletariato. Il post moderno (pensiero unico neo liberale) come catechismo della fragilità passiva prodotta dal tecno-dispotismo capitalista.
6. Il comunismo viene inteso come abolizione della fragilità sociale, eliminazione almeno di tutte quelle ragioni di infelicità connesse o dipendenti da ragioni sociali. Non può abolire la fragilità individuale, ma può alleggerirne il peso, liberandola dal fardello aggiuntivo della fragilità sociale laddove esista, vale a dire nella stragrande maggioranza dei cittadini del mondo (quelli che appartengono a popoli o a classi sociali dominate).
7. Questione cruciale il passaggio da una fragilità passiva di massa a una fragilità attiva e ribelle di massa: non solo per riscattare gli sfruttati, ma per salvare il mondo dagli effetti mortiferi dell’esplosione delle contraddizioni insanabili del capitalismo.
Come acutamente osservato da Vladimiro Giacchè nella sua prefazione la fragilità della specie umana ha prodotto la necessità di sviluppare per difendersi una seconda natura, la cultura, ma questa oggi con la sua degenerazione può determinare le condizioni per una condizione ulteriormente peggiorativa dello status quo.
Da questo fatto inconcepibile sgorga la necessità storica del movimento da cui siamo partiti; la sua fragilità plasticamente evidente nei giovanissimi che affrontano a mani nude i manganelli, ma insieme la forza del coraggio di una generazione che non ha altre scelte che la lotta per salvare sé stessa e il futuro del pianeta. Questo libro gli serve come il pane. E grazie al contributo decisivo della penna e della sensibilità di Ginevra Amadio ci si trovano anche preziosi petali di rose.
Tra i tanti fragili eroi ritratti da Roberto e Ginevra con sapiente sensibilità segnalo Pier Paolo Pasolini, nel cinquantenario del suo omicidio, in cui l’intreccio di inestricabili contraddizioni produce un movimento continuo dalle viscere alla testa, dalla passione alla ragione che ne ha fatto il più importante intellettuale della sua generazione. Fragile e robusto a un tempo.
Pasolini che aveva acquistato e ristrutturato per viverci una torre medievale a Chia, consapevole della forza del Passato e profeta della mutazione e imbarbarimento del nostro tempo: un tempo in cui in cui le torri medievali cadono in pieno centro di Roma sulla testa dei poveri lavoratori di sempre, proprio il giorno del cinquantenario del suo omicidio. Un'altra coincidenza.
Pure per questo urge una rivoluzione: che siano i più poveri e fragili a farla secondo l’intuizione degli scrittori sovietici Isaak Babel e Boris Pilnyak, che come Esenin non volevano cieli senza scale.
Scale fatte a gradini di libri come questo.
