L'uomo dal cuore di ferro di Cédric Jimenez, Francia, USA, Gran Bretagna, Belgio 2017, voto: 5,5; interessante la prima parte del film dedicata al gerarca nazista Heydrich ucciso dalla resistenza ceca. La seconda parte, volta a ricostruire l’attentato, tende a scadere nella classica “americanata” poco realistica e alquanto patetica.
Avengers Infinity War di Joe Russo e Anthony Russo, Usa 2018, voto: 5,5; prodotto culinario di buona qualità dell’industria culturale, ha come punto di forza l’autoironia che consente all’attore e allo spettatore un certo effetto di straniamento. Dal punto di vista del contenuto, oltre alle solite irrazionaliste e irrealistiche storie della Marvel, con tratti superomistici, il film ha di positivo l’identificazione del nemico da battere con il neomalthusianesimo che considera necessario, per la presunta scarsità delle risorse, sacrificare un numero alto di vite considerate sovra-prodotte. Valido anche lo spunto che porta i supereroi a superare, almeno in parte, il loro atavico individualismo e a dover collaborare fra loro e con altri eroi per caso.
Hotel Gagarin di Simone Spada, Italia 2018, voto 5,5; commedia all’italiana, a tratti divertente, con qualche spunto valido per un dignitoso mediometraggio, ma decisamente insufficiente per realizzare un lungometraggio, tanto che finisce con l’annoiare.
Crazy & Rich di Jon M. Chu, Usa 2018, voto: 5,5; godibile prodotto culinario dell’industria culturale Usa, discutibilissimo miglior film brillante ai Critics choise award 2019, cerca di rilanciare nel modo più assurdo e improbabile il sogno americano del self made man.
A casa tutti bene di Gabriele Muccino, Italia 2018, voto 5,5; tipico prodotto dell’industria culturale cinematografia italiana, commedia ben confezionata e capace di rivolgersi a un grande pubblico, rimanendo sostanzialmente e colpevolmente indifferente rispetto ai grandi temi sostanziali della nostra epoca e del nostro popolo.
Roger Waters Us + Them di Sean Evans e Roger Waters, documentario musicale, Gran Bretagna, voto: 5,5; stanca riproposizione di alcuni dei grandi successi dei Pink Floyd.
La befana vien di nottedi Michele Soavi, Italia 2018, voto 5,5; ben confezionato e autoironico prodotto dell’industria culturale italiana, campione d’incassi in Italia (dopo il cinepanettone di C. De Sica) senza mai scadere nel volgare e nel trash, non poco per un film italiano in questi tempi oscuri.
Cafarnao – caos e miracoli di Nadine Labaki, Libano Usa 2018, voto: 5+; le drammatiche vicissitudini dei più deboli, i bambini poveri e gli extracomunitari, narrate in modo naturalistico. Una tragedia monca, priva di catarsi, che lascia aperta come unica prospettiva quella più cinica e classista, la soluzione neomalthusiana.
I figli del fiume giallo di Jia Zhangke, Cina, Francia, Giappone 2018, voto: 5+; film ultra sopravvalutato che naturalizza i tragici effetti della reintroduzione in Cina di alcuni aspetti della società capitalista e dell’egemonia dell’industria culturale occidentale.
Cold War di Pawel Pawlikowski, Polonia 2018 voto: 5+; film lezioso, manieristico, reazionario, affetto da secentismo programmatico, assurdamente premiato come miglior film europeo e candidato all’Oscar come miglior film straniero.
Terminator Destino oscuro di Tim Miller, Usa 2019 voto: 5+; su un impianto culinario per altro di serie b – come del resto quasi tutte le tarde ed epigonali riprese di un film di successo – l’autore cerca di inserire alcuni aspetti di critica sociale e una benefica autoironia nel personaggio che ha dato origine alla serie. Ad appesantire il film e a renderlo poco godibile, anche dal punto di vista gastronomico, è il solito pregiudizio apologetico della società capitalista, per cui le macchine sarebbero decisamente superiori ai comuni esseri umani, tanto da divenire irrealistiche e inverosimili come i super eroi.
Capri-Revolution di Mario Martone, Italia, Francia 2018, voto: 5+; film utile a comprendere quanto gli intellettuali italiani di sinistra, privi di un’autonoma visione del mondo, siano egemonizzati dall’ideologia dominante postmoderna, al punto da credersi tanto più radicali quanto più si mostrano postmoderni.
Quel giorno d'estate di Mikhael Hers, Francia 2018 voto: 5+; film in qualche modo tipico della nostra epoca di restaurazione, tutto incentrato sull’individuo e al massimo sui suoi rapporti con l’eticità immediata e naturale della famiglia. Al punto che anche l’irrompere tragico della grande Storia in fondo resta un accidente, o un espediente, dinanzi al quale il protagonista non fa sostanzialmente una piega, ma lo vive solo in relazione alle proprie dinamiche familiari. Così la tragedia degli attentati terroristici del fondamentalismo islamico è non solo completamente decontestualizzata, ma appare del tutto priva di senso, fine a se stessa.
Yesterday di Danny Boyle, Gran Bretagna, Russia, Cina 2019, voto: 5+; a tratti gradevole commediola britannica, tutta incentrata su una simpatica trovata che alla lunga finisce per annoiare. Naturalmente priva di ogni contenuto sostanziale.
Ted Bundy fascino criminale di Joe Berlinger, USA 2019, voto: 5; cronaca naturalistica e sostanzialmente acritica di un femminicida seriale, tutta narrata in modo non straniato dal suo stesso punto di vista.
L'uomo fedele di Louis Garrel, Francia 2018, voto: 5; commediola alla francese, piacevole ma priva di contenuto sostanziale.
Lo Spietato di Renato De Maria, Italia 2019, voto: 5; prodotto culinario dell’industria culturale che denuncia la penetrazione della criminalità organizzata nel nord Italia dal punto di vista, privo di straniamento, del killer protagonista del film.
Il sindaco del rione sanità di Mario Martone, Italia 2019, voto: 5; la meritoria ripresa di una significativa opera teatrale del grande Eduardo De Filippo è completamente vanificata dalle pessime modifiche imposte dal regista al testo originale per renderlo, a suo discutibilissimo modo di vedere, più attuale e meno ambiguo. In realtà, come avviene purtroppo sempre più spesso, invece di comprendere la profonda e realistica contraddittorietà del classico da mettere in scena, si cerca stolidamente di scioglierne la contraddittorietà, rendendo l’opera irrealistica, inverosimile e decisamente ambigua, visti gli attuali sviluppi della mafia. Anzi, dopo la trattativa Stato-mafia, un film del genere rischia di scadere, magari inconsapevolmente, nel rovescismo storico, proprio per lo sciagurato vizio di attualizzare in modo del tutto irriflessivo la ben più grande opera di Eduardo.
Selfiedi Agostino Ferrente, Francia, Italia, documentario 2019, voto: 5; filmetto insensatamente sopravvalutato in particolare dalla (a)-critica cinefila e postmoderna. Si tratta, in effetti, di una piuttosto scontata apologia del punto di vista del cameriere, su questioni sostanziali come lo stato di abbandono dei quartieri periferici in particolare meridionali, dove lo Stato si manifesta quasi esclusivamente attraverso i suoi apparati repressivi, volti essenzialmente a reprimere il disagio sociale. L’assurda pretesa che tali questioni sostanziali possano essere congruamente intese e interpretate da due sedicenni essenzialmente privi di cultura, anche dal punto di vista cinematografico, non poteva che portare la montagna a partorire un topolino. In altri termini, delle tragiche vicende che sono stati costretti a vivere, anche per la mancata scolarizzazione, non possono che restituire un vissuto privo, necessariamente, di elementi sostanziali. L’intento del film vorrebbe essere la dimostrazione che un altro mondo è possibile, ovvero che anche in una situazione del genere è possibile rinunciare alla scorciatoia di una vita violenta al servizio della criminalità organizzata. Il dramma è che, senza il barlume di una autonoma visione del mondo, di una comprensione critica della realtà, di un minimo di coscienza di classe, l’altro mondo possibile non può che concretizzarsi, in quel contesto, in una condizione di ultra-sfruttamento senza effettiva possibilità di riscatto. In tal modo i due protagonisti, che dovrebbero almeno in teoria costituire una denuncia vivente dell’operato e dell’assenza dello Stato, finiscono con il rappresentare il modello di chi ne subisce, in modo del tutto acritico e inconsapevole, la sua funzione di dominio sociale, senza essere nemmeno in grado di aprire un varco nella tenebra del quotidiano, mediante un barlume di spirito di utopia.
5 è il numero perfettodi Igor Tuveri, Italia 2019, voto: 5; ennesimo film essenzialmente gastronomico tratto da un fumetto, condito con la ormai consueta autoironia. Spiccano Toni Servillo nel ruolo del personaggio principale e la fascinosa ambientazione napoletana.
Bentornato presidente di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, Italia 2019, voto 5; godibile commediola all’italiana, brillante come satira politica del primo governo Conte, scarsa quando prova a dare una soluzione in positivo alla crisi di credibilità della politica politicante. A questo scopo finisce con il pescare alcuni dei più vieti luoghi comuni dell’anti-politica e dell’apologia dell’uomo qualunque, per cui il privato ha comunque il primato sul pubblico, l’istinto sulla ragione, l’improvvisazione sulla pianificazione, l’individuo al posto dei partiti politici e delle classi sociali, etc.
Maria Regina di Scozia di Josie Rourke, Gran Bretagna 2018, voto: 5; purtroppo il decisivo genere dei film storici è quasi completamente controllato da produzioni britanniche conservatrici e/o reazionarie, come anche in questo caso.
Shaun vita da pecora Farmageddon il film di Will Becher e Richard Phelan, animazione, Usa 2019, voto: 5; godibile e alquanto divertente prodotto culinario dell’industria culturale. Appare brillante in quanto comunica essenzialmente le immagini, non utilizzando mai un idioma. In realtà si tratta di un artificio vintage, sostanzialmente gratuito, se non controproducente, che rinvia alle vecchie produzioni dell’epoca del muto, quando si trattava, al contrario di oggi, di fare di una necessità virtù.
La famiglia Addams di Conrad Vernon e Greg Tiernan, animazione, Usa 2019, voto: 5; fare un film da una serie di tv di successo è generalmente un’operazione commerciale che può garantire un certo profitto, ma dal punto di vista estetico è una partita persa in partenza. Quelle gag che erano sopportabili in un breve episodio, al quale si dava scarsa importanza, trasposte al cinema non possono che apparire deludenti e noiose. In questo caso la situazione è aggravata dalla trasposizione in un film di animazione, per poter dare anche ai membri della famiglia quegli assurdi super poteri che ormai non si negano a nessuno. Il film si salva oltre che per la consueta autoironia, sfruttando questa famiglia così radicalmente altra da quella dell’ideologia dominante, per realizzare a tratti una significativa parodia di quest’ultima.
Captain Marveldi Anna Boden e Ryan Fleck, Usa 2019, voto: 5; prodotto ben confezionato, ma puramente culinario dell’industria culturale, all’impronta del politically correct.
Asterix e il segreto della pozione magica, di Alexandre Astier e Louis Clichy, animazione, Francia 2018, voto: 5; film godibile, divertente e ben confezionato, ma del tutto privo di spessore.
I morti non muoiono di Jim Jarmusch, Usa 2019; voto: 5-; ennesimo inutile film sui morti viventi, regge nella prima parte in cui reinserisce questo irrazionale fenomeno nella problematica della distruzione dell’habitat naturale dell’uomo a opera dell’attuale modo di produzione e in cui analizza con sottile ironia la sperduta provincia americana.
Juliet naked tutta un'altra musica di Jesse Peretz, Gran Bretagna 2018: voto: 5-; commedia piuttosto noiosa e alquanto inverosimile, priva di contenuto sostanziale.
Il commissario Montalbano, L'altro capo del filo, voto 5-; episodio sostanzialmente inutile imperniato su una vicenda alquanto inverosimile e priva di qualsiasi interesse. L’unico aspetto sostanziale resta il rinvio alla scottante questione degli immigrati, sulla quale, d’altra parte, si evita di prendere una posizione chiara e decisa.
Maleficent signora del male di Joachim Rønning, Usa 2019, voto: 5-; interessante come persino il solito prodotto reazionario della Disney debba tener conto del politically correct, persino nell’età di Trump. Quindi, pur restaurando monarchie assolute, con tanto di matrimonio ecclesiastico, deve comunque omaggiare un modo diverso da quello capitalista di rapportarsi alla natura e una decisa presa di posizione contro la guerra di civiltà.
Avengers: Endgame di Joe Russo e Anthony Russo, USA 2019, voto: 5-; il più classico, noioso e prevedibile sequel, con un pizzico di autoironia che lo rende a malapena sopportabile.
Love Death and Robots, 1x01 Il vantaggio di Sonniedi Dave Wilson, voto: 5-; tipico prodotto dell’industria culturale ben confezionato, sostiene in modo acritico l’ideologia neopositivista dominante nel mondo anglosassone, secondo la quale lo sviluppo tecnologico risolverà tutti I problemi della nostra epoca e, tendenzialmente, del mondo. Peccato che le soluzioni proposte sembrano peggiori dei mali e più che guardare in avanti, con un sano spirito di utopia, guardano indietro, restaurando il radicale dualismo cartesiano fra anima e corpo.
Love Death and Robots, 1x02 Tre Robot di Victor Maldonado e Alfredo Torres, voto: 5-; speculare e opposto al primo episodio, questo secondo episodio è certamente lodevole dal punto di vista del contenuto, in quanto mette in evidenza tutti i limiti del pensiero astratto e intellettualistico proprio della sedicente intelligenza artificiale, ma lo fa nella forma di un mediocre e alquanto noioso spot.
Grandi bugie tra amicidi Guillaume Canet, Francia 2019, voto: 5-; mediocre commediola francese, priva di contenuto sostanziale.
Ralph Spacca Internet di Rich Moore e Phil Johnston, animazione, Usa 2018, voto 5-; consueto prodotto ben confezionato di uno dei più pericolosi settori dell’industria culturale, il film pretenderebbe di dimostrare la superiorità delle macchine rispetto agli uomini.
Bohemian Rhapsody di Bryan Singer, Usa 2018, voto: 5-; assurdamente premiato come miglior film al Golden Globe, è un ben confezionato prodotto mistificatore dell’industria culturale che spaccia uno dei gruppi pop più in linea con l’ideologia dominante come dei ribelli geni d’avanguardia.
Troppa grazia di Gianni Zanasi, Italia, Spagna, Grecia 2018, voto: 5-; il film parte con degli spunti interessanti, è ben interpretato e a tratti arricchito da una graffiante ironia ma, non avendo nulla di sostanziale da comunicare, si perde completamente nel finale.
Ride di Valerio Mastandrea, Italia 2018, voto: 5-: deludente esordio alla regia da parte di un bravo attore che dimostra di non avere nulla di sostanziale da comunicare e di subire passivamente l’influenza della cultura dominante postmoderna.
Domani è un altro giorno di Simone Spada, Italia 2019, voto: 5-; stanco e mediocre remake di un bel film spagnolo di un paio di anni fa. Non può che colpire negativamente che un regista “emergente”, alla sua seconda opera, non abbia veramente nulla di significativo o di nuovo da esprimere.
Vox Lux di Brady Corbet, Usa 2018, voto: 4,5; noioso film a tesi, con personaggi macchiettistici, pieno di luoghi comuni sulla società dello spettacolo.
Ti presento Sofia di Guido Chiesa, Italia 2018, voto: 4,5; remake di una recente commedia argentina, che consente al film di evitare i vizi peggiori del cinema italiano, ovvero il rimestare nel torbido e il postmodernismo, ma non il minimal-qualunquismo.
I goonies di Richard Donner, USA 1985, voto: 4,5; discreto prodotto dell’industria culturale per ragazzi degli anni ottanta, ripresentato ora appare datato e alquanto mediocre. Difficile comprendere perché fra tanti film ancora attuali del passato bisognasse riproporre proprio questo.
Il Re Leone di Jon Favreau, Usa 2019, voto: 4,5; dal punto di vista formale il film è piuttosto un fallimento, la proposta verista di sostituire, sempre in modo digitale, i cartoni animati con “animali” esistenti non rende più realistico il film, al contrario fa apparire maggiormente artificiosa l’umanizzazione del mondo animale. Al centro del film è posta ideologicamente una concezione circolare del rapporto fra essere vivente e natura, che appare decisamente superiore a quella imposta dal modo di produzione capitalistico dominante, che vede nell’ambiente naturale un semplice mezzo per ottenere il profitto. Inoltre, critica la concezione fascistoide del potere, come dominio aperto dei più forti e dei più spietati. La visione del mondo nietzschiana, che tende a riaffermarsi con in neoliberismo, è anche criticata in modo efficace nella fase in cui Simba sembra aver perduto la propria vocazione. Il limite principale resta quello di voler naturalizzare e far apparire preferibile, rispetto all’attuale società capitalista, la concezione oggi decisamente reazionaria di un dispotismo paternalistico, più o meno illuminato. Per questo motivo si consiglia vivamente di tenere questa merce di mediocre qualità per quanto possibile fuori della portata dei bambini.
Star Wars - L'ascesa di Skywalker di J.J. Abrams, USA 2019, voto: 4,5; americanata per eccellenza, a furia di tirare fuori nuovi episodi da questa gallina dalle uova d’oro ci si è ridotti al livello delle serie, facendo resuscitare personaggi significativi fatti morire in episodi precedenti. Come film d’azione, effetti speciali a parte, diviene sempre più noioso e ripetitivo, finendo per altro per inseguire la intollerabile moda di supereroi dotati di poteri assurdamente inverosimili. Colpisce inoltre come nel futuro l’industria culturale e i suoi autori borghesi non siano in grado di trovare altro che la sostanziale crisi di civiltà, dovuta al necessario collasso della società capitalista. Per cui abbiamo di nuovo uno scenario per molti aspetti medievale, con in più la solita distopia delle macchine intelligenti, piene di sentimenti, ovvero capaci di unire i vantaggi della macchina alle peculiarità specifiche dei soli esseri umani.
Dolemite Is My Name di Craig Brewer, Netflix, Usa 2019, voto 4+; film tutto costruito su una questione di scarsissimo interesse, ovvero il relativo successo che ha avuto un sottoproletario afroamericano producendo opera trash, volte a sfruttare e a esaltare proprio gli aspetti più arretrati della cultura afroamericana.
Tolkien di Dome Karukoski, Usa 2019, voto: 4+; come quasi sempre i film biografici di grandi uomini non d’azione risultano superflui, privi di interesse sostanziale e alquanto noiosi. In particolare se, come nel film su Tolkien, il regista invece di concentrarsi su ciò che veramente può avere interesse, ovvero la sua carriera di scrittore, si disperde a trattare dell’infanzia, dell’adolescenza e della partecipazione alla prima guerra mondiale.
Godzilla II King of the Monsters di Michael Dougherty, Usa 2019, voto: 4+; solita operazione dell’industria culturale che cerca di garantirsi un accettabile tasso di profitto mettendo insieme una All Stars di tutti i mostri. In tal modo non si fa che moltiplicare i consueti difetti di questo fin troppo abusato genere. Per cercare di dare un minimo di dignità si cerca di aggiornare, in modo peraltro ambiguo e discutibile, la morale di fondo ambientalista propria del genere.
Il grande saltodi Giorgio Tirabassi, Italia 2019, voto: 4+; epigonale ripresa de I soliti ignoti, a tratti simpatico e fino a un certo punto abbastanza godibile. Interessante, anche se deterministico, l’analisi delle condizioni sociali misere che favoriscono la micro criminalità.
The Informer - Tre secondi per sopravvivere di Andrea Di Stefano, Usa 2019, voto: 4+; tipica merce mediocre, puramente culinaria e d’evasione, dell’industria culturale.
Cetto c'è senzadubbiamente di Giulio Manfredonia Italia 2019, voto: 4+; ennesima ripresa di uno sketch notevole per la capacità di critica sociale e politica, anche se privo di una qualsiasi prospettiva. Già nei precedenti film veniva meno l’aspetto brillante dello sketch. In quest’ultimo, infine, viene sostanzialmente meno anche l’aspetto più significativo, ovvero la mordente critica socio-politica.
Drive me home, di Simone Catania, Italia, Germania 2018, voto: 4+; film davvero sgradevole, si limita a fare una mera fotografia di due poveri italiani costretti all’emigrazione e che sognano il ritorno nel natio borgo selvaggio.