La giudiziarizzazione della politica: il caso ecuadoriano

Norma Espinel Aráuz, madre del vicepresidente ecuadoriano Jorge Glas ingiustamente incarcerato, è in Italia per denunciare la guerra giudiziaria e la deriva neoliberale intraprese da Lenin Moreno


La giudiziarizzazione della politica: il caso ecuadoriano

L'America Latina sta vivendo una fase decisamente turbolenta: la Regione sembra stia tornando – forse ben prima del previsto – verso il paradigma del socialismo del XXI secolo. Dai moti di protesta in Ecuador e Cile, fino alle flagranti vittorie di Alberto Fernández (Argentina) e di Evo Morales (Bolivia), che è stato costretto a dimettersi e fuggire per le pressioni degli americani, tutto lascia pensare ad una crisi della destra.

In questo contesto, giovedì 21 novembre, è arrivata a Roma Norma Espinel Aráuz, la madre del vicepresidente ecuadoriano Jorge Glas. Tra i vari incontri per sensibilizzare il popolo italiano e le sue istituzioni sull’attuale situazione ecuadoriana, Norma Espinel Aráuz ha fatto tappa a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, ospite di Stefano Fassina (Sinistra Italiana) e Pino Cabras (M5S).

Glas, uno dei più stretti uomini di fiducia dell’ex presidente Rafael Correa, vive un calvario da oltre due anni: accusato di corruzione, è stato processato attraverso una procedura quantomeno “atipica” e condannato con un codice penale già derogato e detenuto in un carcere di massima sicurezza senza prove contundenti di colpevolezza, né indizi di una possibile fuga all'estero.

Jorge Glas affronta un sistema giudiziario ingiusto, che persegue gli avversari politici di Lenin Moreno. Contro Glas e gli altri detenuti e perseguitati politici si adotta una tattica conosciuta come lawfare: ovvero, una vera e propria guerra giudiziaria per eliminare legalmente l'opposizione e screditarla. I mezzi di comunicazione svolgono un ruolo cruciale, mostrando il processo attraverso un filtro ben definito, distorsionante, che legittima la guerra giudiziaria. Il caso più celebre di lawfare è sicuramente quello che ha colpito Lula Da Silva e Dilma Rousseff in Brasile (con quest'ultima che fu vittima di un vero e proprio golpe politico-giudiziario).

Da Montecitorio, Norma Espinel Aráuz ha esposto le criticità processuali e le ingiustizie subite dal legittimo vicepresidente ecuadoriano, Jorge Glas. E già qualche mese fa, a marzo, l'osservatore David Araméndiz segnalava le gravi violazioni subite da Glas: “Si sono evidenziate marcate violazioni ai diritti umani, oltre alla minaccia di far pericolare quelle garanzie fondamentali inviolabili - nelle condizioni minime della dignità umana - che dovrebbero essere garantite dallo Stato”.

La persecuzione politico-giudiziaria nei confronti di Jorge Glas ha scatenato l'indignazione nella comunità ecuadoriana migrante, che si è attivata in massa per sostenere il legittimo vicepresidente. Sono innumerevoli, infatti, le manifestazioni organizzate in tutta Europa dal popolo ecuadoriano per dire NO al lawfare e all'imperialismo statunitense. Proprio il neoliberismo e l'FMI hanno fatto ritorno in Ecuador attraverso Lenin Moreno. Colui che fu il candidato correista rinnegò, fin dai primissimi giorni del suo mandato, la missione assegnatagli dal popolo ecuadoriano. La popolarità del presidente eletto è calata a picco nel giro di poco più di due anni e la violenta repressione perpetrata contro la sollevazione popolare non ha fatto altro che allontanare ulteriormente Moreno dai cittadini ecuadoriani.

Glas e migliaia di dirigenti e attivisti della Revolución Ciudadana sono stati presi di mira da un sistema giudiziario estremamente politicizzato. L'incarcerazione di Jorge Glas e la flagrante violazione delle garanzie processuali e dei suoi diritti fondamentali ricorda, tanto simbolicamente come fisicamente, il momento esatto della giudiziarizzazione della politica.

24/11/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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