PARIGI. Seine-Saint-Denis, il “93”, ovvero la banlieue per antonomasia, dove le contraddizioni sono ben spiegate dall’orientalista Gilles Kepel, autore di “Quatre-vingt-treize” (Gallimard, 2012). Le radici della jihad - cresciuta in Francia con la radicalizzazione islamica dei giovani che vivono qui nella periferia nord-est della capitale, dove la manodopera araba arrivò in massa nella Francia del secondo dopoguerra fino agli anni della decolonizzazione dei Paesi dell’Africa del Nord negli anni Sessanta - hanno avuto periodi di convivenza dal 1993 con numerosi ebrei sefarditi. Soltanto sette anni dopo, però, Seine-Saint-Denis ha cominciato a svuotarsi della sua popolazione ebraica, che non si sente al riparo dall’aumentato nuovo antisemitismo. Pierre-André Taguieff descrive la “nouvelle judeophobie”: dice che all’odio ormai obsoleto su base razziale del periodo nazista, si è sostituita “la demonizzazione di Israele e degli ebrei come rappresentazione del male assoluto”. Taguieff fa quello che per alcuni è un ardito collegamento tra “la nuova giudeofobia” e l’islamizzazione della causa palestinese. Di fatto l’antisemitismo è qui un codice culturale, la cui profonda conoscenza è necessaria per l’integrazione nelle cités. Nel libro “Les territoires perdus de la République" (Éditions Mille et une nuits, 2 ed., 2015)ci sono numerose testimonianze di professori e presidi delle scuole pubbliche che quotidianamente affrontano nelle aule il più crudo e disarmante antisemitismo, senza avere strumenti adeguati per combatterlo né per proteggere gli allievi ebrei. Una questione all’ordine del giorno anche nella campagna elettorale per le imminenti presidenziali e per le elezioni politiche. Israele è preso di mira dalla destra razzista del Front National di Marine Le Pen. Di recente a France 2 la leader della destra oltranzista ha dichiarato “No alla doppia cittadinanza se l’altro è un Paese non europeo, quindi: gli ebrei francesi con passaporto israeliano non potranno tenerlo. Israele non fa parte dell’Ue e non si considera europeo e quindi il provvedimento riguarderà anche gli ebrei francesi”. Significa che se dovessero scegliere la nazionalità non europea dovranno lasciare il Paese? Qui la Le Pen si contraddice. “Sì, chiederò questo a loro e agli altri con nazionalità non europea. Chiederò ai cittadini anche israeliani di scegliere la loro nazionalità. Non significa però che se non scelgono quella francese dovranno lasciare il Paese”. Nella sua campagna elettorale il Front National insiste sul problema della mancanza di assimilazione da parte degli immigrati. Le Pen ha spiegato perché per gli ebrei sia diverso: “La Francia può certamente sistemare a lungo termine persone con nazionalità straniera se essi rispettano la Francia e i valori francesi, cosa che è spesso un problema nel quadro dell’immigrazione. Non c’è un problema di questo tipo con Israele”.
Israele non è il solo Paese nella lista ‘nera’ della Le Pen. Eccetto la Russia, che viene considerata “parte dell’Europa delle nazioni”, non potranno avere la doppia cittadinanza anche cittadini di Usa e dei Paesi nord-africani, molto presenti in Francia.
La Le Pen ha giustificato l’invito come parte di quello che chiama “uno sforzo congiunto per sconfiggere l’estremismo islamista, che richiede sacrifici da parte di tutti”. Le sue dichiarazioni alimentano le polemiche per le posizioni del Front National riguardo agli ebrei. Come dimenticare le dichiarazioni del padre di Marine, Jean-Marie le Pen, fondatore del partito, sulla non esistenza delle camere a gas o le sue battute di cattivo gusto sulla Shoah? Nonostante gli sforzi di Marine di prendere le distanze dal padre, espellendolo anche dal partito, l’ombra dell’antisemitismo rimane sul partito nazionalista.
Pochi giorni prima la Le Pen aveva fatto un’altra dichiarazione preoccupante per gli ebrei: “Poiché penso che chiunque in Francia dovrebbe ricevere lo stesso trattamento, sostengo anche il divieto di indossare la kippah in pubblico così si compie un passo necessario per combattere l’Islam radicale in Francia”. Per la Le Pen “il patriottismo non è mai razzismo”, prendendo le difese del blocco imposto dal presidente Donald Trump sull’entrata negli USA dei cittadini di sette Paesi arabi, affermando che “ci sono dozzine di paesi musulmani nel mondo che non sono su questa lista. In compenso, il fatto che vi siano 15 paesi che vietano l’accesso agli israeliani non scandalizza nessuno”.
La leader del Fn ha negato che il suo e gli altri partiti anti-immigrati in Europa (compresa la Lega Nord in Italia) siano razzisti “Amare la patria, voler preservare la cultura e l’identità, e proteggere gli interessi degli americani in America, dei francesi in Francia e degli israeliani in Israele mi sembra più che legittimo”.
In Francia, le elezioni presidenziali si terranno il 23 aprile con il ballottaggio il 7 maggio. Gli ultimi sondaggi danno Marine Le Pen in testa al primo turno con circa il 25%, ma la vedono perdente al secondo turno sia contro il candidato di centrodestra François Fillon sia contro il centrista Emmanuel Marcon.
C’è una scuola ebraica in uno dei comuni del “93”, Les Pavillions-sous-Bois, in cui viene affermata la “banalizzazione dell’antisemitismo” nelle scuole pubbliche: «L’antisemitismo è diventato una specie di opinione e il termine ebreo un insulto ordinario, abituale e giustificato”. Molti studenti di origine ebraica hanno lasciato le scuole pubbliche trasferendosi a quelle allestite dalle comunità ebraiche francesi. Parlando con docenti universitari si tratta di un allarmante segnale, già colto nel 2004 da un ispettore generale del ministero dell’Istruzione francese, Jean-Pierre Obin, che in un rapporto denunciava “il razzismo antiebraico” nelle scuole pubbliche. Questa situazione talvolta spinge le famiglie ebraiche, anche contro la loro volontà, verso le scuole private, non per forza ebraiche, ma anche cattoliche. Per parecchi candidati alle elezioni si tratta di un vero problema da affrontare, non solo per gli ebrei stessi, ma anche per la Francia: Si potrebbe commentare: che ne è oggi della laicità, un principio cardine della Francia? Principio sancito dalla Legge 1905 sulla separazione tra Stato e Chiese, che doveva in teoria garantire la pacifica coesistenza di tutte le religioni negli spazi pubblici. Tra la gente, sia atea e agnostica sia di religione cattolica e islamica ed ebraica si alimentano le polemiche: khepà, burkini, cappelli e veli. Tra i politici troviamo chi sceglie una linea di compromesso, una sorta di laicità soft: E’ il caso del candidato alle presidenziali del 2017 Emmanuel Macron (ex ministro dell’Economia di François Hollande). Frequentando scuole e comunità ebraiche si sente dire anche una frase allarmante: “non riconosco più questo Paese, per la gioventù ebraica qui non c’è futuro”. Insomma, la Francia di libertà-uguaglianza-fraternità sta perdendo la sua identità interna e internazionale?