Fuori, la repressione contro il più grande corteo anticapitalista della storia tedesca recente – incluso l'arresto dell'europarlamentare comunista Forenza e di molti compagni italiani. Dentro il vertice del G20, la vittoria di Donald Trump.
Protezionismo e clima
I grandi vertici internazionali sono di solito passerelle in cui si ratificano accordi raggiunti precedentemente. Spesso, non si ratifica nulla di significativo. Dall'elezione di Trump, i vertici sono diventati il termometro di quanto il Presidente degli Stati Uniti sia in grado di far passare le sue fughe in avanti.
I leader europei hanno voluto usare il vertice di Amburgo per dimostrarsi guardiani del libero commercio degli Accordi di Parigi sul clima. Nel documento finale, i G20 “prendono nota” del ritiro degli USA dagli accordi sul clima. Il documento va oltre, e dice che gli USA continueranno a lavorare contro il cambiamento climatico “collaborando strettamente con altri paesi per aiutarli a ottenere e sfruttare i combustibili fossili in maniera più pulita ed efficiente”. In traduzione: il G20 prende atto che non solo gli USA si ritirano dagli Accordi di Parigi, ma si prendono il ruolo di sviluppare ulteriormente l'uso di petrolio e carbone. Ogni lettore può immaginare quanto sia serio l'impegno alla pulizia e all'efficienza.
Sugli scambi il documento finale ripete le formule di rito sul commercio libero e profittevole per tutti. Aggiungendo però che nella lotta al protezionismo è inclusa la lotta alle “pratiche commerciali scorrette” contro le quali “si riconosce il ruolo legittimo degli strumenti difensivi”. In pratica, Trump ha fatto digerire al G20 la sua linea per cui la Cina – in particolare sull'acciaio – non rispetta le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e gli USA sarebbero quindi autorizzati a innalzare dazi protettivi. Non a caso i giornali ufficiali cinesi sottolineano i buoni rapporti intrattenuti con gli europei e rivendicano l'adesione della Repubblica Popolare Cinese agli Accordi di Parigi.
Il mondo di Trump
Nessuno si può aspettare che i problemi del mondo siano risolti dal G20. Un G20 che parla di uscita dalla crisi ma al cui interno Angela Merkel continua a fare la campionessa dell'austerità. Un G20 che parla di pace e diritti ma al cui interno pesano forze reazionarie come la Turchia e l'Arabia Saudita.
Durante la campagna elettorale statunitense qualcuno si è illuso che dopo l'interventismo a tutto campo di Bush e quello “dal volto umano” di Obama, Trump potesse portare gli Stati Uniti d'America a una posizione isolazionista. Molti commentatori liberali temevano questo scenario. Qualche commentatore “antimperialista” è arrivato addirittura a sperare che il “compagno Trump” ritirasse gli USA e favorisse l'emersione di un mondo multipolare.
Niente di tutto questo. Trump può non avere una precisa dottrina per la politica estera ma i suoi punti sono fermi: bombe sulle Siria, golpe in Sudamerica, potenziali bombe sulla Corea del Nord, interessi americani al di sopra dei popoli e del pianeta. D'altra parte, i leader europei hanno provato a proporsi come alternativa democratica a Trump. Ma le critiche sono ipocrite, le pratiche sono ferocemente simili. Trump costruisce muri, l'Europa chiude i porti. Trump bombarda la Siria, l'Europa altrettanto.
E infine, la Germania, che dà la caccia ai manifestanti spagnoli e italiani. Per la Grosse Koalitionen democristiani e socialdemocratici a Berlino, l'Europa del Sud è come il Messico per Trump. Non ci sarà da stupirsi il giorno in cui proporranno di costruire un muro al Brennero. E farlo pagare a noi.