In pieno lockdown, con zone rosse nei principali paesi europei, scuola chiuse, sostanziale sospensione della stessa democrazia formale in nome dello stato d’emergenza, tutto appare sacrificabile a eccezione del profitto e delle armi che lo garantiscono. Così, tutte le principali attività produttive in cui è necessario lo sfruttamento in presenza restano aperte, come rimangono in pieno fervore tutte le attività volte a ribadire il dominio imperialista occidentale su globalizzazione e mercato mondiale. Anche perché i paesi a capitalismo avanzato del mondo occidentale sono da decenni in crisi di sovrapproduzione e necessitano sempre più del monopolio della violenza “legalizzata” per mantenere il proprio predominio internazionale e dare garanzie sui crescenti debiti, in primo luogo nei confronti della Repubblica popolare cinese. Dunque, “non tutto in Europa è paralizzato dai lockdown anti-Covid: si è infatti messa in moto la mastodontica esercitazione annuale dell’Esercito Usa, Defender-Europe, che fino a giugno mobilita sul territorio europeo decine di migliaia di militari con migliaia di carri armati e altri mezzi” [1]. Come si giustifica dinanzi all’opinione pubblica un simile scempio e paradosso? Semplice, mediante il ben rodato rovescismo storico, merce di punte della fabbrica del falso. Così i rappresentanti dei paesi Nato, comprendenti la quasi totalità dei paesi dell’Ue, hanno sostenuto che la causa sarebbe la Russia che “col suo comportamento aggressivo, mina e destabilizza i vicini, e tenta di interferire nella regione balcanica”. In realtà, a minare e destabilizzare i vicini della Russia, a partire dalla dissoluzione dell’Urss, è stata fra le principali attività e ragioni di essere della Nato. Stesso discorso vale per la regione balcanica in cui, dalla fine della guerra fredda, la Nato si è espansa al punto che praticamente tutti i paesi dell’area implorano di entrare a farne parte. Stesso discorso vale per i paesi confinanti con la Russia, che sono stati prima minati e destabilizzati, a partire dalla Georgia per arrivare all’Ucraina, passando per la Biellorussia etc. dalla Nato. Tanto che nell’alleanza atlantica è ormai di fatto parte integrante l’Ucraina, che dopo il rovesciamento, grazie all’intervento dei paesi della Nato del governo filo-Russo è stato imposto un governo filoimperialista di destra, che ha spaccato il paese e portato avanti uno stato permanente di “guerra fredda” con la Russia.
La Russia si è vista costretta a mobilitare il proprio esercito e a dislocarlo verso i confini, dal momento che la Nato pare intenzionata a estendere le proprie operazioni militari nei paesi confinanti con la Russia e, in particolare, nel contesto bellico esplosivo dell’Ucraina. A gettare olio sul fuoco ci ha pensato il vicedirettore dell’amministrazione presidenziale ucraina, Roman Mashovets, che “ha affermato che esercitazioni militari congiunte tra Ucraina e Nato potrebbero servire a contrastare le «azioni aggressive della Russia»” [2].
Per quanto concerne la Defender-Europe 21, “al comando dell’Esercito Usa in Europa e Africa, mobilita 28.000 militari degli Stati Uniti e di 25 alleati e partner della Nato: per operazioni in oltre 30 aree di addestramento in 12 paesi, comprese esercitazioni a fuoco e missilistiche” [3]. Ecco, dunque, il paradosso: “mentre ai cittadini italiani ed europei sarà ancora vietato spostarsi liberamente, per ragioni di «sicurezza», il divieto non varrà per le migliaia di soldati che si sposteranno liberamente da un paese europeo all’altro. Avranno il «passaporto Covid», fornito non dalla Ue ma dall’Esercito Usa” [4]. Vale più o meno lo stesso principio per cui nell’Unione europea la libera circolazione delle merci non è limitabile, mentre quella dei cittadini è limitabile e limitata dai singoli Stati.
Come dichiarato dal comando statunitense la grande esercitazione “dimostra la capacità degli Stati Uniti di essere partner strategico per la sicurezza nelle regioni dei Balcani e del Mar Nero, mentre sosteniamo le nostre capacità nel Nord Europa, nel Caucaso, in Ucraina e Africa”. E ancora, come spiega il comunicato ufficiale, occorrerebbe contrastare “la malefica attività in Nord Africa ed Europa Meridionale e l’aggressione militare avversaria”, in teoria dell’Iran, in realtà di Russia e Cina. Come ha dichiarato il segretario della Nato Stoltenberg: “la Nato sarà chiamata a occuparsi sempre più della sfida cinese, adattando il suo approccio strategico”. L’ampio raggio delle esercitazioni volte a contrastare “la malefica attività in Nord Africa ed Europa Meridionale” vanno intese come rivolte a contrastare la nuova via della seta marittima lanciata dalla Cina.
Infine, a pagare sarà al solito Pantalone, ovvero i contribuenti dei paesi europei ospitanti, in primis il nostro paese che, pur mostrando di non essere in grado di investire per tenere testa alla pandemia, ha aumentato ulteriormente quest’anno la spesa militare, fino a portarla a “27,5 miliardi di euro, ossia a 75 milioni di euro al giorno” [5]. Senza contare che “in piena pandemia la coalizione del governo Draghi – Pd, M5S, Lega e Fi con apprezzamento di Fd’I – plaude perché i fondi del Pnrr rilancino l’industria militare” [6], con una risoluzione passata all’unanimità in commissione. Resterebbe da spiegare come giustificare questo dirottamento di uno strumento finanziario che doveva contribuire “a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus per creare un’Europa più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future”. Senza contare che: “già i fondi pluriennali di investimento e sviluppo infrastrutturale destinano alla Difesa 36,7 dei 143,9 miliardi di euro stanziati (circa 27 per il solo acquisto di sistemi d’arma). Mentre nel solo budget 2021 del ministero per lo Sviluppo economico oltre il 70% del programma di «Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione» per le imprese finisce in nuovi sistemi militari (da soli quasi il 30% del bilancio complessivo Mise)” [7]. Tanto più che i parlamentari si sono spinti ben oltre “le stesse richieste dei produttori del settore della difesa, gli unici auditi anche più volte dalle commissioni Difesa di Camera e Senato. Nei suoi interventi il presidente di Aiad (Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza) Guido Crosetto sottolineava senza possibile fraintendimento e «come logico» che il settore della Difesa non era inserito negli assi del Next Generation Eu” [8]. Per poterli fare rientrare il parlamento sembra disposto a spacciarli per investimenti in tecnologia addirittura “verde”. Siamo, dunque, all’assurdo dal momento che il nostro paese è risultato vulnerabile alla crisi sanitarie, in quanto “mancava addirittura un «Piano nazionale per le emergenze di tipo pandemico» mentre la gestione delle emergenze di natura militare è costantemente pianificata, aggiornata e sovvenzionata in ambito Nato. Non solo: il nostro paese è sostanzialmente autosufficiente nella produzione di sistemi per la Difesa armata, ma è totalmente dipendente dall’estero per le tecnologie medico-sanitarie e gli stessi medicinali” [9].
Peraltro, la posizione filoatlantica del governo Draghi era uno dei pochissimi assiomi indiscutibili che si è degnato di rivelare durante le “consultazioni” con i partiti. Il presidente banchiere fin dal discorso d’insediamento ha attaccato Putin su Navalny ma non ha detto “una parola sul generale Al Sisi, Regeni o Zaki. L’importante è cosa pensa la Casa Bianca, non cosa pensiamo noi cittadini dei diritti umani. Draghi applica alla lettera il nuovo manuale Biden-Blinken del «perfetto alleato». Non come la Merkel che vuole completare il gasdotto Nord Stream 2 con i russi. Così, per dare un tocco certo apprezzato oltreoceano il premier e la Farnesina hanno dato ordine di votare contro la risoluzione presentata al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu sulle ripercussioni negative delle sanzioni economiche in piena pandemia a Cuba e altri paesi, come Venezuela, Siria ed Iran. Sanzioni Usa ed europee a Damasco che stanno impedendo qualunque ricostruzione del paese e affondano pure il Libano con il congelamento dei conti siriani nelle banche di Beirut. Ma il caso di Cuba è illuminante: in piena pandemia l’anno scorso l’Avana mandò in Italia un equipe di 53 medici. La risoluzione Onu è passata lo stesso ma vale la pena ricordare che l’anno scorso, in aprile, a sole tre settimane dall’arrivo della Brigata cubana Henri Reeve, in occasione dell’Assemblea generale Onu la Ue votò insieme agli Usa per respingere una risoluzione proposta dalla Russia per sospendere le sanzioni data l’emergenza coronavirus. Con i cubani in casa ad aiutarci non abbiamo avuto neppure il ritegno di astenerci. Il nostro servilismo verso Washington ha solide radici e non ha limiti. (…) Come tutti i camerieri solerti anticipiamo le richieste del padrone: restiamo in Afghanistan, dove gli americani vogliono andarsene” [10].
D’altra parte, “presentata da Cina, Stato di Palestina e Azerbaigian, a nome del Movimento dei Paesi non allineati, la mozione è comunque passata con 30 voti a favore, 15 contrari e due astenuti. Tra le sanzioni condannate vi sono quelle che vengono imposte a Stati come Cuba, Venezuela, Siria, Iran. Paesi che si oppongono alla politica imperiale degli Stati Uniti e come tali oggetto di uno strangolamento economico che acuisce gli effetti della pandemia di Covid-19 in termini di vite umane e crisi economica «effetti devastanti per la popolazione, specie per la parte più debole, donne, vecchi, bambini», ha accusato l’inviata dell’Onu, Alina Duhan, dopo aver valutato le conseguenze delle sanzioni imposte dagli Usa al Venezuela. Misure che hanno direttamente causato decine di migliaia di vittime, altro che colpire i vertici politico-militari”.
Tanto più che “il termine sanzioni evoca un codice etico violato. Ma per chi le affronta quotidianamente, come avviene a Cuba da sei decenni, si manifestano come un’imposizione criminale con l’unico e dichiarato scopo di abbattere un governo socialista che Washington ritiene intollerabile nel «cortile di casa»”[11].
Note:
[1] Dinucci, M., Nella morsa della pandemia al via manovre Usa-Nato, in “Il manifesto” del 30.03.2021.
[2] Squillante, E., Mosca: “È il confine russo, con le truppe Nato in Ucraina noi risponderemo”, in “Il manifesto” del 03.04.2021.
[3] Dinucci, M., Nella morsa…, cit.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Beretta, G. e Vignarca, F. [per la Rete italiana pace e disarmo], “Tutti uniti in Parlamento per un Recovery Plan armato” in “Il manifesto” del 03.04.2021.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Negri, A., Guerra fredda e spy story, il rischio di una “Operazione Nostalgia”, in “Il manifesto” del 01.04.2021.
[11] Livi, r., L’Italia all’Onu a favore delle sanzioni a Cuba, in “Il manifesto” l’Avana 30.03.2021.