Con la sentenza 130/2023 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (TFS) spettanti al personale della Pubblica Amministrazione andato in pensione dopo avere raggiunto i limiti di età o di servizio.
Nel solo 2024 andranno in pensione circa 150mila dipendenti pubblici (i nati nel periodo del boom economico sarebbero usciti dal lavoro già da anni se non fosse arrivata la Fornero che ha posticipato l’età pensionabile). Se calcoliamo la media di buona uscita dl 70mila euro per ogni dipendente si arriva a una spesa per l’INPS di circa 10,5 miliardi.
La sentenza della Corte si fonda sul principio costituzionale della giusta retribuzione che “si sostanzia non solamente nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione” (sentenza n. 159 del 2019).
Da anni i governi, tecnici o politici indistintamente, avevano reiterato i provvedimenti che dilatavano i tempi di pagamento, ultimo quello del ministro della Pubblica amministrazione (PA), Renato Brunetta, che prorogava la scadenza di altri due anni (30 giugno 2024).
La Corte riconosce l’incostituzionalità del rinvio dei tempi di pagamento dettato da esigenze di riduzione della spesa pubblica imponendo di fatto al legislatore, in ossequio ai principi di adeguatezza della retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalità, di attivarsi per non aggravare una situazione già difficile e tale da rappresentare un autentico pregiudizio e una evidente disparità tra personale pubblico e privato.
La Corte invita il legislatore a rimuovere il differimento del trattamento con gradualità e in considerazione degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria.
Così facendo si riconosce l’illegittimità del rinvio dei pagamenti con trattamenti diversificati tra pubblico e privato, ma si sceglie di non urtare le suscettibilità di Bruxelles e del capitale finanziario. I tempi per il legislatore non sono illimitati ma tali da non ripristinare con effetto immediato un trattamento equo e uguale per tutta la forza lavoro scegliendo di gravare ancora una volta sul personale della PA.
La sentenza n. 130 della Corte Costituzionale dichiara anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del Trattamento di fine rapporto (TFR) e del TFS dei dipendenti pubblici secondo quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione, un articolo a lungo menzionato (anche a riguardo di una equa retribuzione e tale da assicurare un’esistenza dignitosa) ma sostanzialmente disatteso come dimostra la miseria della paga oraria di innumerevoli contratti nazionali.
I tempi di liquidazione del TFS e TFS per i dipendenti pubblici sono stati per anni infiniti, fino addirittura a 7 anni, un’assurda prevaricazione dei diritti che ha spinto la Corte a intervenire ma, come sempre accade, senza ripristinare la situazione preesistente per assicurare da subito equità di trattamento tra pubblico e privato.
E così facendo il dipendente pubblico continua ad essere la vittima sacrificale delle esigenze della finanza pubblica.