I 4 padroni della rete (terza parte) - Amazon

Oggi il marchio Amazon vale oltre 150 miliardi di dollari, un terzo della capitalizzazione dei colossi di Piazza Affari.


I 4 padroni della rete (terza parte) - Amazon Credits: https://www.infoaut.org/approfondimenti/amazon-quando-la-merce-danza-automatizzata-sul-lavoro-tapis-roulant

Segue dalla seconda parte.

Dopo l’11 settembre il presidente George Bush, mentre un’intera nazione e il mondo erano in lutto e la storia cambiava pagina drasticamente, esordì così nei media “Portate la famiglia a Disney world e godetevi la vita…”. Generalmente, in tempi di magra come nella drammatica crisi economica che seguì al 2001, l’appello coerente non dovrebbe essere “Scialacquate, andate al ristorante”, ma “Tirate la cinghia”. In realtà all’epoca, come in epoca berlusconiana, accadde il contrario con l’invito a godersi la vita. Che poi ha anche dell’aulico pensando al “Chi vuol essere lieto sia, di doman non v’è certezza”. La Canzone di Bacco del Magnifico, nel caso dell’invito a godersi la vita suggerito dall’allora presidente Usa, forse ha ben poca attinenza. In realtà Bush più che avere a cuore il benessere del suo popolo, stressato, mortificato, allibito, terrorizzato dopo la tragedia delle Twin Towers, aveva interesse a tutelare i mercati e la società capitalista. A foraggiare tutto questo non vi è di meglio che il trionfo del consumismo, considerando che nel nucleo fondante delle leggi di mercato il consumo costituisce la parte essenziale, la più “nobile”.

L’onda selvaggia del più sfrenato consumo viene espressa pienamente dalle aziende retailer, la cui massima manifestazione nel mercato globale è Amazon. E torniamo all’analisi sulle 4 potenze della rete e sulle domande, ormai di rito, che dovremmo porci per comprendere il successo di questi tycoon a 12 zeri nel mercato online. “Come hanno fatto queste aziende a entrare nella nostra vita, nel nostro privato ed appropriarsene, sforando il muro della privacy e gestendo i nostri dati a loro uso e consumo? E perché nonostante i vari errori gestionali che avrebbero fatto fallire qualsiasi altra impresa sono sempre più in auge sui mercati mondiali? E a quali strategie ricorrono per sfruttare il capitale umano in rete?” Se facciamo capolino nel famoso imbuto, nel fondo, dove sembra quasi inevitabile investire per appagare i nostri desideri suscitati dal network Facebook, troviamo Amazon, l’azienda made in Usa che ha modificato le modalità di consumo, trasformandolo in accumulo, di milioni di persone.

Ed ecco individuato il problema centrale che spinge la maggioranza degli abitanti del pianeta a trasformarsi in acquirenti compulsivi, l’accumulo. Per raggiungere il mercato Amazon, tramite il quale si può acquistare ormai qualsiasi oggetto, in tempi brevi e a bon marché, accantonando anche il criterio di qualità, basta connettersi al sito e prendere il carrello della spesa online. Scott Galloway nel suo saggio “The four-i padroni” ne descrive il brand aziendale in un’analisi di carattere socio-economico, da cui poter attingere informazioni per comprendere cosa si cela dietro i milioni di click che alimentano al nanosecondo il capitale aziendale.

L’accumulo

Se non avete vissuto l’esperienza di un trasloco forse non vi è dato di comprendere. Chi ne ha esperienza conosce bene il fenomeno. Dall’abitazione che si sta per lasciare e durante l’inscatolamento escono sicuramente più oggetti di quanto si ha consapevolezza di possedere. Torna alla luce di tutto, oggetti inutilizzati e dimenticati in fondo al cassettone un armadio o in un’anta del pensile della cucina. Saltano fuori come funghi in autunno: posate, tazze, suppellettili, libri, ninnoli, camicie, tovaglie, la stella dell’albero di Natale e l’uovo di porcellana di Limoges, così come oggetti etnici e libri di favole. Oggetti dimenticati che rivivono una nuova vita nel trasloco. Alcuni ancora nuovi, addirittura con il cartellino del negozio. Li avevamo acquistati e semplicemente dimenticati. Perché non sempre è importante l’utilizzo che facciamo degli oggetti, quanto il bisogno atavico di possederli, di raccoglierli, di accumularli. Ѐ, questa dell’accumulo, una storia vecchia come il mondo, eredità e cultura che ci hanno tramandato i nostri antenati, afflitti dalle difficoltà e dai disagi delle carestie, dalle bufere di neve, dalle grandi epidemie o dalle guerre.

Allora era necessario riempire la case, oltre che di cibarie, di più oggetti possibili per i periodi di clausura forzata. Di accumulare oggetti per la sopravvivenza e per i periodi neri oggi non ne avremmo bisogno, ma è evidente che il fenomeno persiste, anzi si accentua sempre più. Accumuliamo cose di cui non abbiamo realmente necessità e riempiamo in modo compulsivo e inutile i nostri spazi domestici. Pochi vivono nell’essenziale, perché dal bisogno di riserve per la sopravvivenza, oggi si è passati al bisogno di consumare, di acquistare il superfluo, perché le scorte di oggetti che abbiamo non ci sembrano mai sufficienti e perché acquistare a retail ci produce anche adrenalina. Ѐ in quest’ottica che l’e-commerce più grande del mondo si è radicato nelle nostre vite, diventando il nostro più usuale venditore …di accumulo

Amazon, la carta d’identità e il brand

Amazon è un’azienda di commercio elettronico con sede a Seattle (Usa). Nasce come libreria online nel 1994, diventando in breve il maggior retailer di tutti i marchi commerciali. Il tycoon, Jeff Bezos, è uno degli uomini più ricchi del mondo, a capo di un’impresa floridissima con un fatturato di 136 miliardi di dollari (valutazione del 2016). Ma negli ultimi 3 mesi del 2017 il gigante dell’e-commerce supera addirittura tutte le più rosee stime degli analisti di mercato. Oggi il marchio Amazon vale oltre 150 miliardi di dollari, un terzo della capitalizzazione dei colossi di Piazza Affari. La classifica di Brand Finance, nell’ultimo anno, rivela una crescita del 42% per il colosso che ha superato anche Google e Apple. Amazon oggi è considerato il brand di maggior valore del mondo. Un marchio che ha assorbito la maggioranza dei settori retail, un tempo popolatissimo, ora desertificato a causa di un solo operatore che non avendo il problema di aprire negozi reali, ma solo enormi centri di logistica, e contrattualizzare migliaia di dipendenti sparsi per il mondo, è riuscito con una sorprendente velocità ad ampliare ogni settore della vendita al dettaglio.

La strategia del retail del colosso di Seattle

Bezos fa enormi investimenti per bruciare sul tempo tutte le altre aziende di vendite al dettaglio, a cui ormai presiede essendo il negozio più grande e più fornito del mondo. Ai suoi acquirenti offre: prezzi più bassi, selezione ampia e consegna rapida. E tutto avviene in un click, non c’è neanche bisogno di uscire da casa; è il mercato che entra nella nostra casa con un servizio a domicilio che, spesso, si rivela efficientissimo, per questo utilizzato da milioni di acquirenti in tutto il mondo. Dietro tutto questi zuccherini per chi del consumo e dell’accumulo ne fa uno stile irrinunciabile di vita, c’è dell’altro. Dietro quel click che sembra renderci snella la vita da consumatori e da accumulatori, privi dell’effettivo bisogno, c’è il demone del capitalismo e c’è lo sfruttamento dei lavoratori della logistica. Ma chi riempie il carrello online di tutto questo è inconsapevole.

La logistica e lo sfruttamento dei lavoratori

La Sole (Society of logistic Engineers) definisce la logistica come “arte e scienza dell’organizzazione e dell’attività tecnica riguardante i requisiti, la definizione, la fornitura e le risorse necessarie a supportare obiettivi, piani ed operazioni”. Per l’Ailog (associazione italiana di logistica) è “l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche ch governano i flussi di materiali e le relative informazioni, dalle origini fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post vendita”. I “casermoni” Amazon (non si può certo parlare di negozi o di megastore, perché appaiono blindati all’acquirente, ndr) usufruiscono pienamente di questa scienza dell’organizzazione dall’origine, ovvero dal prodotto singolo da confezionare, fino alla consegna al cliente. Oltre la robotica di cui Bezos si avvale, la manodopera è umana. Ma nel sistema la differenza è azzerata, perché ciò che conta è la ripetitività e la velocità con cui questa viene messa in atto. Macchine e non uomini, robot appunto. Tutti uguali, tutti allineati in base ad una spietata logistica.

Nei pressi di Piacenza, in località Castel San Giovanni, è situato uno dei maggiori megablocchi Amazon. Uno spazio immenso (86mila metri quadrati) dove ogni giorno vengono scaricate dagli addetti ai lavori tonnellate di merce. Da qui inizia un sistema di logistica che vede impegnata una forza lavoro disumanizzata, sotto il controllo costante della vigilanza elettronica, esercitato tramite la violenza del braccialetto elettronico e spie digitali sparse ovunque nello spazio, al fine di monitorare spazi e tempi di lavoro del lavoratore. «Qui corriamo letteralmente, lavoriamo sempre con il fiatone- dichiarano gli operai- «La pressione è alta, i manager calcolano i singoli minuti». E continuano «..andare a fare pipì o bere un bicchiere d’acqua non è ben visto dai capi, ti senti in imbarazzo a farlo anche nei confronti dei colleghi. Ecco perché i bagni sono sempre puliti».

Funziona così. Chi ha la funzione di receive (uomo con pistola laser) deve raggiungere la media standard di 300 oggetti l’ora da registrare. Chi invece è un runner si carica di ceste pesantissime di oggetti e corre per depositarli nella parte opposta del magazzino, perché deve sostenere lo standard/ velocità prestabilita. Ѐ il momento degli addetti all’outbound, ovvero quei lavoratori che hanno il compito di rispondere alla richiesta del cliente e di inoltrare il prodotto alla spedizione, finché verrà consegnato al destinatario. Gli outbound hanno una manciata di secondi per reperire, registrare e dare disposizione di invio. Se bypassano quel tempo vengono segnalati.

L’ansia monta solo a scriverlo. E non è tutto. In un’unica pausa di mezz’ora, su minimo sei ore lavorative, l’operatore deve muoversi con una velocità estrema, se vuole riprendere fiato per 12 minuti. Infatti, per raggiungere gli effetti personali, che obbligatoriamente devono esser lasciati all’ingresso prima del controllo metal detector, devono fare un lungo percorso al contrario. Si fa pausa e dopo si riporta il tutto all’ingresso. Si torna alla postazione di lavoro con il fiatone e la speranza di svenire al più presto per liberarsi dalla morsa del controllo. La paga oraria, sembra sia valutata “non male” (?). Dai 7, agli 8 euro l’ora. Il tempo di sopravvivenza come dipendente del colosso di Seattle invece è accertata. Ѐ, infatti, registrata al minimo consentito. L’abbandono consente di respirare di nuovo normalmente e tornare umani. Molti lavoratori non riescono a tener dietro ai mortali standard e vengono espulsi, a mo’ di proiettili, sostituiti nel giro di un minuto da altri schiavi.

Intanto l’acquirente ignaro continua ad essere avviluppato dal desiderio di possedere quei jeans che fanno tendenza o il servizio di porcellana cinese. Lo sposta nel carrello di Bezos con un click , accumula oggetti ed è felice. Anche Bezos lo è. Il runner, il receive, l’addetto outbound, condannati a diventare robot, un po’ meno. Ma il demone del capitalismo ha già vinto di nuovo.

(continua al prossimo numero)

Link: Come sfruttare la forza lavoro nella rete

Fonti: “The four- I padroni” –Autore: Scott Galloway- Ed. Hoepli

Smistare e spedire: così i lavoratori Amazon non vanno più nemmeno ...

14/04/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Alba Vastano

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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