Solidarietà, utopia necessaria

È la storia a rivelarci che in uno Stato in cui i principi fondamentali vengono smantellati non ci può essere solidarietà, ma solo barbarie. Ma infine oggi parlare di solidarietà ha ancora un senso?


Solidarietà, utopia necessaria Credits: www.ilpost.it

Il principio di solidarietà è l’antidoto a un realismo che non lascia speranze, che non lascia diritti” (Stefano Rodotà)

Siamo al liberismo smodato in cui la dominante è l’economia dettata dalle finanza mondiale e dall’andamento dei mercati che con l’avvento della globalizzazione giocano vincenti, passando mai la mano ai diritti e al principio di uguaglianza, come tutte le costituzioni recitano quali principi inconfutabili. Cupidigia, egoismo e disuguaglianze sociali, foraggiate dalla mala politica e da tendenze di carattere neofasciste, sempre più emergenti, la fanno da sovrani. Così tanto da vedere il vicino un nemico da cui difendersi. E così tanto da vedere il migrante che fugge dalla miseria di un’esistenza insopportabile e disumana nel paese di origine, un clandestino, un nemico, rinnegando la centralità della persona degna di avere pari diritti.

Non un pari fra pari quindi, ma persona da emarginare, da rifiutare e da rinviare alla miseria e alle guerre del Paese da cui fugge per istinto di sopravvivenza o per tentare di migliorare una vita grama e impossibile . Siamo miseri se abbracciamo questo pensiero, miseri e meschini. “Aiutiamoli a casa loro è solo una reietta affermazione, dovuta al profondo egoismo di chi vuole allontanare un problema irrisolvibile a causa dei governi mondiali. Un problema che ci coinvolge tutti e che, per il principio di solidarietà e per umanità, non può e non deve essere accantonato. È proprio sul principio di solidarietà, questo sconosciuto, che si gioca la partita delle migrazioni, ma si gioca anche la partita globale, coinvolgendo l’intera umanità .

Ce ne parla nel saggio “Solidarietà, un’utopia necessariaStefano Rodotà, giurista da poco scomparso, fautore delle lotte per il ripristino dei diritti costituzionali, a cui ha dedicato la sua esistenza. Il suo messaggio non può essere relegato nei meandri di una memoria obsoleta, ma rivalutato e attuato nel nostro esistere per il bene della collettività, al di là del limite di ogni confine strutturale. Nell’excursus ben argomentato su fatti storici e su norme giuridiche che si snoda nel saggio, la solidarietà di Rodotà viene purificata dall’accezione di carità cristiana, ma anche da quel buonismo che si riconosce nella “Fraternitè”, che attiene invece al legame di subalternità fra donatore e beneficiario e ricondotta alla connotazione sociale e giuridica che attiene allo Stato di diritto che è garante dei diritti dei cittadini, in modo egualitario, tutelando le fasce deboli. Ma non solo.

Uno stato di diritto tutela anche “chi bussa alle frontiere e chiede asilo”, nel rispetto dei Trattati internazionali, li accoglie tentando con ogni mezzo di migliorarne le originarie condizioni di vita sofferte nel paese di origine con un’integrazione e un’inclusione nella vita sociale che possano bypassare e impedire l’esclusione dal tessuto sociale, impedendo gli usuali, ormai, fenomeni di intolleranza xenofoba, secondo i diktat alla Salvini. La solidarietà, così come la intende Rodotà, è quel processo di civiltà teso ad arginare, a porre fine a quell’insulso fenomeno che è la guerra fra poveri, voluto dai focolai di fascismo e xenofobia, promossi oggi dall’avanzare delle politiche neoliberiste e dal populismo sfrenato.

Solidarietà: virtù dei tempi o sentimento repubblicano?

Del principio di solidarietà “ci si voleva liberare”. La sola parola era “proscritta”. Condannata all’esilio essendo addirittura “un delitto”, quando, ad esempio, si soccorre un immigrato irregolare. Reato penale, perché favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, se si tenta di garantirgli diritti primari per la sopravvivenza. Parzialmente superata questa abietta legge, sopraggiunge un fenomeno che non è iscritto come un reato, più che altro assume tutti gli aspetti di una patologia. È “l’ossessione identitaria”, foraggiata da basse ideologie che pongono netti confini “fra l’individuo o il gruppo, opponendoli al resto del mondo”. Come debellare questa patologia dilagante che non consente la “costruzione di legami sociali nella dimensione propria dell’universalismo”? Come riportare la parola Solidarietà nella relazioni sociali, quale principio inconfutabile per le pari opportunità voluto dall’universale principio di uguaglianza?

Se non si può far appello al buonsenso e alla logica delle cose come principi di civiltà, che si ricorra e si attuino allora le costituzioni e ai documenti internazionali, superando così le leggi minute dei confini nazionali. Sebbene Rodotà, nel suo saggio, evidenzi che il fenomeno della xenofobia venga trattato sempre più “… con una certa passività dalle politiche che nell’ultima fase e nell’Unione europea soprattutto, hanno imposto una riduzione dei diritti sociali, in nome di un indiscutibile primato della logica economica, giungendo fino a giustificare la morte dello Stato sociale”.

È in atto quel processo “contro costituzionale” che si incentra sul “pilastro” del Fiscal compact, così come cita Stefano Giubboni nell’omonimo saggio “Solidarietà”: “… lungi dall’aderire ad una logica di solidarietà, le risposte alla crisi dell’Unione europea restano a tutt’oggi saldamente inserite in un quadro normativo,i cui principi cardine richiamano il diverso linguaggio delle politiche di austerità finanziaria e del pareggio di bilancio, la nuova golden rule che gli Stati parte del c.d. Fiscal compact, fra cui l’Italia che vi ha già solertemente provveduto, si sono impegnati a recepire nei rispettivi ordinamenti costituzionali. Le parole-chiave di queste politiche — nelle quali l’Unione europea si converte in un occhiuto meccanismo di sorveglianza e punizione dei paesi che fuoriescono dai binari della virtù fiscale e contabile — sono evidentemente altre. Ed è semmai interessante notare come i deboli elementi di solidarietà associati al funzionamento dell’ESM —, dove gli aiuti finanziari agli Stati in crisi che li richiedano sono peraltro utilitaristicamente concessi in funzione dell’interesse condiviso alla stabilità della Eurozona — sono astretti ad una ferrea condizionalità”.

Un loop che è una gabbia da cui sembra impossibile uscirne, se non con il ritorno ai principi costituzionali, anche se il solo parlarne oggi sembra riferirsi alla notte dei tempi. Un anacronismo, una mission impossible nella società liquida. Parlare di principi, rinnegati dalla post-modernità sembra il voler riaffermare qualcosa di ormai obsoleto e non ripristinabile. Eppure i principi, quali la solidarietà e l’uguaglianza sono l’unico barlume che resta, dice Rodotà “Nei tempi della vita precaria, del rovesciamento dell’uguaglianza nel dilagare strutturale delle disuguaglianze, del ritorno ad una povertà degradata, lo sguardo deve essere rivolto alla trama dei principi e alle modalità della sua ricostruzione”.

È la stessa storia a rivelarci che in uno Stato in cui i principi fondamentali vengono smantellati non ci può essere solidarietà, ma solo barbarie. Ma infine oggi parlare di solidarietà ha ancora un senso? Ed è sempre Rodotà a rivalutarne il ritorno “Nel 1978 Luciano Gallino scriveva che il termine era caduto in disuso nel lessico contemporaneo. Il suo attuale riemergere è solo l’effetto delle difficoltà che stiamo vivendo? Dobbiamo concludere che essa è virtù in tempi difficili, un’utopia necessaria in cui credere ancora, e non un “sentimento repubblicano” che deve accompagnarci in ogni momento?”. Ma le grandi svolte della storia, così come le grandi Rivoluzioni, non sono iniziate con l’essere considerate utopie?

Scheda libro
Titolo:Solidarietà -Un'utopia necessaria
Autore: Stefano Rodotà
Editori: Laterza

15/07/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: www.ilpost.it

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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