Spezzeremo le reni alla Grecia

Che il debito pubblico – 240 miliardi – sia diventato insostenibile da tre anni a questa parte lo asseriscono un po’ tutti, economisti di grido, di orientamenti diversi al servizio delle istituzioni internazionali e quelli indipendenti di enti finanziari privati. Che possa essere sostenuto pro tempore – per i prossimi mesi – imponendo nuovi e più pesanti sacrifici a dieci milioni e settecento mila uomini, donne e bambini allo stremo dopo quattro anni di austerity lo sostengono i cosiddetti “creditori”, la Germania al comando dell’Eurogruppo, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale.


Spezzeremo le reni alla Grecia Credits: @Martin-Sutovec

Considerazioni Inattuali n. 71. Draghi, Lagarde, Schauble, Renzi e Padoan: mancano le proposte di Atene. Così Angela Merkel viene “blindata” per l’incontro con Tsipras. Le proposte ci sono, ma non vengono giudicate tali dalla Troika: ristrutturazione del debito e nuovi crediti mirati alla ripresa economica. A tappe forzate verso un default pilotato senza il Grexit. 

di Lucio Manisco

Che il debito pubblico – 240 miliardi – sia diventato insostenibile da tre anni a questa parte lo asseriscono un po’ tutti, economisti di grido, di orientamenti diversi al servizio delle istituzioni internazionali e quelli indipendenti di enti finanziari privati.
Che possa essere sostenuto pro tempore – per i prossimi mesi – imponendo nuovi e più pesanti sacrifici a dieci milioni e settecento mila uomini, donne e bambini allo stremo dopo quattro anni di austerity lo sostengono i cosiddetti “creditori”, la Germania al comando dell’Eurogruppo, la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale. Con quali fini? Estrarre le ultime gocce da un limone già spremuto, più propriamente dare un’altra stretta alla garrote fino agli ultimi rantoli di fine anno, accelerare con la sospensione di crediti già pattuiti la bancarotta del governo progressista Tsipras e quindi la sua caduta, magari con un golpe tipo quello dei colonnelli e con un default pilotato se non con il Grexit commissionare militarmente una nazione sulla falsariga del Cile di Pinochet. 

La corsa verso questi sottaciuti traguardi ha raggiunto ritmi e velocità impressionanti nelle ultime settimane rendendo inevitabile una memorabile citazione storica di settantacinque anni fa: “… con la stessa certezza assoluta, ripeto assoluta, vi dico che spezzeremo le reni alla Grecia, in due o dodici mesi poco importa, la guerra è appena cominciata”.
A parlare era il cav. Benito Mussolini che quattro mesi dopo i rovesci dell’esercito italiano rincarò la dose con un “fra poco verrà il bello”. Il bello arrivò con l’intervento di tre divisioni corazzate tedesche che portarono alla resa la Jugoslavia e la Grecia.
E fermiamoci qui con la disdicevole ma calzante analogia storica perché la Germania di Angela Merkel non ha bisogno oggi di divisioni corazzate per cercare di piegare la Grecia.
Riassumiamo invece per sommi capi quali sono state le tappe forzate dell’offensiva contro la repubblica ellenica scatenata dalla Troika dall’inizio di aprile ad oggi. Nei giorni di Pasqua il cancelliere tedesco, rivestita di panni cristiani per le visite romane al papa Bergoglio e alla Comunità di Sant’Egidio, delega al suo ministro delle finanze il compito di dettare cadenze e ritmo da carica dell’offensiva.

Sul colloquio con il collega greco, Wolfgang Schauble dice di non aver capito nulla di quanto sentito e di non aver ricevuto proposte o controproposte concrete sugli impegni pregressi del governo greco concernenti le ultime tranches dei “bailout credits” concessi dall’Eurogruppo.
Il leitmotiv viene riecheggiato a Washington da Christine “le foulard” Lagarde, elegante e leggiadra presidente del Fondo Monetario Internazionale (con la quota di partecipazione del 18%, la più alta in assoluto, gli Stati Uniti fanno da padroni; la Grecia ha l’1%). Con voce mesta e accorata la signora, portata all’alto incarico da Sarkozy, anticipa negoziati duri dall’esito incerto con il governo greco per via dei suoi programmi ancora non chiariti (Atene deve restituire altri 800 milioni allo FMI entro il 12 maggio). Madame Le Foulard lascia ai suoi portavoce le previsioni più nere sul vertice di Riga del 24 aprile che deve decidere se negare o meno la concessione di una tranche di 7,2 miliardi di euro ad Atene, ma quando Wall Street e le borse europee incominciano a traballare, autorizza il suo rappresentante per il Dipartimento Europeo Paul Thomsen ad aprire un debole spiraglio di luce: forse le condizioni poste dalla Troika potrebbero essere “slimmed down”, rese più leggere.

Dello stesso parere non è Mario Draghi riavutosi dallo spavento della “femen” che è saltata sul suo tavolo per ricoprirlo di coriandoli: il presidente della BCE, che ha già negato alla Grecia l’accesso ai 60 miliardi di euro al mese del quantitative easing, si esprime in termini severi sul Governo Tsipras – secondo il titolo de «Il Corriere della Sera» “Draghi dà la scossa alla Grecia: faccia una proposta subito” e nel corso di una conferenza stampa avverte che malgrado le precauzioni da lui prese, si sta per “entrare in acque inesplorate”. 

E scendiamo ora davanti al piccolo e mesto palcoscenico italiano, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: non abbiamo nulla contro questo ministro, ma è mai possibile che abbia sempre, in comune con la collega Federica Mogherini, espressioni facciali da tragedia greca? Angoscia esistenziale, infanzia infelice o dispepsia? Malgrado un viso corrucciato da Edipo a Colono il Pier Carlo ha cantato in una conferenza stampa a poche ore da quella di Draghi, “Tout va tres bien madame la marquise”, ha detto cioè che l’Italia non ha nulla da temere da un ulteriore peggioramento della crisi greca perché ha messo in sicurezza il suo debito sovrano e la ripresa economica è ormai avviata. Ha aggiunto di non saper nulla di nuove proposte di Atene: se esistono, sono state presentate ad altri, a sua insaputa. L’Italia è salva quindi, anche se l’Unione Europea a causa del Grexit rischia di affondare come l’ultimo motopeschereccio della morte nel Mediterraneo. Segue naturalmente le istruzioni del boss, il premier di Pontassieve, detto “il cravattaro”, non solo per l’aiuto alla Grecia consistente in una cravatta donata ad Alexis Tsipras, ma anche e soprattutto per il pieno appoggio da lui dato allo strozzinaggio praticato dalla Troika su dieci milioni e settecentomila cittadini della UE. Come se non bastasse è molto ambizioso e intraprendente in altri campi il Matteo Renzi: manca conferma da fonti ufficiali, ma sembra che abbia proposto ad Obama una sua mediazione con Putin, l’offerta di altre basi militari USA in Italia qualora la Grecia accompagni l’espulsione dall’Unione Europea con l’uscita della NATO, poi prima ancora dell’ultima tragedia l’impiego dei droni armati di Sigonella contro le imbarcazioni degli scafisti ed infine – last but not least – pieno e incondizionato sostegno all’iniquo e micidiale trattato commerciale transatlantico che, se approvato, devasterebbe l’economia agricola e non solo agricola del vecchio continente. 

Torniamo all’insostenibilità del debito sovrano greco ed alle proposte di Atene che da tempo esistono e vengono deliberatamente ignorate. Il popolo della repubblica ellenica non vuole lasciare l’Europa e la moneta unica, ma non vuole neppure rinunziare ad un futuro di ripresa sociale, civile ed economica. Il governo Tsipras ha finora rispettato la volontà e le speranze del suo popolo. Ha respinto le condizioni capestro per l’erogazione delle due rate del prestito per un totale di circa sedici miliardi di euro, ha varato energiche misure contro l’evasione e la corruzione e per la tassazione dei grandi patrimoni non trasferibili all’estero, misure che daranno i loro frutti entro la fine d’anno e poi, anatema per le oligarchie europee, vuole una ristrutturazione del debito che consenta restituzioni in tempi più lunghi ed un’allocazione di consistenti quote dei nuovi crediti agli investimenti nel sociale, nelle infrastrutture e nei servizi. Minacciato di bancarotta a breve termine ha anche preso misure precauzionali all’interno e con la federazione russa e con la Cina (il gasdotto Turkish Stream e le disponibilità del Pireo). Ma lo stesso ministro delle finanze Varoufakis in occasione del convegno primaverile dello FMI a Washington ha ribadito l’appartenenza del suo popolo alla famiglia europea nel cui ambito vanno risolti tutti i problemi del negoziato in corso.
Improbabile ma non impossibile che il cancelliere tedesco Merkel, confortata dal ben orchestrato ed esplicito appoggio dei partners europei, receda il 24 aprile dal suo teutonico rigore; il fine ultimo rimane quello di evitare il contagio dell’insubordinazione ellenica nel vecchio continente. Per ottenere questo risultato basterà l’intento di spezzare le reni alla Grecia

25/04/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: @Martin-Sutovec

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L'Autore

Lucio Manisco

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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