Contro l’autonomia differenziata: è il momento di esser netti!

L’emergenza da COVID-19 dimostra che l’autonomia differenziata non s’ha da fare


Contro l’autonomia differenziata: è il momento di esser netti! Credits: thewam.net

La situazione sanitaria che si è creata nel paese in questi giorni, dimostra, ancora una volta, tutti i pericoli che il processo di Autonomia Differenziata porta con sé. Il 10 marzo (salvo rinvii) il governo riceverà i sindacati dell’istruzione e della ricerca per un confronto sull’Autonomia Differenziata. Dopo mesi di lavoro nelle segrete stanze, il governo finalmente riceve le organizzazioni sindacali. È un fatto positivo? Dipende da che cosa la FLC CGIL andrà a dire al ministro.

In questi mesi, sono stati ben evidenziati i pericoli che la regionalizzazione porta con sé. Si tratta di un progetto divisivo che attacca l’unità della Repubblica e l’esigibilità dei diritti su tutti i territori. Questa denuncia arrivata da più parti ha costretto il ministro a rallentare e – forse – a modificare la prima bozza di Legge quadro con la quale dichiara di voler attuare l’AD all’interno di un quadro di rispetto dei diritti e dell’unità del Paese.

La FLC CGIL lo scorso novembre, una volta letta la proposta di legge quadro, aveva pubblicamente esclamato: Ministro Boccia, non ci siamo. Non ci siamo per la vaghezza dei principi che vincolano le future intese, non ci siamo per l’indeterminatezza dei tempi di individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni che diventano non una precondizione ma un optional, non ci siamo sulle prerogative del Parlamento che sembrano declassate alla funzione di consultazione, non ci siamo sulla modalità di determinazione dei LEP (che non possono essere equivalenti a obiettivi di servizio) la quale deve scaturire da un confronto di massa e non da una semplice elaborazione di un ufficio ministeriale. Non ci siamo soprattutto su un punto di domanda che ha bisogno di una precisa risposta: la scuola e l’istruzione in che modo vengono tenute fuori da questo processo? Se non si esce da questa indeterminatezza e se non si risponde a questa domanda, ogni passo è un passo fatto verso il baratro della disgregazione e del secessionismo.

Nei primi giorni di febbraio, la segreteria confederale CGIL, in un comunicato stampa, ha espresso apprezzamento per il ministro Boccia che avrebbe preso impegni precisi nel garantire l’esclusione dell’istruzione dai processi di autonomia differenziata, nel garantire che non ci sarà autonomia senza la definizione dei LEP e che la loro definizione sarà operata da Ministeri competenti e non da un commissario, che interverrà solo successivamente in caso di inadempienza.

Oggi il Ministro annuncia che una nuova bozza di Legge quadro è pronta ed è sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Noi non disponiamo al momento di questa bozza, ma dai primi commenti apparsi sui giornali sembra che, contrariamente a quanto annunciato, nessuna materia venga esclusa. Se così fosse, le rassicurazioni del Ministro sarebbero fumo negli occhi.

Da questi primi commenti sembra poi che questa bozza non indichi alcun contenuto per i livelli dei LEP, né escluda il “residuo fiscale”. Sembra invece che i LEP, una volta definiti, possano essere attuati a livello sia regionale sia statale, cosa che aprirebbe la porta alla regionalizzazione dei servizi, alla creazione di contratti nazionali paralleli, concorrenziali e sostitutivi di quelli statali…

Se poi venisse confermato, come è prevedibile, che le Regioni debbano comunque concorrere al risanamento dei conti (cioè al pagamento del debito) e siano soggette al Patto di Stabilità, allora si troverebbero ben presto di fronte ad un’alternativa: tagliare i servizi pubblici, la sanità, le spese per le infrastrutture… oppure privatizzare. Guarda caso, questa è proprio la prospettiva che si apre con la richiesta di AD dell’Emilia-Romagna [qui delle slide di approfondimento], per esempio con la liquidazione della sanità pubblica a favore delle polizze assicurative per chi potrà permettersele. E per gli altri? I LEP…

Abbiamo già potuto verificare sul campo che cosa è successo nella sanità con i Lea. In molte regioni i Lea sono rimasti sulla carta, come delle belle scatole vuote perché privi delle risorse necessarie. Sono rimasti diritti esigibili solo sulla carta. Facciamo presente che in Piemonte i Lea prevedono la vaccinazione a tappeto per i minori per il papilloma virus (trattasi di vaccinazione obbligatoria per le bambine), ma che le dosi sono esaurite da mesi e i vaccini non vengono effettuati. Il diritto di quelle bambine e di quei bambini è carta straccia.

Infine, quale che sia il contenuto di questa Legge quadro, c’è la questione, come hanno già evidenziato autorevoli costituzionalisti, che una legge di questo tipo può essere aggirata, in quanto rimane in principio modificabile da una legge successiva recante intesa con una Regione.

Tutto ciò ci porta ad una conclusione: non abbiamo alcuna garanzia di essere al riparo dalla frantumazione della legislazione nazionale le materie essenziali, espressione della identica esigibilità di diritti garantiti per tutte/i e ovunque, tra le quali i contratti nazionali di lavoro.

D’altra parte, se anche l’istruzione venisse al momento esclusa, due problemi si porrebbero comunque. Innanzitutto, come possiamo essere certi che una volta avviato il processo di autonomia differenziata nelle altre materie, nella sanità, nel lavoro, nell’ambiente…, la scuola non sarà a sua volta trascinata nel vortice disgregativo? In secondo luogo, come insegnanti o personale ATA, possiamo forse essere contenti della privatizzazione della sanità, della sua regionalizzazione completa, della definizione di LEP generici e non esigibili? Forse non dovremo anche noi curarci, viaggiare su strade dissestate, respirare aria inquinata? Possiamo non sentire come nostra la questione dell’attacco al contratto nazionale in qualche categoria?

E infine, con l’Autonomia Differenziata non è forse lo stesso concetto di sindacato generale ad essere messo in discussione? Cioè, non è rimessa in causa la stessa l’unità dei lavoratori e delle lavoratrici? Chi può pensare che la CGIL rimanga un sindacato di tutti e un sindacato nazionale per molto tempo, quando sarà accerchiata da categorie regionalizzate?

Per questi motivi noi pensiamo che la FLC debba andare dal ministro a tirare le conclusioni logiche di questi mesi: presunte garanzie, leggi quadro, LEP…, nulla può in realtà mettere al riparo dai pericoli dell’Autonomia Differenziata.

Per questi motivi noi pensiamo che sia necessario che il nostro sindacato, la FLC e la CGIL, dica in modo chiaro: ritiro di qualunque progetto di Autonomia Differenziata.

Questo, inevitabilmente, porta con sé una questione: è la “riforma” del Titolo V che ci ha condotto in questa situazione pericolosa.

Non è dunque necessario che il nostro sindacato apra la prospettiva di una lotta che, fermando i progetti oggi sul tavolo, si ponga la prospettiva dell’abrogazione di quanto è stato cambiato nella Costituzione nel 2001, quantomeno relativamente all’art. 116?

Articolo apparso sul portale del Sindacato è un altra cosa - opposizione CGIL.

08/03/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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