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Il materialismo storico
Nel secondo dei Saggi sulla concezione materialistica della storia – dal titolo: Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare (1896) – Labriola critica la tendenza a interpretare in un’ottica positivista il marxismo, riducendolo a una summa di astratti schemi sovrastorici da applicare ai più disparati ambiti conoscitivi. Al contrario, a suo avviso, il materialismo storico è un metodo di indagine che non intende fornire delle leggi universali valide in generale, ma ricercare i concetti specifici per individuare i tratti altrettanto specifici dei differenti contesti storici e sociali che indaga. È, dunque, la stessa dinamicità dell’oggetto di indagine, il contesto storico e sociale, a imporre la plasticità e concretezza dei concetti volti a indagarlo. È perciò da escludere la possibilità di sancire una volta per tutte le leggi del proprio oggetto o del metodo. In altri termini lo sviluppo del proprio oggetto, il mondo storico, richiede necessariamente anche al materialismo storico un suo sviluppo per rimanere in grado di darne conto.
Il rapporto dialettico fra storia e filosofia
Labriola si sforza di superare l’opposizione fra scienza e filosofia, mostrando come quest’ultima o anticipa questioni poi risolte dalle scienze o muove dai risultati di queste ultime e li sistematizza. Per tale motivo non esistono leggi o categorie filosofiche eterne e la filosofia deve ripensare il proprio apparato concettuale in relazione allo sviluppo storico della ricerca scientifica. A suo parere, dunque, vi è un rapporto di causalità reciproca fra scienza e filosofia, dal momento che quest’ultima, a partire da un’elaborazione concettuale dei risultati della ricerca scientifica, pone i problemi essenziali che sono poi risolti dalle scienze particolari. Perciò un visione filosofica del mondo non può mai ipostatizzarsi in una serie di leggi astratte, in quanto il suo tentativo di ordinare i fenomeni deve essere sempre storicamente provvisorio, per poter tenere il passo con gli sviluppi delle scienze particolari e con la dinamica processuale del reale. La complessità di piani in cui si articola il processo storico non può venir ricondotto a uno schema onnicomprensivo da applicare esteriormente agli eventi, sia esso di origine naturale, economica o ideale. Il materialismo storico non può, dunque, essere considerato una metafisica della storia, ma un metodo d’indagine critico. Così, di contro alle concezioni idealiste, Labriola cerca di mostrare come il motore del processo storico sia da rinvenire nella struttura socio-economica, ovvero nel modo di produzione. La storia è anzitutto il prodotto del lavoro sociale dell’uomo, ovvero dell’organizzazione sociale, politica e istituzionale, della divisione e organizzazione della produzione collettiva.
Il rapporto di relazione reciproca fra struttura e sovrastruttura
Ogni modo di produzione si dà una conformazione istituzionale e sociale a esso funzionale, su cui sorgono le sovrastrutture culturali. Inoltre, se gli orientamenti giuridici e politici sono immediatamente legati alla struttura economica, in quanto costituiscono il contesto istituzionale in cui si iscrive il conflitto fra gruppi sociali dominanti e subalterni, l’arte, la scienza, la religione e la filosofia sono condizionate solo in modo mediato dal contesto sociale. Perciò, secondo Labriola, la base strutturale ha un ruolo determinante nella dialettica storica unicamente in ultima istanza, come già sottolineava Engels. Dunque, anche Labriola rigetta ogni rigido nesso causalistico fra struttura e sovrastruttura, in quanto ritiene che, al modo di produzione siano riconducibili in maniera diretta i rapporti antagonistici fra le classi sociali e, di conseguenza, le forme giuridico-istituzionali che assumono. Gli altri momenti maggiormente astratti della sovrastruttura culturale, invece, vi derivano in modo indiretto, secondo un rapporto maggiormente complesso, in quanto mediato non esclusivamente dal rapporto con la società, ma anche con la natura. Contrapponendosi in tal modo alle semplificazioni di stampo economicista del marxismo volgare, Labriola sottolinea la complessità delle relazioni esistenti fra struttura e sovrastrutture, ricordando che solo in ultima istanza le seconde sono riconducibili alle prime. Nel processo storico, difatti, interagiscono assieme ai fattori economici anche quelli coscienziali. Esiste, quindi, una interazione fra i fattori economici e la coscienza sociale, per cui si instaura un rapporto di relazione reciproca: la struttura economica informa di sé i soggetti sociali che a loro volta, con il loro operare, modificano sino a trasformarla la base socio-economica.
La dialettica fra teoria e prassi
Del resto, l’azione umana, oltre che risentire della determinazione sociale ed economica, entra in un complesso rapporto di interazione con le azioni e reazioni delle altre soggettività e tale complesso, che decide del corso storico, non può essere semplicemente ricondotto alle basi materiali, altrimenti si negherebbe il ruolo attivo che in esso svolge la soggettività. Il che non significa certo che Labriola non critichi, al contempo, lo spiritualismo e l’idealismo che, sottovalutando il portato del contesto storico e socio-economico, generano illusione su una presunta assoluta spontaneità e libertà della coscienza e della volontà del soggetto. Consentendo di cogliere i bisogni storici e sociali, cui risponde l’organizzazione di un determinato modo di produzione e delle corrispondenti sovrastrutture politiche, giuridiche e culturali, il materialismo storico è anche lo strumento per coglierne i limiti storici e, dunque, si pone come la base scientifica per il suo rivolgimento pratico. Perciò il materialismo storico, a parere di Labriola, è tanto un metodo che rende scientifica l’analisi del mondo storico, quanto una guida per l’azione rivoluzionaria. In altri termini, il materialismo storico è sì, in prima istanza, un metodo scientifico che rende intelligibile il corso del mondo, divenendo in tal modo uno strumento indispensabile alla prassi politica rivolta alla trasformazione radicale dell’esistente. Esso infatti ha come oggetto d’indagine la relazione dialettica fra condizioni sociali dell’esistenza e azione dell’essere sociale che le trasforma. Riepilogando, in conclusione, si stabilisce una relazione di reciproca interazione fra prassi politica e indagine storico-teoretica, che porta Labriola a ritenere estraneo al socialismo scientifico ogni forma di schematismo, mirando al contrario alla realizzazione di un “comunismo critico”.
La critica al positivismo
Nel terzo saggio (una raccolta di dodici lettere indirizzate al teorico del sindacalismo rivoluzionario Georges Eugène Sorel, di cui parleremo tra poco) del 1897, Discorrendo di socialismo e di filosofia, Labriola critica le categorie del positivismo in quanto, presumendo di essere sovrastoriche, ipostatizzano lo stesso concetto storico di evoluzione. Tuttavia, la critica di Labriola al positivismo non trapassa in una critica della scienza e del suo rigoroso metodo di analisi, ma concerne i residui metafisici del materialismo positivista, che favoriscono una volgarizzazione della teoria della conoscenza. Di contro a essa Labriola, dal punto di vista gnoseologico, intende fare del materialismo storico, autonomizzato tanto dagli influssi idealisti che positivisti, un metodo rigoroso di analisi della storia e della società che ne consenta un’indagine scientifica, funzionale a un ulteriore momento di sviluppo della lotta per l’emancipazione del genere umano.
La critica al darwinismo sociale
Contrapponendosi in particolare al darwinismo sociale, Labriola sottolinea la discontinuità della storia dell’uomo dall’evoluzione naturale, in quanto l’umanità è protagonista cosciente del proprio sviluppo. Un uomo puramente naturale è, per Labriola, un’astrazione priva di qualsiasi riscontro storico, dal momento che le stesse ricerche condotte sulle prime forme di organizzazione dell’uomo nella storia ci presentano un animale che ha un rapporto mediato con la natura attraverso l’attività trasformatrice del lavoro, attività che gli consente di non lottare unicamente per la sopravvivenza, ma di operare per la trasformazione e razionalizzazione dell’altro da sé, in primo luogo della natura.
Ogni riduzionismo delle scienze sociali alle leggi naturali è quindi altrettanto metafisico ed arbitrario dell’idealismo, che considera l’uomo come un’eterea forma spirituale. Le dinamiche storiche e sociali non possono, dunque, essere ridotte positivisticamente a leggi naturali, pena il perdere di vista la complessità dei fenomeni storico-sociali e, dunque, rendere impossibile una prassi capace di risolverne le contraddizioni. Allo stesso modo, perciò, Labriola è altrettanto polemico nei confronti dell’assolutizzazione idealistica della soggettività, in nome di un’approfondita psicologia sociale, fondata sul materialismo storico, in grado di ricostruire le complesse relazioni antagonistiche fra i soggetti sociali e il rapporto di influenza reciproca fra individuo sociale e ambiente. L’essenza del corso storico è, dunque, da ricercare nell’operare dell’uomo volto alla razionalizzazione del reale mediante il lavoro manuale ed intellettuale e nella differente struttura sociale che su tale operare si fonda all’interno delle diverse civiltà storiche, il cui sviluppo e decadenza sono il portato del risultato del conflitto fra le classi sociali.
Labriola ed il colonialismo
Rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Croce nel 1901, il quarto saggio di Labriola, Da un secolo all’altro, affronta la questione dello sviluppo in senso imperialista del capitalismo. Labriola sostiene che unicamente mediante il pieno affermarsi del modo di produzione capitalistico su scala mondiale si creeranno le condizioni oggettive necessarie alla piena affermazione della rivoluzione socialista. Per tale motivo, in un’intervista del 1902, Labriola arriva a dichiarare il proprio sostegno alla politica colonialista italiana, finendo con l’accettare la concezione, tipica della cultura positivista europea nell’età dell’imperialismo, secondo la quale l’asservimento dei popoli extra-europei sarebbe una tappa necessaria per la loro “civilizzazione”. In tal modo, Labriola finiva per far propria la giustificazione ideologica che il positivismo dava alla politica aggressiva dell’imperialismo; ciò dimostra come la cultura dominante, nel caso specifico il determinismo positivista, sia in grado di condizionare e a tratti egemonizzare anche uno dei suoi più illustri e irriducibili critici.
Rodolfo Mondolfo e la morale marxista
Dopo la morte di Labriola, sarà il professore di storia della filosofia Rodolfo Mondolfo (1877-1976) il principale esponente del marxismo filosofico in Italia. Allievo del positivista Roberto Ardigò e in seguito influenzato dall’interpretazione in chiave attivistica del marxismo di Gentile, Mondolfo nella sua opera: La filosofia del Feuerbach e le critiche del Marx (1909) abbandona il tentativo di Labriola di fondare in modo autonomo la filosofia marxista sviluppando in senso storicista la dialettica hegeliana. Mondolfo, al contrario, insiste sulla continuità tra la concezione etico-umanista da lui attribuita a Marx e l’etica kantiana, fondata sull’universalismo dei diritti umani.
La critica a Engels
A tale scopo, nel libro Materialismo storico in Federico Engels (1912) Mondolfo tenta di far emergere il fondamento morale del marxismo, ritenendo sostanzialmente estranei allo spirito di tale filosofia i suoi aspetti materialistici. Mondolfo, inoltre, rimprovera a Engels di aver naturalizzato il corso storico con la sua pretesa di fissarne delle leggi universalmente valide, dimenticando il ruolo creativo e propulsivo della soggettività.
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