La filosofia della storia

Proseguiamo nella nostra esposizione dei concetti di fondo della filosofia hegeliana, affrontando le riflessioni sulla filosofia della storia che hanno avuto un’enorme risonanza nella cultura europea.


La filosofia della storia Credits: http://www.brainfactor.it/il-cervello-hegeliano/

Link al video della lezione su argomenti analoghi tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci.

Segue da “La filosofia del diritto” pubblicato nel n. 290 di questo giornale uscito il 4 luglio.

La necessità del conflitto fra gli Stati

I rapporti fra gli Stati nazione sono regolati da contratti, in quanto Hegel resta scettico sulla possibilità di una giurisdizione sopranazionale che possa ricomporre pacificamente i contrasti fra di essi. Ogni Stato è sovrano e, perciò, restano dirimenti in caso di contrasti fra nazioni i rapporti di forza. Da questo punto di vista per Hegel la guerra diviene, nei casi estremi, l’unico strumento per dirimere le controversie internazionali. Non esiste, in effetti, un organismo superiore agli Stati che ne possa regolare i rapporti. In tal modo Hegel sembra da una parte considerare utopistiche le concezioni che da Leibniz a Kant a Schelling si erano illuse che, con l’abbattimento dell’ancien régime, sarebbero venute meno le guerre fra Stati, dall’alta prende una decisa posizione contro la Santa alleanza che, dopo il Congresso di Vienna, si era posta come braccio armato della Restaurazione, contro il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Dinanzi a tale pretesa di svolgere la funzione di poliziotto internazionale contro ogni sommovimento popolare, Hegel insiste nell’affermare che il solo giudice nelle controversie fra Stati, popoli e nazioni resta la storia. Quest’ultima rende così immanente il giudizio universale, trascendente nella rappresentazione religiosa.

LA FILOSOFIA DELLA STORIA

Dunque, Hegel afferma che il “tribunale del mondo”, il “giudizio universale” si realizza nella sola storia universale, che non è rappresentabile, come fanno i reazionari, nel regno dell’arbitrio e della violenza. La storia universale, in effetti, cela in sé un disegno razionale che Hegel fa emergere alla fine della Filosofia del diritto, alla conclusione dello sviluppo dello spirito oggettivo nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche e, più estesamente, nelle Lezioni di filosofia della storia. Queste ultime hanno avuto un’enorme risonanza nella cultura europea, erano seguite non solo da studenti, ma da intellettuali e professionisti anche di altri paesi. Inoltre nelle lezioni Hegel era maggiormente libero dalla censura e dall’autocensura imposta dal governo prussiano, uno dei capisaldi della Santa alleanza.

Lo spirito del popolo e gli individui storici universali

La storia, ancora in contrasto con la concezione reazionaria, è contraddistinta – nella visione del mondo hegeliana – da un sostanziale progresso mediante il diffondersi della coscienza della libertà dell’uomo, che si emancipa progressivamente con la creazione, attraverso la civilizzazione, di una seconda natura, mediante l’antropizzazione del mondo naturale. Ciò avviene in un processo storico universale in cui le diverse civiltà storiche hanno, di volta in volta, portato in avanti la fiaccola del progresso, in una ideale staffetta che ha coinvolto, nelle diverse epoche, nazioni e popoli sempre diversi. In tal modo, a partire dalle più antiche civiltà del mondo orientale, i diversi spiriti dei popoli che si sono posti all’avanguardia dell’emancipazione del genere umano hanno fatto da battistrada al successivo sviluppo dell’intera umanità. A tale scopo ogni civiltà che ha fatto la storia ha valorizzato, sottomettendole al proprio scopo, alla propria missione universale, le passioni individuali. Queste ultime hanno così contribuito, in modo più o meno consapevole, a ciò che costituiva, in quella determinata epoca storica, il progetto più avanzato, più universale che era possibile realizzare. Le passioni individuali non sono così astrattamente sacrificate, come nella concezione ancora moralistica della storia di Kant, in quanto costituiscono la sostanza stessa della storia e, perciò, sono ricomprese nel loro concatenarsi in una totalità razionale: la civiltà storica che in quel momento rende immanente lo spirito del mondo.

Persino i grandi personaggi storici universali, nella hegeliana filosofia della storia, acquistano rilievo solo in quanto hanno, più o meno coscientemente, innescato processi di emancipazione che vanno al di là delle loro particolari intenzioni. La loro grandezza consiste nell’aver intuito i successivi sviluppi della loro civiltà storica e di esserne divenuti interpreti d’avanguardia. Così, gli individui storici universali hanno svolto la funzione maieutica di guidare la propria civiltà storica nell’atto di mettere al mondo i suoi propri e più intimi bisogni effettivi. Una volta offerto il loro contributo alla lotta per la progressiva emancipazione del genere umano, i grandi individui storici hanno reso la loro stessa individualità superflua – con la realizzazione della cosa stessa – al progresso storico. Nel caso poi in cui si opponessero, pretendendo di porre la propria soggettività al di sopra del necessario sviluppo della storia universale, che li ha ormai superati, sono spazzati via come Robespierre e Napoleone.

La prospettiva del cameriere e l’astuzia della ragione

Solo dal punto di vista necessariamente limitato dell’intelletto finito, che contrappone reale e razionale, la storia si riduce a un’irrazionale serie priva di scopo di azioni rivolte a interessi particolari, secondo la celebre prospettiva del cameriere – stigmatizzata da Hegel – che delle personalità storiche universali fa esperienza diretta delle miserie individuali. D’altra parte, gli stessi eventi compresi dal punto di vista sopraelevato della ragione universale mostrano come il personaggio storico, pur perseguendo scopi particolari, contribuisce a realizzare in modo più o meno consapevole un nuovo avanzamento nella consapevolezza della libertà dei moderni. A questo scopo i progetti razionali delle diverse autocoscienze producono un risultato universale che va ben oltre la mera sommatoria delle prospettive particolari. Questo sviluppo immanente alla storia universale viene rappresentato da Hegel con la celebre figura dell’astuzia della ragione che si serve della naturale ricerca della felicità di ognuno, per consentire un altro passo in avanti nell’emancipazione della specie.

Partizione

Secondo l’intelletto di Hegel la storia universale, per essere meglio compresa in modo analitico, ha attraversato cinque momenti fondamentali di sviluppo, che corrispondono a cinque grandi civiltà e, dunque, a cinque Stati e strutture sociali e culturali differenti.

1. Regno orientale

Abbiamo innanzitutto le grandi civiltà che sono alla base della storia dell’emancipazione dell’umanità, tutte appartenenti al mondo orientale dalla Cina, all’India, dalla Persia, all’Egitto. È importante sottolineare l’interesse pionieristico per queste antiche civiltà orientali che, in un’epoca di eurocentrismo, Hegel riconosce come le origini della stessa civiltà umana. Con esse abbiamo le prime forme di società, dispotiche, e le prime forme statuali teocratiche. In esse abbiamo la prima affermazione della civiltà umana che diviene consapevole di sé nella solo figura del sovrano. Perciò, in questa forma assolutistica, tale libertà si trasmuta in un arbitrio irrefrenabile, in quanto il sovrano è divinizzato e ha a che fare unicamente con sudditi.

2. Il bel mondo etico greco

Il secondo momento fondamentale della storia dell’emancipazione del genere umano è rappresentato dalla civiltà dell’antica Grecia. Qui la libertà individuale è immediatamente fusa nella sostanza etica universale, ovvero negli usi e costumi e nelle leggi e istituzioni della polis. Tale compiuta sintesi fra individuo e universale etico-politico favorisce un’eccezionale fioritura delle arti. Nel bel mondo etico greco è, però, ancora assente il riconoscimento del valore assoluto della libertà individuale, che sarà una conquista della sola modernità. Perciò nella Grecia, nonostante lo sviluppo in alcune poleis delle prime forme di democrazia diretta, solo alcuni sono liberi e costoro costituiscono ancora una minoranza, per quanto notevolmente più estesa rispetto alle civiltà precedenti.

In effetti, tale civiltà si fondava sul modo di produzione schiavistico, alla cui tragica condizione erano per diversi aspetti assimilabili la grande maggioranza delle donne. Privi di diritti erano anche i proto-proletari che lavoravano, ad esempio nelle miniere, e gli stranieri che non erano nati nella polis. Dalla contraddizione fondamentale fra la libertà del cittadino e il mancato riconoscimento della libertà dell’individuo si produrrà il tragico tramonto della civiltà ellenica, esemplarmente rappresentato dalle figure di Antigone e Socrate. Questi ultimi rappresentano i primi individui che non si adeguano immediatamente all’eticità costituita, ai costumi e alle leggi della loro polis, ma cominciano a riflettervi sopra. Così facendo iniziano a sottoporre leggi e costumi al giudizio del tribunale della propria coscienza, che inizierà a riflettere se tali norme tradizionali siano più o meno valide, più o meno giuste.

3.L’impero romano

Con l’affermarsi dell’impero romano va definitivamente perduta l’immediata unità armonica fra Stato e individuo, viene meno la democrazia della polis e la partecipazione dei cittadini liberi alle decisioni politiche. Tuttavia la cittadinanza, sotto l’imperatore Caracalla, diviene universale e integra gli stranieri, che nel mondo greco erano considerati barbari, quindi subumani che era lecito schiavizzare. Abbiamo così il primo essenziale riconoscimento della persona giuridica, base dello stato di diritto. D’altra parte, però, l’individuo non si riconosce più nello Stato e nell’eticità costituita in quanto le stesse leggi finiscono per essere dominante dall’arbitrio assoluto degli imperatori, che accentrano nella loro corte tutte le principali decisioni. Così, con l’avvicinarsi del crollo dell’impero e l’avvento della barbarie, gli individui cercano rifugio nell’interiorità. Da questo approfondimento della coscienza in se stessa, attraverso lo stoicismo e lo scetticismo, emerge la coscienza infelice cristiana.

4. Il cristianesimo

Con questa religione si compie la storia della religione. Con il cristianesimo per la prima volta tendenzialmente tutti gli uomini sono considerati liberi in quanto figli di dio. Proprio, perciò, tale eguaglianza si realizzerà solo nella rappresentazione del regno di dio, mentre nella realtà tale libertà resta solo interiormente effettuale.

5. Il mondo germanico

Il mondo germanico non è caratterizzato solo dalla civiltà germanica in senso stretto, ma ne fanno parte anche i franchi, gli anglo-sassoni, i normanni, etc., e i popoli sorti dalle attività colonizzatrici di tali popolazioni appartenenti al ceppo germanico, come ad esempio gli statunitensi. In tali civiltà si realizza la Riforma protestante, mediante cui si supera la religione con la piena ricomprensione della divinità nella comunità etica e politica moderna, ovvero con l’affermazione dello Stato moderno, in cui tutti sono, almeno formalmente, liberi, in quanto si sottomettono volontariamente alla legge universale espressa dalla Costituzione. Per raggiungere tale obiettivo nel mondo cattolico sarebbe ancora necessaria una rivoluzione, sul modello della francese. Nel mondo protestante basterebbero, secondo Hegel, delle riforme.

Fine della storia?

Ciò significa che, secondo Hegel, saremo giunti alla fine della storia, come hanno inteso diversi critici del filosofo? Naturalmente, no, siamo solo alla fine della storia che poteva interpretare filosoficamente Hegel, sulla base di una concezione che sarà già messa in crisi dalla Rivoluzione dei cattolici belgi contro gli olandesi protestanti nel 1831.

Dai limiti dello spirito oggettivo allo spirito assoluto

Inoltre il piano storico resta per Hegel un piano finito, in cui lo spirito non si compie, perché ha sempre a che fare con l’altro da sé. In altri termini, la teoria deve tener conto di tale necessità per realizzarsi storicamente. Tale limite è aggirato da Hegel passando alla trattazione dello spirito assoluto, il piano della riflessione sulla storia, della teoria che nasce sul far della sera, ripensando le azioni compiute, da cui sorgerà lo stimolo alla realizzazione di nuove azioni.

01/08/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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