Fromm, Reich e Althusser

Concludiamo questa nostra introduzione al pensiero marxista con una breve trattazione della psicoanalisi marxista e degli aspetti fondamentali della visione del mondo di Althusser.


Fromm, Reich e Althusser Credits: https://www.dinamopress.it/news/rousseau-lorigine-linizio-secondo-althusser/

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare A. Gramsci su argomenti analoghi

Erich Fromm

Psicoanalista prima a Berlino e poi a Francoforte – dove entra in contatto con il celebre Istituto per la ricerca sociale di questa città – rifugiato negli Stati uniti d’America all’avvento in Germania del nazionalsocialismo, Erich Fromm (1900-1980) ha analizzato i rapporti fra marxismo e psicoanalisi, a stretto contatto con le ricerche sviluppare in tal senso dalla Scuola di Francoforte. Fromm ha puntato a far interagire psicanalisi e marxismo, ritenendo che ognuno di questi ambiti fosse in grado di colmare i limiti interni dell’altro, considerato autonomamente.

Secondo Fromm la psicoanalisi classica, freudiana, si è dimostrata incapace di emanciparsi dalle proprie origini positiviste, evidenti nel suo impianto meccanicistico, e dall’ambiente borghese in cui è sorta e si è venuta sviluppando. Perciò la psicanalisi freudiana avrebbe, secondo la critica sviluppata da Fromm, cercato di sanare le turbe psichiche sulla base di un’idea ancora parziale della “natura umana”, in quanto determinata da una società borghese dominata da egoismo e sessismo, riducendo i rapporti complessi fra individuo e mondo al mero soddisfacimento libidico.

Al contrario, già il giovane Marx dei Manoscritti parigini del 1844 aveva elaborato un’immagine ben più complessa di tale rapporto in termini di oggettivizzazione e realizzazione delle potenzialità naturali, generiche del soggetto. Karl Marx ha inoltre mostrato come nella società borghese non siano i bisogni reali e le potenzialità generiche dell’uomo a realizzarsi, quanto piuttosto dei bisogni fittizi prodotti dalla società di mercato, che pone al centro il valore di scambio e non il valore d’uso. Sviluppando autonomamente tali spunti nell’opera Fuga dalla libertà (1963), Fromm ha denunziato come, nella moderna società capitalistica occidentale, l’uomo abbia progressivamente sacrificato la propria libertà sull’altare di una vita sociale inessenziale in cui cerca vanamente rifugio. In tale prospettiva, Fromm interpreta lo stesso avvento al potere del nazionalsocialismo come un rapporto sado-masochistico fra il Führer e i tedeschi.

La psicanalisi come rimedio all’alienazione della società capitalista

Il marxismo, nell’interpretazione umanistica che ne elabora Fromm, ha contrapposto alla reificazione e alla repressione della vita della società capitalista, lo spirito utopistico della liberazione del lavoro dall’alienazione. Da parte sua il marxismo non avrebbe però colto e dato conto, a parere di Fromm, del peso che hanno le forze psicologiche nei meccanismi di riproduzione sociale. Per tale motivo Fromm non fa troppo affidamento sulle doti salvifiche della rivoluzione sociale, ma rivolge la propria attenzione a un rinnovamento, in senso socialdemocratico, della psicanalisi che la renda in grado di superare l’alienazione umana all’interno della società capitalista. Tale rinnovamento sarebbe – a parere di Fromm, che cerca così di giustificare le sue posizioni revisioniste – un presupposto indispensabile per la realizzazione della presunta utopia marxista, che mira a superare l’alienazione della società capitalista realizzando le istanze sociali dell’uomo, rendendolo in grado di saper amare la vita e non dover più rifuggire dalla propria libertà.

Perciò in Avere o essere? del 1976, Fromm contrappone al principio dell’avere, fondamento di una società come la capitalista dominata dal dover essere del consumo, il principio dell’essere, che dovrebbe guidare il soggetto sulla strada della liberazione e realizzazione dei suoi bisogni più profondi. Alla mortificazione della natura umana operata dalla società capitalista, Fromm contrappone nella sua opera più celebre: l’Arte di amare pubblicata già nel 1957, l’amore per la vita, la cui manifestazione essenziale si avrebbe nell’amore per la donna. Tale amore deve consentire alla sessualità genitale di avere libero sfogo dalla repressione sessuale che la società capitalista affida alla famiglia patriarcale con il fine di mantenere gli individui nello stadio pregenitale, per ingabbiarne la libertà, la creatività e la socievolezza.

Wilhelm Reich

Psicoanalista austriaco, Wilhelm Reich (1897-1957) si distanzia progressivamente dall’ortodossia psicoanalitica freudiana. Formatosi con lo psicoanalista austriaco Paul Federn, ne condivide le idee improntate a un socialismo umanista, che lo portano in seguito ad aderire al Partito comunista e a lavorare in consultori psicoanalitici popolari, occupandosi in particolare dell’educazione sessuale giovanile. La pubblicazione nel 1933 di Psicologia di massa del fascismo lo porta alla rottura con la società psicoanalitica, all’espulsione dal Partito comunista e, con l’avvento al potere di Hitler, a dover trovare rifugio all’estero. Rifugiatosi dal 1939 negli Stati uniti d’America, entra presto in conflitto con le autorità del paese per le sue idee politiche e per i suoi metodi di cura di malattie fisiche, mediante ricerche sulla natura bioelettrica dei fenomeni sessuali. Rifiutatosi di comparire in giudizio è condannato per ciarlataneria nel 1956 alla distruzione dei suoi libri e apparecchiature e a due anni di carcere, in cui trova una tragica la morte.

La critica al moralismo sessuofobico della società borghese

Le ricerche psicoanalitiche di Reich contro l’autoritarismo e la funzione repressiva della famiglia patriarcale borghese erano affini a quelle condotte dalla Scuola di Francoforte. La società borghese, con il suo moralismo sessuofobico, tende inevitabilmente a inibire l’energia orgiastica posta da Reich a fondamento della sanità psichica. In tal modo, il carattere dell’individuo si formerà all’interno di una corazza inibitoria fatta di resistenze e stasi, che l’analisi deve contribuire a dissolvere mediante la progressiva emancipazione dell’energia sessuale. Perciò Reich considerava la rivoluzione sessuale giovanile una premessa indispensabile alla più generale liberazione dell’umanità. Tali concezioni conosceranno un discreto successo all’epoca del movimento del sessantotto.

Louis Althusser

Anche altre correnti, soprattutto del pensiero francese strutturalista e psicoanalitico, hanno svolto un ruolo non secondario nello sviluppo del marxismo occidentale, fra cui spicca. in particolare, la figura del filosofo Althusser (1918-1990). In Per Marx del 1965 e in Leggere il Capitale, pubblicato nel 1968, Althusser propone una originale interpretazione del marxismo. Althusser pretende, in effetti, di fondare la scienza della storia e la società del capitale muovendo dallo strutturalismo, divenuto allora l’ideologia dominante in Francia, invece che dalla dialettica di origine hegeliana. In Per Marx, in particolare, Althusser ritiene che Marx stesso nel 1845 nell’opera abbozzata con Friedrich Engels L’ideologia tedesca sia passato, attraverso una decisiva rottura epistemologica, dall’ideologiaumanisticaalla prospettiva scientifica che si sarebbe compiutamente dispiegata ne Il capitale. Il milleottocento quarantacinque rappresenterebbe, quindi, nell’interpretazione di Althusser, una decisiva svoltanell’elaborazione del pensiero di Marx: la retorica umanistica, dimentica della lotta di classe, sarebbe stata soppiantata dal materialismo storico e dalla scienza storica. Il “vero” Marx, per Althusser, sarebbe essenzialmente quello de Il capitale, quello scientifico, non il Marx ancora umanistica dei Manoscritti parigini del 1844.

Del resto, nell’interpretazione strutturalista di Althusser, i “veri” soggetti del processo sociale non sono gli individui, ma i rapporti di produzione – secondo questa interpretazione antiumanista – e la storia non è più considerata un processo omogeneo e unilineare, in quanto esisterebbero solo dimensioni specifiche di storicità, corrispondenti a diversi livelli. In altri termini, secondo l’interpretazione di Althusser, la storia non è spiegabile tramite concetti ideologi come l’uomo e il progresso, ma elscusivamente tramite concetti scientifici quali formazione sociale, forze produttive e rapporti di produzione. In tal modo, egemonizzato dalla moda strutturalista del tempo, Althusser arriva a sviluppare una discutibilissima interpretazione antistoricistica del pensiero di Marx.

La struttura globale e la surdeterminazione

Di contro alla dicotomia fra struttura e sovrastruttura, alla base della concezione materialistica della storia di Marx ed Engels, Althusser pone il concetto di struttura globale – che corrisponderebbe al modo di produzione – che si articolerebbe in tre “istanze”: l’economia, la politica e l’ideologia. La prima istanza sarebbe, nella prospettiva di Althusser determinante, ma sarebbe a sua volta determinata dai diversi livelli e dalle diverse istanze successive politico-ideologiche. A tal proposito Althusser sviluppa il concetto di surdeterminazione.

Il tardo Althusser

Alla fine degli anni settanta, Althusser fa una profonda autocritica e si autoaccusa di aver sviluppato una concezione teoreticista del marxismo. Così, in questo ultimo periodo di sviluppo della suo pensiero, Althusser tende a sottolineare il ruolo politico della filosofia e si batte per una visione materialistica del mondo consona agli interessi del proletariato. Nello stesso tempo, d’altra parte, il tardo Althusser manifesta sempre più interesse per Baruch Spinoza e per la disamina critica degli apparati ideologici dello Stato.

16/08/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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