Corso sul marxismo – I lezione

Sintetizziamo qui l’esposizione e gli interventi che si sono susseguiti durante la prima lezione del corso sul marxismo, promossa dal Gruppo Giovani de “La Città Futura”.


Corso sul marxismo – I lezione

Sabato 14 novembre 2020 si è tenuta una prima lezione del corso sul marxismo promossa dal Gruppo Giovani de “La Città Futura”, incentrata su Marx ed Engels e tenuta dal compagno Ascanio Bernardeschi. La lezione è stata un’importante occasione di scambio e di crescita, per questo riportiamo quanto discusso durante quella giornata.

Lezione

L’intervento del compagno Ascanio Bernardeschi si è aperto con una necessaria contestualizzazione storica, culturale e sociale dell’opera di Marx ed Engels. Dopo aver riepilogato le principali vicende politiche europee, dalla rivoluzione francese ai moti del ’48 (anno di pubblicazione del Manifesto) e dopo aver ricordato la scena culturale tedesca della destra e della sinistra hegeliane, l’analisi si è incentrata sulla nascita della borghesia. Il disfacimento dei rapporti feudali nei paesi più avanzati e il progressivo avvento dell’industrializzazione da una parte liberarono le masse proletarie dalle dipendenze giuridiche nei confronti dei feudatari ma dall’altra determinarono la loro privazione dei mezzi di produzione e di sussistenza costringendole alla vendita della forza-lavoro. È in questo quadro che Marx ed Engels fanno tesoro della lezione dialettica hegeliana: solo tramite la dialettica, infatti, è possibile comprendere la relazione tra necessità della modernizzazione capitalistica e opportunità di superamento rivoluzionario della contraddizione da essa stessa generata. La borghesia ha così creato anche gli uomini che la abbatteranno.

Già nell’antichità la dialettica era stata utilizzata come strumento di riflessione; tuttavia è con Hegel prima, ma soprattutto con Marx ed Engels poi, che essa, attraverso il rovesciamento che i padri del marxismo fanno della filosofia idealista, diventa un poderoso strumento d’interpretazione delle contraddizioni dei processi reali e una chiave d’intervento politico sull’esistente. Il progetto marxiano consisteva già allora nel dare un solido fondamento scientifico allo studio della struttura economica del modo di produzione capitalista. E questo da subito, sin dalle prime opere e soprattutto dai Manoscritti economico-filosofici del 1844. Ecco, quindi, prendere forma le principali categorie del lessico marxiano: il salario, il profitto e la rendita fondiaria, l’estraneazione, la proprietà e il comunismo. Comprendere il mondo attraverso una corretta analisi scientifica rappresenta la premessa necessaria del suo superamento rivoluzionario; così se la storia è storia di lotte di classi, la borghesia che aveva svolto una funzione propulsiva rivoluzionaria sino ad allora era diventata all’epoca in cui vivono i padri del marxismo classe conservatrice. Al proletariato, in accordo col movimento comunista, spettava (e spetta) di conseguenza il compito di continuare questo progresso, che avrà bisogno per compiersi della transizione della dittatura del proletariato sino a quando non saranno fiaccate le resistenze controrivoluzionarie di chi ha perso i propri privilegi del mondo borghese.

In aggiunta a tutto ciò è stata riservata un’attenzione particolare non solo alla biografia e alla bibliografia di Marx ma anche a quelle di Engels, evitando così di includerlo come semplice appendice dello stesso Marx, ma sottolineando invece la specificità del suo contributo soprattutto nella definizione del materialismo e nel supporto dato a Marx per sviluppare la sua critica dell’economia politica. La lezione si è in particolare soffermata su due delle tante opere fondamentali dei due autori, entrambe scritte a quattro mani dai due: L’ideologia tedesca e il Manifesto del partito comunista, in cui è tracciata la filosofia e il programma politico della lega dei comunisti. Dopo aver elencato i punti del programma politico dei comunisti che Marx ed Engels indicano nel manifesto, si è concluso ricordando l’argomento della prossima lezione, che si terrà sabato 21, ovvero la Critica dell’economia politica.

Dibattito

Il dibattito che ne è seguito, e che qui riportiamo in modo continuativo per quanto non si sia trovata tra chi discuteva una reale sintesi, è andato ad analizzare, come primo punto e in risposta a una richiesta di chiarimento sul tema, la dittatura del proletariato, sottolineando che non sia di certo la dittatura il fine del comunismo bensì come questa venga concepita come fase di passaggio necessaria alla sottrazione della proprietà privata e del potere politico della borghesia. Da un punto di vista economico e di attualità è stato fatto quindi notare come il mercato globale indebolisca l’agire politico dei territori in cui s’insedia e, tramite l’influenza ideologica della borghesia lavori per l’affermazione del modello dominante (nel caso dell’Italia quello statunitense, a partire dal secondo dopoguerra), il tutto anche da un punto di vista culturale; ci si ritrova così a essere bombardati in modo meramente ideologico. Nel nostro paese questo processo ha contributo al revisionismo storico rispetto al ruolo dell’Urss nella storia del ’900 e anche all’accettazione della democrazia borghese come forma statale.

Si è posta quindi la questione di come guardare al comunismo oggi dopo la sua fine (fallimento?) nella Russia e come sia sbagliato, guardando al passato, vedere in eventuali errori del socialismo reale degli errori del comunismo in sé. Dibattendo questo tema sono emerse diverse sfaccettature: si è dato per esempio uno sguardo d’insieme alla “morfologia sociale” presente in Russia nel 1917, dove, non trattandosi ancora di un paese a capitalismo avanzato, la maggior parte del territorio era occupata da campi e contadini. 

Si è parlato anche della necessità storica della rivoluzione da un punto di vista della questione coloniale, in quanto si è messo in luce come molti paesi piccoli e più deboli (come per esempio il Vietnam), ma anche la stessa Russia nel pieno della Prima guerra mondiale, nelle situazioni di scoppio delle rivoluzioni capeggiate da partiti comunisti, corressero il grave rischio di venire assoggettati dalle potenze imperialiste che li stavano di volta in volta aggredendo, e quindi si trovassero di fronte ad un aut aut: una dittatura reazionaria o la dittatura del proletariato. Si avvertiva quindi la necessità di emanciparsi dall’imperialismo europeo e, come detto (e fatto) da Lenin, bisognava “rompere la catena imperialista nel suo anello più debole” affinché potesse ripetersi la rivoluzione anche negli altri paesi. Poi ci si è spostati sulla difficoltà di affermare il socialismo in un paese solo, giacché da un punto di vista economico si verrebbe a generare (come successo con Stalin) un sistema di capitalismo di stato, considerato comunque tanto da Lenin quanto da Che Guevara un passo in avanti verso il socialismo. L’esempio di un sistema derivante da una rivoluzione guidata da un partito comunista, ma ad oggi non in forma di stato socialista, sarebbe la Repubblica Popolare Cinese, che rifiuterebbe la lotta di classe, basandosi solo sulla nozione - tradizionale nella cultura cinese - di armonia, e portando avanti l’idea secondo la quale la borghesia vada espropriata politicamente ma non economicamente.

Vengono inoltre riprese tesi di Che Guevara e Mao, i quali sostengono ci voglia un lungo processo per arrivare al comunismo e che prima vi sia necessità di una fase di transizione

Guardando alla società odierna in continuo cambiamento e rifacendoci al Manifesto, dove è analizzata la storia come “storia di lotte di classi” e si è puntualizzato come esistano due esiti possibili, quello in cui una classe predomina sull’altra e quello in cui entrambe cadono in rovina, si è concluso che, forse, questa seconda possibilità è proprio quella in cui rischiamo di trovarci oggi. 

Alla fine si è preso atto di come il socialismo abbia perso la guerra fredda ma di come, operando un ribaltamento dialettico, si possa dire che in realtà a fallire sia stato il capitalismo e che la crisi del Covid-19 ci stia solo portando alla luce questioni già esistenti e previste da tempo da diversi economisti. Ci troviamo, infatti, in un “capitalismo crepuscolare”, come dice Roberto Fineschi in un suo articolo, che per reggersi va sempre più verso una democrazia oligarchica; se da una parte non ci sono ad oggi le condizioni che possano subito realizzare una rivoluzione, è più che mai necessario costruire dal basso un tessuto sociale che rimetta all’ordine del giorno i problemi delle classi subalterne, ed è necessario lavorare nuovamente in modo internazionalista con i paesi che tentano ancora oggi, tra mille difficoltà, di emanciparsi.

Ricordiamo nuovamente che la prossima lezione del corso si terrà questo sabato alle ore 11. Per maggiori informazioni contattateci su Facebook o su Instagram. Vi aspettiamo!

21/11/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Eleonora Piccolo

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: